SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

«Così i parroci ci hanno aiutato ad andare avanti»

Dal sisma del Friuli che esattamente 40 anni fa vedeva alla prova l’appena nata Caritas Italiana, guidata da don Giovanni Nervo, a quello di agosto scorso sull’Appennino. Ecco come i sacerdoti, sostenuti dalle nostre Offerte, annunciano speranza e resurrezione. Con Parola e opere
1 Novembre 2016

di CHIARA SANTOMIERO / STEFANO NASSISI / DANIELA SCHERRER
foto AGENZIA ROMANO SICILIANI

Padre Savino D’Amelio non si è staccato dai suoi parrocchiani fin dai primi convulsi momenti della notte del 24 agosto. L’'orologio della torre di Amatrice segna per sempre le 3.36. Come tutti, il parroco dormiva. Di soprassalto, è andato in soccorso degli anziani della Casa “Padre Minozzi”. Al buio, le macerie ostruivano il cammino, impedivano alle porte di aprirsi, dissolvevano scale. Non sa nemmeno lui come siano riusciti a portarli fuori tutti e 27 sani e salvi: “Sono stati gli angeli custodi” ripete. Quel che rimane della sua comunità è sparsa. Lui ha trasferito la chiesa in una tenda e accoglie qui i parrocchiani in cerca di conforto, sotto gli occhi buoni di un Cristo senza braccia.
Non vuole nutrire timori per il futuro: “Solo speranze. Finita l’emergenza occorre ripensare subito la città, dal punto di vista urbanistico, relazionale, umano”. “Siamo come rifugiati - aggiunge - con niente in tasca, sia in beni che in certezze. Dipenderà da noi risollevarci, poter rivivere”. Ha lo sguardo in avanti anche il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili: “Della ricostruzione non voglio parlare in teoria, ma attuarla ogni giorno. Il segretario Cei, mons. Galantino, è venuto di persona a rendersi conto della situazione e la disponibilità immediata di un milione di euro dall’'8xmille, con la colletta nazionale del 18 settembre sono stati segni che ci hanno fatto sentire vicina tutta la Chiesa”.

Don Elio Nevigari, responsabile diocesano per i beni culturali di Ascoli, è stato fino al 31 agosto il parroco di Montegallo. Per un miracolo in questa zona - vicinissima ad Arquata del Tronto - non ci sono state vittime, ma molte case in paese e nelle frazioni sono inagibili. Anche la sua. Immaginare il futuro su queste colline belle e disabitate è difficile. “A Montegallo - spiega don Elio - con le sue 23 frazioni ci sono o c’erano 600 residenti e 8 cimiteri. In 18 anni ho celebrato oltre 200 funerali. La gente che ha qui le radici, sebbene viva fuori per lavoro, nutre grande attaccamento a questi luoghi e vuole tornarci nel suo ultimo viaggio. In inverno in paese siamo in 200 persone, ma d’estate si affolla. Si aprono le seconde case, in realtà case paterne o dei nonni. E questo sarà il problema della ricostruzione: se si riedificano sole le case di chi ci abita stabilmente, il paese sparirà”.
Sono poi decine le pievi romaniche con la facciata pericolosamente staccata dal resto delle mura o sventrate come dopo un bombardamento. I preti si occupano di tutto: verifiche di agibilità, pastorale nei container, tra i parrocchiani senza casa o con l’attività commerciale ferma incoraggiano, orientano. “La presenza di un sacerdote in questi momenti - spiega mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli - è fondamentale. Se non fossimo presenti perderemmo il senso della nostra missione. In questo impatto difficilissimo con l’angoscia e la paura, un abbraccio ricevuto si ricorda per sempre”. (C.S.)

 

PAROLE DI VITA

«L’ascolto è il primo rifugio
e cresce la fraternità»

“Dopo la catastrofe le ferite più difficili da ricucire sono quelle dell’anima. Noi sacerdoti dobbiamo intervenire con cautela, spesso in silenzio”. Don Mario Colavita nell’'autunno 2002 del sisma in Molise, era parroco a Morrone del Sannio e a Ripabottoni (Campobasso). Si salvò precipitandosi in strada con la persona a cui stava somministrando l’'Eucaristia. “Gli anziani reagirono al dolore chiudendosi nel mutismo - aggiunge - Creammo allora luoghi di aggregazione dove ritrovare serenità, l’uno con l’altro, e superare quella prova”. Sette anni dopo ad essere colpito fu l'’Abruzzo. Parroco di S. Giovanni Battista a Pile (l’'Aquila) era ed è ancora don Ramon Mangili. “Per combattere il più atroce smarrimento - spiega il sacerdote, che ancora oggi celebra in una tensostruttura- è indispensabile ascoltare. L’'ascolto è un rifugio e un abbraccio. Da noi il dolore ha fatto uscire molti dall’'isolamento, aprendoli alla presenza dell’'altro, fino ad allora ignorata. Ho bussato e tante porte si sono aperte. La fede si è consolidata e tanti si sono sentiti parte di una Chiesa più grande, universale”. (S.N.)

 

L’AQUILANO SETTE ANNI DOPO

Con le nostre firme costruite
anche quattro scuole pubbliche

Ripartire dai bambini, investendo le offerte dei fedeli nel futuro. Don Andrea La Regina (nella foto), responsabile nazionale dei macro-progetti Caritas, spiega così la scelta di impiegare 8 milioni di euro per costruire, dopo il sisma, 4 scuole dell’'infanzia e primarie a Fontecchio, Fossa, Ocre e Roio, nell’'Aquilano. Strutture le cui chiavi sono state messe in mano ai sindaci e che sono pubbliche, intitolate a 4 sacerdoti: Tonino Bello, Giuseppe Puglisi, Lorenzo Milani e Primo Mazzolari. Niente di provvisorio, saranno scuole “per sempre”, definitive e costruite con materiali antisismici.
“Tanto legno - spiega don Andrea - un materiale caldo e accogliente, ma anche leggero e che non collassa facilmente, proprio per aiutare la gente a sentirsi psicologicamente sicura”. Le 4 scuole accolgono 400 alunni, che il sacerdote racconta con affetto: “I bambini che ho incontrato vivono le aule come se fossero la loro casa. Tanti di loro ancora abitano nei cosiddetti moduli provvisori e hanno gran bisogno di strutture che diano stabilità anche interiore”. Anche la maggior parte degli insegnanti e del personale è sopravvissuta al sisma. “Così in quelle scuole si assiste a una vera esperienza comunitaria - continua don Andrea - ognuno è pronto ad andare incontro ai bisogni dell’'altro”. Non mancano mensa, palestra, laboratori di danza e teatro nel dopo-scuola. E intorno tanto verde. (D.S.)