di Angelo card. De Donatis
Una nonna orgogliosa qualche tempo fa mi ha inviato un video del suo nipotino. Si avvicinava carponi al letto del papà ancora addormentato e, non sapendo parlare, balbettava: “pa-pa-pà… pa-pa-pà”, finché il papà ha aperto gli occhi e il volto del bimbo si è spalancato in un contagioso sorriso.
Ci ripensavo quando mi hanno invitato a scrivere qualcosa sulla preghiera. Cos’è in fondo pregare se non brancolare a tentoni alla ricerca di un Volto che ci guardi e finalmente ci veda, nel più intimo della nostra interiorità, fino a che l’anima, sentendosi finalmente conosciuta si dilati in pienezza di vita?
Dentro il cuore di ciascuno di noi c’è un’attesa di riconoscimento, di amore incondizionato, un bisogno di sentire rivolte a sé quelle parole: “tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata” (Is 62,12), “mio compiacimento, sposata” (Is 62,4).
Così la preghiera diventa lo spazio in cui ascolto questa Voce d’Amore, mi intrattengo con Colui che il mio cuore cerca, col Padre, l’Amico, il Compagno, Colui che mi vede; il tempo in cui rimango in colloquio con Lui, per dimorare in Lui. Un tempo di intimità in cui espormi all’Amore, per diventare presente a Colui che è sempre presente, stando con Lui “bocca a bocca” (Nm 12,8).
Qualunque sia la condizione o lo stato della mia vita, qualunque siano i pantani, dentro e fuori di me, in cui posso essere immerso, Dio stesso pone nel mio cuore la nostalgia delle altezze, come un richiamo misterioso attraverso il quale continua a cercarmi e ad attrarmi a Sé. Posso stare davanti a Lui “come una bestia” (Sal 72,22), o a volte come davanti a un muro di gomma, altre volte come in cielo, o, al contrario, come immerso negli inferi del mio peccato. Ma Lui sempre mi aspetta come il Tu di una relazione originaria e originante: con Lui posso contendere, tacere, lottare, forse anche ribellarmi, gridare, contestare, proprio come farei con un padre. Come ci insegna s. Teresa, la preghiera è la chiave che apre la porta ad un incontro, e in ogni incontro si diventa, si esce cambiati, trasformati.
Così è la preghiera, un balbettio dopo l’altro che mi avvicina sempre di più al cuore del Padre e, se anche mi dovesse sembrare che Lui dorme, aprirà presto gli occhi e mi dirà, come a Mosè: “Ho osservato la tua miseria e ho udito il tuo grido; conosco infatti le tue sofferenze” (cfr. Es 3, 7-8). Scenderà per me e starà con me ed io con Lui.