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della Conferenza Episcopale Italiana

«Ci hai insegnato la devozione per i poveri»

L’umiltà di accettare un incarico ‘giorno per giorno’. Il Natale spiegato ai bambini con simboli di festa e mitezza. La sua parrocchia senza mura erano le strade della città. Così gli amici e il vescovo di Como Oscar Cantoni raccontano chi era il prete valtellinese ‘martire della carità’
4 Novembre 2020
di DANIELA DE VECCHIS foto AGENZIA ROMANO SICILIANI
 
Non gli sarebbe piaciuto questo gran parlare di lui, né avrebbe mai immaginato nella sua umiltà di suscitare tanta attenzione. Ma la sua morte brutale, lo scorso 15 settembre, per mano di un senza dimora con disturbi psichici, Ridha Mahmoudi, ha acceso i riflettori anche sulla vita di don Roberto Malgesini.
Prete da 22 anni, vicario prima a Gravedona e poi a Lipomo (Como), da 12 collaborava con la comunità ‘Beato Scalabrini’ nel capoluogo di frontiera. Schivo e defilato, intesseva con chi incontrava un rapporto di fiducia, da cui traspariva quell’amore autentico che non fa calcoli né differenza di persone. “Un uomo di grande comunione, fedele agli impegni di preghiera – lo ricorda don Roberto Bartesaghi, amico fin dal 1992, dai primi sei anni insieme in seminario – Non se la sentiva di fare il parroco, più che altro per le incombenze burocratiche. Non ha mai fatto mistero di voler servire gli ultimi, tanto che chiese di mettersi a servizio di una delle attività di Madre Teresa di Calcutta. Allora, era il 2008, il vescovo Diego Coletti gli chiese di vivere questa vocazione sul territorio, di inventare giorno per giorno il suo ministero. All’inizio era più convinto il vescovo di lui. E don Roberto ha obbedito”. Il suo era un programma giornaliero che lo portava a seguire le povertà più estreme. “Ma non era  uno sprovveduto, nei casi più difficili non andava mai solo.

Iniziava prestissimo la mattina raccogliendosi in preghiera, poi una volta preparato il caffè a casa nei thermos perché rimanesse caldo, distribuiva insieme ai volontari le colazioni ai senzatetto in più punti della città: con alcuni pregava, con altri parlava, a nessuno faceva mancare una parola incoraggiante. Nessuno si immaginava con quante persone sapeva entrare in contatto. Poi andava alla Caritas: chi aveva bisogno di un certificato, chi di una pratica al Comune, un giorno era in ospedale, un giorno in carcere. A pranzo mangiava con i sacerdoti della parrocchia, a sera era alla mensa dei poveri. E girava ancora per pasticcierie e fornai che regalavano l’invenduto e lui, nel frattempo, si interessava anche della famiglia del panettiere. ‘Prete degli ultimi’ è stato giustamente chiamato, “anche se lui diceva sempre che sì, si occupava degli ultimi ma come di tutti gli altri – aggiunge don Bartesaghi – Non aveva voluto fare il parroco, ma in fondo lo era. Solo che la sua parrocchia era ‘diffusa’, non era chiusa in un perimetro di isolati, non aveva confini”.
Originario di Regoledo di Cosio (Sondrio), 51 anni, molto legato  alla famiglia, era stato impiegato in banca. “Don Roberto era un prete felice di seguire Gesù e di riconoscerlo nel volto dei fratelli – evidenzia il vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni – La sua era una vocazione nella vocazione”. “Era appassionato della Parola di Dio e la gente lo percepiva nelle sue omelie, aveva una capacità comunicativa incredibile  nel trasmettere la gioia del Vangelo – ricorda don Gianluigi Bollini, parroco di San Rocco e San Bartolomeo, a Como, dove don Malgesini collaborava con la comunità ‘Beato Scalabrini’ – Un Natale regalò ad ogni bambino una pecorella per il presepe, l’anno prima aveva distribuito bolle di sapone per esaltare la festa. Con la sua viva capacità pastorale, entrava in sintonia con tutti. La sua priorità erano i poveri che non ha mai distinto in stranieri e non, cristiani o di altre religioni, ma non si fermava a loro. Ha amato tutti perché amava Gesù”. Papa Francesco l’ha definito “martire della carità”. “Il Pontefice e il suo cardinale elemosiniere Konrad Krajewski sono stati attratti dalle tante testimonianze sulla sua semplicità e il sorriso paterno.  Don Roberto – conclude il vescovo – ci ha insegnato a stare accanto ai poveri con devozione, con la pazienza di un amico”.