Se dovessi definire lesperienza terrena di Rosario Livatino, la racchiuderei senza dubbio nelle parole amore per gli altri. Arciprete e parroco di SantOliva a Raffadali (Agrigento), don Giuseppe Livatino è il postulatore della causa di beatificazione del Servo di Dio Rosario Livatino (sono parenti soltanto alla lontana), il giovane magistrato ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990 mentre al mattino viaggiava in auto da Canicattì per raggiungere il tribunale di Agrigento. Lo freddano 4 sicari. Non aveva compiuto ancora 38 anni. Nel 1993 in visita in Sicilia San Giovanni Paolo II incontrò gli anziani genitori del giudice. Il Papa restò turbato. Poche ore dopo, alla Valle dei Templi, scandì il suo anatema contro i mafiosi: Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!. Dunque una sequenza determinante.
Entro lanno, con lescussione dellultimo testimone, dovrebbe concludersi la fase diocesana. Poi inizierà la fase romana, in cui la Congregazione delle Cause dei Santi sarà chiamata a esaminare il presunto miracolo attribuito a Rosario. Difficile ipotizzare una data.
Nel 1996 in Piemonte ad una donna, Elena Valdetara Canale, viene diagnosticato un linfoma di Hodgkin. La situazione appare subito disperata. Non può neanche sottoporsi a chemioterapia. Le rimangono pochi mesi di vita. Ma una notte un giovane sconosciuto in abito talare le appare in sogno e la rassicura: riuscirà a festeggiare il 25° anniversario di nozze previsto nel 2000. Da quel momento Elena migliora. E poco tempo dopo riconosce nella foto di un inserto del Corriere della Sera il giovane del sogno: Rosario Livatino. La toga da magistrato era stata confusa con una tonaca sacerdotale. Nel 2000 fu dichiarata la definitiva guarigione della donna, inspiegabile - secondo i medici - da un punto di vista scientifico. Inoltre lo spirito di Rosario si è presentato in due casi di esorcismo.
È così, nel 1984 aveva interrogato, come persona informata sui fatti, il più volte ministro Calogero Mannino.
Il suo esempio di vita, in virtù della sua grande fede, per il rigore morale e per il senso della giustizia, è un grande modello. Riceviamo email da tutto il mondo di ragazzi, tra i quali molti seminaristi o magistrati in pectore, che dicono di ispirarsi a lui.
È molto probabile. Anche se in sede processuale non è stato dimostrato. Ricordo in proposito che Rosario negli ultimi tempi era alla sezione misure di prevenzione e interveniva sui patrimoni. Indagava inoltre su lobby, massoneria e voto di scambio. Fu lui ad avviare la cosiddetta Tangentopoli siciliana.
Per lui era al pari di una missione sacerdotale. In ogni momento si ispirava al Vangelo. Sempre attento, tra laltro, alla dignità degli imputati e dei condannati. Il giudice scriveva- deve rifuggire vanità e superbia, e sentire tutto il peso della funzione che ricopre.
Su tutte la sofferenza degli altri. Aveva una fidanzata ma non si sposò per non lasciare orfani e una vedova. Chiese al suo Procuratore Capo le inchieste di mafia, perché era lunico tra i colleghi a non avere famiglia. Inoltre rifiutò la scorta.