di ELISA PONTANI foto CREATIVE COMMONS
Sette anni in Siria non sono bastati a fermare il conflitto. Anche se è in gran parte fallito il tentativo di smembrarla, in una ‘guerra per procura’ tra potenze per risorse (specie il gas) e aree d’influenza, il Paese è l’ombra di se stesso: oltre 450 mila uccisi, 60 mila dispersi, 1.5 milioni con disabilità permanenti, polverizzate le città fino al 2010 crocevia del turismo, con 7 siti Unesco e più visitatori dell’Australia. Dal 2011 il 53% dei siriani è dovuto fuggire dalle proprie case, secondo l’Unhcr. Almeno 6,1 milioni gli sfollati interni, quasi 6 all’estero (il 92% in Libano, Giordania e Turchia), con i figli senza più scuole, esposti a matrimoni forzati e lavoro minorile. Nel 2018 saranno 13,1 milioni i siriani bisognosi di aiuto umanitario.
Dopo 7 vertici Onu falliti, con il ridimensionamento dello ‘Stato islamico’ e gli accordi di Astana , a gennaio 2018 lo scontro sembrava alla fine, ma non c’è ovunque de-escalation.
Da maggio scorso quasi il 70% del Paese è di nuovo libero, ma solo in Siria centrale si ricostruisce, tra provocazioni e l’alta presenza di mercenari dalle sigle fittizie, che rispondono ad almeno 9 governi. La Chiesa italiana anche grazie all’8xmille dall’inizio della crisi ha risposto agli appelli di Caritas Siria, oltre che di Giordania, Libano, Turchia, Grecia e Cipro, con oltre 3,5 milioni di euro per l’accoglienza locale dei rifugiati con viveri, medicine, alloggi.
Inoltre il protocollo d’intesa 2017 tra Ministero dell’Interno, Cei (Caritas Italiana e Fondazione Migrantes) e Comunità di Sant’Egidio ha aperto corridoi umanitari per famiglie siriane bisognose di cure specialistiche, dal campo profughi giordano di Zaatari al reinsediamento nelle diocesi italiane.
Papa Francesco ha incoraggiato la campagna Cei «Siria, la pace è possibile», implorando la grazia della conversione dei cuori dei responsabili, esortando i governi ad una soluzione politica. Non è mancata la protezione dei cristiani: prima del conflitto erano il 18% su 22 milioni di abitanti, oggi per metà profughi.
Il gesuita rapito a Raqqa e mai ritrovato padre Paolo dall’Oglio (foto accanto), padre Frans van der Lugt e tanti altri sacerdoti, vescovi e religiose, sono stati ‘profeti messi a tacere’ per non aver mai abbandonato né i civili, né la speranza di dialogo, né la fede che riconosce nelle sofferenze delle vittime le ferite di Cristo.