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Avvenire / Caritas. Progetti aperti alle comunità. Con i poveri e spazio ai giovani

Nel 2023 erano 430, tutti finanziati dall’8xmille e da quest’anno vengono misurati dal Sant’Anna di Pisa in base all’impatto “trasversale”
22 Luglio 2024

Vi segnaliamo questo articolo, pubblicato sul quotidiano Avvenire del 19 luglio scorso, sui progetti Caritas e il tentativo di orientarli in modo “animativo”. Che significa lo spiega Marcello Pietrobon, coordinatore dell’unità Amministrazione e responsabile del Servizio progettazione in Italia di Caritas italiana.

I progetti 8xmille di Caritas italiana nel 2023 sono stati in tutto 430 per quasi 28 milioni di euro di finanziamenti. Gli ambiti sono quelli abituali, dall’abitare al sostegno di mense ed empori, dalla formazione professionale e l’inserimento lavorativo a cura, accompagnamento e ascolto. «Ma la novità - spiega Marcello Pietrobon - è stato il tentativo di orientare tutti i progetti in modo animativo».

Cosa significa?
Lo sono sempre stati, ma occorre domandarsi che impatto abbiano, come quel che le Caritas fanno sui territori trasforma le comunità. Insomma, occorre capire il senso del servizio, altrimenti resta una attività filantropica. Quindi abbiamo iniziato a guardare i progetti dicendo alle Caritas diocesane di riflettere su questo tema, vedere come le mense classiche, gli empori, i servizi a bassa soglia vengano presi in carico dalla comunità.

Esistono progetti animativi della Caritas?
È uno sguardo trasversale
. Occorre valutare come i servizi vengano resi ai poveri attraverso le comunità e non come servizio sociale. La Caritas è per statuto deputata all’animazione della carità.

Ma come viene valutato l’impatto di un progetto Caritas su una comunità?
Quest’anno ci aiuta nella valutazione una équipe accademica del Sant’Anna di Pisa per capire in che modo possiamo misurare il cambiamento della comunità attraverso un determinato progetto
. Ovviamente è misurabile sul lungo termine, non nel tempo della realizzazione. Proviamo perciò a inserire nella riflessione alcuni elementi: primo se si è fatto un progetto per i poveri o con i poveri; secondo come le comunità accompagnano i percorsi. La nostra non è una misurazione numerica perché la logica della Caritas non è aumentare i servizi, l’obiettivo è invece diminuirli non per indifferenza, ma perché il problema è stato risolto o preso in carico dalla comunità e dagli enti pubblici. La trasversalità è il valore autentico perché evidenza il carattere animativo dei progetti.

Quanti sono stati valutati?
Un terzo che segnalano 11mila volontari coinvolti, oltre 700 partner territoriali, 1.400 realtà ecclesiali o 600 associazioni e organizzazioni territoriali impegnate. Per noi è questo il senso della animazione. In questi 150 progetti, 48 mila persone hanno ricevuto beni alimentari, ma più che altro conta chi li ha donati. Mediare l’intervento rendendo protagonisti i poveri e coinvolgendo la comunità è infatti più faticoso, ma sedersi al tavolo ad ascoltare aiuta anche a capire nuovi bisogni. Chi incrementa solo i servizi magari lo fa anche meglio di noi, ma spesso non ascolta.

Viene valutato anche il coinvolgimento dei giovani nei progetti?
Sì, ma non necessariamente per il volontariato immediato, perché magari al momento hanno bisogno di lavorare o non possono impegnarsi subito. Ma si può misurare la proposta nel loro dna. E magari diventeranno volontari tra 20 anni. Poi dobbiamo essere capaci di arrivare all’essenziale, oppure la gente rischia di seguire quello che emoziona di più. Se dalle risposte non passano lo stile e il senso di quello che fai, il cuore del messaggio evangelico, rischiamo di non venire più seguiti.