Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra è predicazione affermava san Paolo. Solo unesperienza assolutamente unica e incontestabile poteva spingere alla testimonianza discepoli impauriti e prostrati evidenziava Papa Benedetto XVI. In attesa del suo successore sul soglio di Pietro, ripercorriamo il mistero di quellalba a Gerusalemme attraverso leredità esegetica di Papa Ratzinger, con brani tratti da alcuni dei grandi testi del suo pontificato. Come la trilogia Gesù di Nazareth, scritta con lintento di richiamare i fedeli ad una relazione personale con Gesù, Figlio di Dio, e le catechesi pronunciate durante le udienze generali.
IN ASCOLTO DEI TESTIMONI
Lannuncio apostolico con la sua audacia appare impensabile dopo il supplizio di Gesù. Alla sua morte i discepoli sono dispersi (sotto la croce solo Maria e Giovanni), impauriti (Pietro lha rinnegato), scettici anche dopo la resurrezione (i due sulla strada di Emmaus, Tommaso che chiede una prova fisica per credere). Di una comunità così smembrata i Vangeli non tacciono nulla. Così come del fatto che in essa faticosamente la fede emerge nella semplicità di una constatazione, iniziata quando, uno dopo laltro e insieme, hanno visto Gesù e Lo hanno toccato risorto. «Nessuno degli evangelisti descrive la resurrezione stessa: è un processo svoltosi nel segreto di Dio tra Gesù e il Padre» evidenziava Benedetto XVI nel II volume della sua trilogia Gesù di Nazareth.
«Per noi non è illustrabile e per natura si sottrae allesperienza umana». I primi resoconti «appaiono disarticolati come per effetto di un terremoto». Ma quellanarchia delle testimonianze è «una prova a favore» spiegava Benedetto XVI «dellindipendenza e affidabilità dei testimoni. Da loro le apparizioni non vengono solo professate ma descritte concretamente». Nei Vangeli il Signore appare quale uomo come gli altri uomini: cammina verso Emmaus, si lascia toccare le ferite, mangia con gli apostoli per dimostrare la sua vera corporeità. «Non è solo un uomo ritornato come prima della morte. Colpisce che i discepoli in un primo momento non lo riconoscano» scriveva Papa Ratzinger. Sia i due di Emmaus, che Maria di Màgdala, che presso il mare di Tiberiade. Soltanto dopo che Gesù ordina loro di prendere il largo, il discepolo che Gesù amava dice a Pietro: «È il Signore!» (21,7). «È per così dire un riconoscere dal di dentro, che resta tuttavia avvolto nel mistero» commentava. Dopo la pesca, quando Gesù li invita a mangiare, nessuno dei discepoli osava domandargli chi sei? «perché sapevano che era il Signore» (21,12). «Gesù arriva attraverso le porte chiuse, sta improvvisamente in mezzo ai suoi. E si sottrae improvvisamente, come ad Emmaus.
È pienamente corporeo e tuttavia non è legato alle leggi della corporeità, di spazio e tempo. Questa dialettica riconoscere/non riconoscere, corporeità/nuova esistenza, che fa parte dellessenza del Risorto, è presentata nei racconti in maniera veramente poco abile, e proprio così emerge la sua veridicità» commentava il pontefice. «La più impor- tante tra le testimonianze è quella di san Paolo»: in 1Cor,15, ricorda la sua conversione scaturita dallincontro col Risorto «apparso a Cefa e ai Dodici, in seguito a più di 500 fratelli in una sola volta, e la maggior parte di essi vive ancora. A Giacomo, e ultimo fra tutti anche a me».
COME DIO SI ERA RIVELATO NELLANTICO TESTAMENTO
«Un aiuto a capire il mistero del Risorto può venire dalle teofanie dellAntico Testamento» indicava Benedetto XVI. Come lapparizione di Dio ad Abramo presso le Querce di Mamre (Gen18,1-33) quando di fronte alla visita di tre uomini Abramo sa subito, dal di dentro, che è il Signore che vuol essere suo ospite. O per Gedeone (Gdc6,11-24) e Sansone (Gdc13) in cui langelo del Signore apparso sotto laspetto duomo viene riconosciuto solo quando misteriosamente scompare. «Gli incontri col Risorto non sono esperienze mistiche o avvenimenti interiori insisteva Luca lo evidenzia con forza: Gesù non è un fantasma o uno spirito, ma ha
carne e ossa (Lc 24,36-43). Viene da Dio, come il realmente Vivente».
Per 40 giorni con i suoi Egli apparve, parlò e stette a tavola. Per questo termine Luca usa la parola synalizòmenos, letteralmente mangiando con loro del sale, «garanzia di durevolezza» spiegava Benedetto XVI. «Segno della vita nuova e permanente, che vince la corruzione e la morte, e rimanda al banchetto nuovo del Risorto con noi. Quale fosse concretamente la comunione conviviale con i suoi non entra nella nostra immaginazione. Ma la sua natura interiore è nella comunione liturgica, lEucaristia, in cui lo stare a tavola col Risorto, anche se in modo diverso, continua». Notava Benedetto XVI che, in At 20,6-11, Paolo riferisce così un viaggio coi compagni: Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane. «Significa che già nel periodo degli apostoli lo spezzare il pane era stato fissato per il mattino
del giorno della resurrezione. LEucaristia veniva celebrata come incontro col Risorto».
LANNUNCIO AFFIDATO AI PICCOLI
«La resurrezione è entrata nel mondo soltanto attraverso alcune apparizioni agli eletti» spiegava Benedetto XVI. «Per tutti noi rimane sempre la domanda di Giuda Taddeo nel cenacolo: Signore, comè accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?. Ossia, perché ti sei mostrato solo a un piccolo gruppo di discepoli della cui testimonianza dobbiamo ora fidarci? Domanda che non riguarda solo la resurrezione, ma lintero modo in cui Dio si rivela.
Perché solo ad Abramo e non ai potenti? Perché solo a Israele e non a tutti i popoli della Terra? È proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dellumanità la Sua storia. Di continuo Egli bussa alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di vedere» ha scritto Benedetto XVI. «Il suo stile divino è non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore. E ciò che apparentemente è così piccolo non è forse pensandoci bene la cosa veramente grande? Se ascoltiamo i testimoni col cuore attento e ci apriamo ai segni con cui il Signore accredita sempre di nuovo loro e se stesso, allora sappiamo: Egli è veramente risorto, Egli è il Vivente.
A Lui ci affidiamo. Nella presenza eucaristica ci mette in cammino verso la Sua presenza completa, verso la definitività». Ma, evidenziava Benedetto XVI, «se la certezza della fede si basasse esclusivamente su un accertamento storico-scientifico, essa rimarrebbe sempre rivedibile. Questo riconoscere e credere non è una cosa semplicemente intellettuale: è lessere toccati dallamore di Dio, quindi qualcosa che trasforma, il dono della vita vera. Lo stesso Cristo come persona è il nome di Dio, laccessibilità di Dio per noi».