SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

In Egitto l’8xmille vicino a chi soffre. Segni concreti per i bisognosi

In questo numero di In Cerchio vi proponiamo un altro degli articoli scritti da uno dei finalisti del concorso giornalistico 8xmille senza frontiere 2018. Si tratta del reportage sulle opere 8xmille visitate nel novembre scorso in Egitto di Debora Ruffolo, del settimanale diocesano di Cosenza Parola di Vita e pubblicato il 13 dicembre. ************************************** Un […]
22 Febbraio 2019

In questo numero di In Cerchio vi proponiamo un altro degli articoli scritti da uno dei finalisti del concorso giornalistico 8xmille senza frontiere 2018. Si tratta del reportage sulle opere 8xmille visitate nel novembre scorso in Egitto di Debora Ruffolo, del settimanale diocesano di Cosenza Parola di Vita e pubblicato il 13 dicembre.

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Un viaggio quello che abbiamo fatto in Egitto, dal 28 novembre al 2 dicembre, che ci ha fatto scoprire e toccare con mano quanto bene fa la Chiesa italiana oltre i confini del nostro bel Paese in una terra affascinante quanto martoriata, soprattutto per i cristiani, grazie al contributo degli italiani che firmano l’8xmille.

Siamo partiti da Roma con la Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici (FISC), accompagnati dal presidente don Adriano Bianchi e da don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo della CEI, insieme a due inviati dell’AgenSir e agli altri giornalisti delle testate diocesane italiane, vincitori del Concorso “8xmille senza frontiere2018”. E’ stato interessante, e allo stesso tempo sconvolgente, vedere ad esempio per le strade de Il Cairo, città molto caotica, una famiglia di quattro persone girare per le strade su uno scooter, oppure vedere attraversare l’autostrada di corsa da un pedone, o ancora vedere presidiati dall’esercito egiziano gli ingressi delle strutture alberghiere, dei musei, così come ile porte delle chiese che abbiamo visitato.

E’ stata un’occasione per conoscere le comunità cristiane locali, prese nel mirino dall’Isis, per portare loro la nostra vicinanza e per raccogliere la loro testimonianza. Attraverso questo reportage vogliamo raccontarvi il bene, vogliamo dimostrarvi come la Chiesa italiana si adopera in Egitto, il Paese con la più numerosa presenza cristiana del Medio Oriente; conta circa dieci milioni di fedeli (quasi il 10% della popolazione), in larghissima maggioranza copto-ortodossi. Molto più piccola la comunità cattolica composta da 250 mila fedeli di sette riti (copto-cattolico, latino, melchita, siriaco, caldeo, armeno e greco-cattolico). Attraverso il racconto delle opere finanziate con l’8xmille, che abbiamo visitato, vogliamo dimostrare a tutti il volto di una Chiesa solidale e disponibile che aiuta l’Egitto nell’ambito sociale, della sanità, della formazione e dello sviluppo.

In questi settori, infatti, sono stati realizzati i  progetti finanziati dal Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo della CEI.  Ben quattordici nel periodo tra il 2013 e il 2018, per un ammontare complessivo di circa 2,5 milioni di euro. Tutte opere per chi è nel bisogno, per i poveri, per i bambini e per le donne. Un viaggio, quello della FISC, che ci ha permesso di tuffarci in un altro mondo, fatto di povertà, di emarginazione, di abbandono, ma che ci ha fatto apprezzare quell’altra parte di mondo fatta da uomini e donne di buona volontà. E allora partiamo da Il Cairo fino ad Ismailia per raggiungere Port Said per poi andare alla volta di Alessandria e fare ritorno in Italia.

AUEED. Un programma di alfabetizzazione in 28 villaggi

Appena arrivati in Egitto, come da programma, andiamo a conoscere la prima realtà finanziata con i fondi dell’8xmille della Chiesa cattolica. Si tratta dell’associazione dell’Alto Egitto per l’educazione e lo sviluppo (AUEED) che iniziò a fornire servizi alla comunità egiziana già nel 1940, quando i padri gesuiti istituirono l’AUEED e richiesero a padre Henry Ayrout, un prominente sociologo egiziano, per gestirlo. Lo scopo principale dei servizi forniti è l’educazione.  Con l’aiuto della Conferenza Episcopale Italiana, l’ong egiziana ha avviato nelle sue 35 scuole sparse nei Governatorati di Minya, Assiut, Qena, Luxor e Sohag, dove la dispersione scolastica è altissima, un programma di istruzione formale che ha raggiunto lo scorso anno 12.500 alunni, grazie all’impegno di 950 docenti e 1.900 volontari. La vice presidente Dina Raouf Khalil, nell’incontro avvenuto nelle sede dell’Associazione a Il Cairo, ci ha spiegato che le loro attività e i loro programmi “sono rivolti principalmente ai più piccoli, perché attraverso loro cerchiamo di arrivare alle famiglie. I genitori, la maggior parte analfabeti, preferiscono far lavorare i figli anziché mandarli a scuola”. Per queste persone l’AUEED ha messo in campo dei programmi di istruzione “non formale” avvalendosi della collaborazione di 220 operatori. Le lezioni e le attività mirano alla promozione dei diritti umani, al diritto alla salute, la lotta alla povertà, alla discriminazione. Lo scorso anno hanno frequentato il programma oltre 765 beneficiari, per il 96% donne, suddivisi in 63 classi in 28 villaggi.

Le opere dei Carmelitani a Shubra e ad Alessandria. Una presenza cristiana piccola, ma piena di fede

Presente in Egitto da 90 anni, il Carmelo teresiano esplora nuovi cammini di crescita, di formazione e di servizi che puntano all’educazione dei piccoli e alla cura della persona, in particolare dei poveri e dei più bisognosi. E lo fanno attraverso due ospedali e una scuola. A Shubra, un quartiere nel cuore de Il Cairo, tra i più poveri, dove vivono circa sei milioni di abitanti, si trova la basilica di Santa Teresa del Bambino Gesù e l’ospedale di Santa Teresina, adiacente la casa dove vivono i padri Carmelitani Scalzi. Lo stesso ad Alessandria, città che ha avuto tanto significato nella storia del cristianesimo, dove esistono altre due strutture: una scuola e un ospedale. Padre Patricio Sciadini, carmelitano scalzo nato ad Arezzo e missionario per quarant’anni in Brasile, oggi si trova a Il Cairo come delegato generale della piccola comunità carmelitana. Accompagnandoci nella visita all’ospedale tra le corsie dei reparti dice: “la CEI ci aiuta nelle opere. Grazie ai progetti finanziati con l’8xmille degli italiani siamo riusciti a realizzare le costruzioni dei nostri edifici e ad acquistare apparecchiature mediche. E’ un aiuto molto prezioso per noi qui in Egitto che non abbiamo parrocchie e chiese e nemmeno tanti fedeli ”, afferma padre Patricio.  Un altro carmelitano, nato in Armenia, padre Jacques Artignon, responsabile dell’ospedale di Santa Teresina di Shubra,  racconta che tutto è “iniziato come un piccolo progetto, attraverso un ambulatorio, ma con il passare degli anni è diventato un ospedale di 4 piani. Il sistema sanitario egiziano è a pagamento, - spiega  - per questo abbiamo realizzato questo ospedale che aiuta i poveri che non possono pagare o che contribuiscono in minima parte alle spese e al resto ci pensiamo noi”. L’ospedale di Santa Teresina ogni mese registra un’utenza di 20mila persone, tra operazioni e visite. “Abbiamo cento dottori che lavorano in ospedale e altri 80 che utilizzano la nostra struttura per casi speciali” aggiunge padre Jacques. Insieme ai padri carmelitani ci sono tre suore carmelitane che danno una grande mano nell’ospedale.

Ismailia. Port Said. Inaugurata la Terapia intensiva neonatale con sei incubatrici

Un lungo tragitto in pulmino, scortati da un mezzo dell’esercito e da una volante della polizia egiziana,  per arrivare ad Ismailia dove abbiamo incontrato il vescovo Makarios Tewfik. Un incontro interessante che ci ha offerto uno spaccato reale su quello che vivono oggi i cristiani copti in Egitto, perseguitati dall’Isis.

Dopo questa visita ci siamo diretti a Port Said, costeggiando il canale di Suez. Qui la diocesi, grazie ai fondi stanziati dall’8xmille, ha potuto acquistare sei incubatrici per il reparto di Terapia intensiva neonatale, che il responsabile dell’ospedale “Notre Dame de la Delivrande” padre Hanna Tawfik ha inaugurato, in occasione della nostra visita, approfittando della presenza di don Leonardo di Mauro, responsabile dell’SPSE della Cei. A dare un grande aiuto a padre Tawfik nella struttura ospedaliera di Port Said ci sono cinque suore di Maria Bambina. Una struttura molto apprezzata quella della diocesi di Ismailia, che quotidianamente registra 50 visite al giorno e 40 parti al mese. Qui la maggioranza degli utenti sono musulmani, compresi medici ed infermieri, ma per padre Tawfik “non c’è alcuna differenza. Prestiamo cure a tutti; curando insegniamo a convivere”.

Centri e scuole per i rifugiati

I padri Comboniani della comunità religiosa de Il Cairo si prendono cura dei rifugiati sudanesi e sud sudanesi che arrivano in Egitto. Per loro non è semplice convivere col popolo egiziano a causa del colore della loro pelle. Padre Jonh Richard Kyankaaga, provinciale dei missionari comboniani d’Egitto, ci racconta che lui stesso per diverso tempo è stato chiamato dagli egiziani con l’appellativo di “sammara”, che significa cioccolato, ma in senso dispregiativo.
I comboniani de Il Cairo per il popolo sudanese, che arriva in questa Nazione in condizioni estreme, tanti con disturbi e traumi psicologici,  soprattutto i bambini, hanno realizzato 4 centri di accoglienza e 3 scuole (più un doposcuola pomeridiano per bambini eritrei). Sono 1.300 gli studenti sudanesi e sud sudanesi che frequentano le aule delle scuole. Con il progetto finanziato dalla CEI con i fondi dell’8xmille hanno potuto acquistare un terreno dove sorge la scuola “Santa Bakita”, con un ampio cortile dove i bambini possono giocare e svolgere le loro attività.  Per questi rifugiati il governo egiziano non fa tanto, anzi cerca di allontanarli, tant’è che non possono frequentare le scuole statali, “nessuno li vuole - dice padre John -  anzi non ci sono posti, la priorità sono gli egiziani”. Solo dopo il diploma riescono ad inserirsi nelle università locali, grazie ad un accordo tra i governi egiziano e sud sudanese, ma solo dopo aver superato un esame, l’ennesimo.