Uno spazio fiorito nel cemento. In una grande banlieue italiana, comè il quartiere Librino a Catania (80mila abitanti, il 30% sotto i 20 anni), utopia urbanistica firmata negli anni 60 dallarchistar Kenzo Tange, ridotta presto a zona franca di speculazione e traffici illeciti, la Caritas diocesana ha promosso un doposcuola per bambini e adolescenti. E con il pullmino itinerante Straludobus ha portato il gioco nelle strade vuote del quartiere. Il Centro Talita Kum, coordinato da Giuliana Gianino, insegnante e responsabile area minori e periferie della Caritas di Catania, è finanziato con fondi quinquennali 8xmille per 140mila euro, nellambito del progetto Aree metropolitane
della Cei.
La sede sorge accanto al Palazzo di cemento, uno dei simboli neri dello spaccio a Librino. Dopo lapertura nel 2007, la sfida di un cammino graduale, segnato da minacce e devastazioni. «Finché sono state le madri di Librino a difenderci» ricorda Giuliana «e a dirci non ve ne dovete andare da qua». Oggi funzionano anche orto didattico, biblioteca multimediale e sostegno alla genitorialità. Al Centro si imparano il rispetto nelle relazioni, la cura per gli spazi comuni, la fiducia nella creatività.
www.talitakumcatania.it
ZONA MONLUÈ, MILANO
«Una casa per quelli che non possono tornare indietro»
Nel borgo rurale di Monluè, oggi stretto tra Tangenziale Est e aeroporto di Linate, funziona la Grangia. Prende il nome dellantico deposito monastico di grano, il centro nato nel 1986 su impulso del cardinale Martini come approdo per i rifugiati. Le suore Figlie di Maria Bambina con 40 volontari li accolgono nella casa, diretta da suor Vincenza Cornolti. Sopravvissuti a torture e persecuzioni politiche o religiose, vengono da Sudan, Nigeria e corno dAfrica, ma non mancano
presenze dal Medio Oriente, oltre a pakistani, iracheni, afghani e siriani.
«Spesso restano in silenzio a lungo, ma nel corso dei 6-8 mesi di accoglienza riprendono la vita nelle proprie mani» dice don Marco Bove, 52 anni, sacerdote da 26, presidente della Grangia, di cui è coordinatrice Paola Spagni. Tra le attività, oltre a vitto e alloggio, in uno stile familiare dove ognuno è responsabilizzato, corsi di formazione e
tutoring per la ricerca del lavoro (nei settori facchinaggio, commercio, panificazione, edilizia). L8xmille contribuisce con 25mila euro lanno. «I rifugiati sono quelli che non possono tornare indietro» spiega don Marco. «Da Abramo in poi lemigrazione ha attraversato la storia delluomo a causa di guerre e carestie. Dobbiamo imparare a guardare in modo diverso questi nostri fratelli».
www.lagrangiadimonlue.org
TORINO
Percorsi daiuto per i giovani e per chi ha perso casa o lavoro
Un avamposto diocesano per superare la fase di difficoltà economiche. Porta il nome di un sacerdote in prima fila nellapostolato del lavoro in Italia, scomparso nel 2001, la Fondazione Don Mario Operti che a Torino dal 2004 intercetta i nuovi bisogni abitativi e occupazionali, moltiplicati dalla crisi. E risponde con un servizio di affitti agevolati, borse-lavoro (150 lanno, da trasformare in contratti) e microcredito per nuove imprese, oltre che con i settori giovani e migranti. Sostenuta dall8xmille con un contributo medio di 400mila euro lanno, lavora in rete con enti territoriali e pmi (piccole e medie imprese).
«Accogliere, ascoltare, accompagnare: la nostra azione è questa» indica il segretario generale Massimo Vai. «Eroghiamo contributi, con politiche attive di casa e lavoro, integrate sulla persona che si rivolge a noi, seguita in ogni fase». Il servizio di orientamento è cresciuto nettamente, quasi triplicato in due anni, da 448 persone (2010) a 1.452 nel 2012. Trend in aumento anche per i contratti casa: da 190 nel 2010 a 253 nel 2012. Dal 2010, anno davvio del microcredito, le domande accolte sono passate da 139 a 572 (2012). Numeri che confermano sia lemergenza che lazione diocesana.
http://fondazioneoperti.it
STAZIONE FERROVIARIA DI CATANIA
La prima linea dintervento della Caritas etnea
Operai licenziati rientrati dal Nord, padri separati o divorziati, commercianti ed imprenditori messi fuori gioco dalla crisi, oltre ad ex assunti in nero. Poi le povertà nascoste: famiglie sfrattate che vivono in unauto, anche coi figli. LHelp center della Caritas catanese, aperto alla stazione, non raggiunge solo i senza fissa dimora. Ha innovato lassistenza. E organizza la prima linea di aiuto. «Dal 2011 la maggioranza delle richieste non viene più dagli immigrati ma da italiani, soprattutto di 50-55 anni, tra i 40-45 le donne» spiega unoperatrice dellHelp center, Valentina Calì.
«Tra 2012 e 2013 abbiamo contato 814 nuove richieste». Le risorse vengono dallArcidiocesi, anche grazie all8xmille, che dà mezzi (cibo, coperte, vestiti) agli 80 volontari del centro e delle unità di strada. Tra loro anche il diacono Daniele Pappalardo, responsabile dellHelp Center. «La prima emergenza è il lavoro» spiega unoperatrice, Valentina Calì. «Cerchiamo di restituire speranze senza illudere. Molto richiesta è la consulenza psicologica, perché tanti reagiscono con lalcool o il gioco dazzardo». Per gli operatori non è facile: «Vorremmo più strumenti e risorse» aggiunge Valentina «perché leconomia regionale è in crisi profonda. Riusciamo almeno ad evitarederive peggiori. E questo grazie a chi firma».
www.caritascatania.it
COLLE OPPIO, ROMA
Quanti fratelli alla nostra tavola
Aperta nel 1983 tra Colosseo e Stazione Termini, la mensa Caritas più grande di Roma oggi è intitolata a Giovanni Paolo II. Uniscrizione allingresso ricorda le sue parole: «Luomo che soffre ci appartiene». Diretta da Carlo Virtù, risponde allemergenza alimentare di italiani e immigrati di 90 nazionalità. Ma soprattutto, spiegano gli operatori, «offre ascolto e accoglienza». Oggi gli italiani sono il 70% di chi si siede a tavola.
Nuovi poveri, ma messi in condizione di non chiudersi, di cercare aiuto e prospettive, pur nel drammatico cambiamento di vita. Le Mense diocesane di Roma ricevono dall8xmille 30-40 mila euro lanno. Quella del colle Oppio è passata dai 300 pasti quotidiani iniziali fino a picchi di 700. Tuttora resta aperta anche nei giorni festivi, grazie ai suoi 120 volontari e tre operatori.
QUARTIERE GRATOSOGLIO, MILANO
Padre Eugenio e quei 130 ragazzi riportati a scuola
Sono oltre 130 i giovanissimi riportati sui banchi di scuola da padre Eugenio Brambilla, uno dei nuovi don Milani che in Italia ha fatto dellistruzione una priorità per le nuove generazioni (vedi
Sovvenire-settembre 2012). Perché la crisi si batte nelle aule, non fuori. Barnabita, viceparroco di SantAlessandro, raggiunto dai fondi 8xmille per il sostentamento dei preti diocesani, padre Eugenio ha coinvolto adolescenti spenti dal disagio ambientale in progetti su misura per ognuno, nella
scuola popolare I Care aperta 13 anni fa al Gratosoglio, periferia sud di Milano (dal 2011 anche alla Barona).
In tutto sono circa trenta gli allievi ogni anno. I fondi 8xmille hanno assicurato lassunzione annuale di un formatore. È alta la percentuale di successo agli esami. Obiettivo importante in unItalia oggi 22ª tra i 27 Paesi Ue per il basso livello distruzione giovanile, con 2 studenti su 10 persi prima del diploma.