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Insieme a Don.
Si tratta della storia di don Massimiliano Parrella, parroco della Chiesa S . Maria Assunta e San Giuseppe nel quartiere Primavalle a nord ovest
di Roma che, con i suoi 60.00 abitanti, rappresenta una delle dodici borgate ufficiali della città. Per borgate ufficiali, si intendono quei luoghi dellagro romano dove, dal 1924 al 1937, furono realizzati edifici popolari con lo scopo di insediarvi gli abitanti del centro, allora oggetto di demolizione e ristrutturazione urbanistica. Gli abitanti di Primavalle provenivano dai luoghi dove furono realizzate Via della Conciliazione e Via dei Fori Imperiali, ed erano quei cittadini che potevano dichiarare a pieno titolo di essere i romani.
Purtroppo, questo insediamento urbano forzato, conclusosi negli anni 50, restituì ai suoi abitanti un territorio povero e isolato a forte rischio di emarginazione sociale, tanto da essere definto la montagna del sapone per indicarne lestremo disagio. Era normale vedere file di poveri davanti alle parrocchie in attesa di ricevere cibo e indumenti e i più anziani ancora raccontano che il regista Rossellini, che aveva scelto il quartiere per girare Europa 51 con Ingrid Bergman, regalava soldi per strada scioccato da tanta povertà.
Una povertà a tratti superata, ma mai risolta, in un territorio vittima dellabbandono delle istituzioni e della mala politica. E proprio qui che negli anni 80 nasce Massimiliano Parrella, cresce in quelle strade con file interminabili di panni stesi alle finestre, corre nei prati tra i palazzoni grigi di cemento. Poi il giovane Massimiliano diventa padre Max, sacerdote della Chiesa S . Maria Assunta e San Giuseppe, in via Monti di Primavalle, cuore della borgata. Padre Max conosce profondamente il quartiere, sa quanto siano grandi il bisogno di riscatto, la solitudine, la paura del futuro.
Fin dal primo giorno si rimbocca le maniche e lavora nella sua chiesa per integrarla profondamente nel territorio in cui sorge. Nessuna realtà deve essere estranea alla vita della parrocchia. Le iniziative cominciano a fiorire e le parole dordine sono giovani, famiglie, malati, detenuti, coppie e sposi, disabili, lavoro, anziani, poveri. Ad ognuna di queste categorie rivolge un pensiero, un sostegno. Ma è soprattutto ai giovani che guarda. E accanto a loro che progetta e sogna il futuro del suo quartiere. E sono tanti quelli che fanno capo alla parrocchia vivendola come una seconda casa, in nome di una relazione che è alla base del cammino verso la spiritualità. Lamicizia con Gesù, come la definisce padre Max, è avvicinarsi a lui tutti insieme per comprendere profondamente il rito e la liturgia.
E poi ci sono i poveri, tornati ad essere in questi ultimi anni più che numerosi. Per loro, grazie alla collaborazione con i sacerdoti del Collegino, le suore e i volontari, è nato il Borgo dellAccoglienza. Il Borgo, in seno alla struttura il "Collegino" fondata da don Giovanni Calabria, è il luogo dove fermarsi per chi vive in strada, dove le famiglie in difficoltà vengono ascoltate nella loro richiesta di aiuto.
Vicino ai locali della grande mensa del don Calabria, il Borgo, oltre a distribuire cibo e vestiti, ha il ruolo di centro diurno dove chi vive per strada può concedersi una sosta. Sono in tanti a sedere al grande tavolo davanti ai locali dellassociazione prima e dopo aver mangiato a mensa. Sono donne sole, persone che hanno perso il lavoro, giovani e meno giovani con un passato legato alle droghe, anziani. Ma anche padri di famiglia temporaneamente disoccupati pronti a mettersi in fila per il pacco viveri del giovedì. Dentro, alimenti di prima necessità: latte e biscotti per chi ha bambini, omogenizzati quando è possibile, e poi pasta, olio, pomodoro per tutti. Un lavoro duro per i volontari, frutto di grande organizzazione. E chi vive per strada può usufruire anche del servizio docce e barberia con la possibilità di lavare e stendere i propri indumenti.
E padre Max, è sempre presente in quelle stanze, anche quando non è lì. Il suo nome risuona nelle parole dei presenti che lo indicano come un prete bravo, anzi bravissimo e in molti si preoccupano per la sua salute e per quel suo cuore fragile che non conosce la parola riposo.
Quel cuore matto ma grande, dove cè spazio per tutti senza dimenticare nessuno, nel nome di una fratellanza che vuole diventare comunanza e condivisione di vita.