E' il cappellano del carcere minorile partenopeo. Oltre le sbarre Giovanissimi semianalfabeti, cresciuti tra reati e guadagni facili. Ma Vangelo, scuola e volontariato, trasmettendo compassione e forza danimo, possono aprire loro vie duscita
Dal 2008 don Fabio De Luca è cappellano del minorile di Nisida (Napoli). Circa sessanta ragazzi, in gran parte maschi, per lo più rom le giovanissime (anche con figli), rinchiusi in spazi dimensionati per 40. «Sono coinvolti in reati sempre più gravi» spiega il sacerdote. «Rapine, associazione camorristica, omicidio. I clan condannano presto la manovalanza adolescente con il miraggio dei soldi facili. Pali, sentinelle fino al controllo di una piazza di spaccio, per migliaia di euro al mese». È il sanguinoso welfare dei clan.
Tanti gli analfabeti. La licenza media la prendono a Nisida, le ragazze quella elementare. Il sacerdote è un riferimento. Per scarpe e indumenti, fino allaffidamento a strutture alternative e al volontariato in ospedale. «Lì si sintonizzano con il dolore degli altri e con quello inflitto da loro stessi». dice don Fabio «Un criminale non devessere mai empatico. O comincerà a rifiutare la violenza». È importante condividerne il cambiamento di vita: «Di alcuni ho celebrato nozze o battesimo dei figli» ricorda.
«Ma serve un sostegno durevole. In troppi mi dicono che la vita che li ha portati a delinquere è lunica possibile».