Ai sacerdoti dobbiamo il nostro sostegno spirituale. Per i lettori in ricerca, anche in vista del periodo estivo, ecco alcune riflessioni, affidate a don Guido Mazzotta*, decano della facoltà di Filosofia dellUniversità Urbaniana di Roma, autore del fortunato libro Il Sicomoro. Iniziazione alla preghiera cristiana (Urbaniana University Press, 2010). Un manuale dedicato al dialogo con il Padre in tempi segnati dall'ansia, senza tregua, riscoprendo loggi di Dio. O per dirla con le parole dellautore acqua nel deserto, un itinerario nella ricerca non mai esaurita né mai esauribile del Suo volto". Di seguito proponiamo una prima parte.
Come Zaccheo che essendo piccolo salì sullarbore per vedere il volto di Dio ci ricorda santa Caterina da Siena- così coloro che desiderano accedere alla Verità ma vi sono impediti dalla folla, che fa da ostacolo, che ti inghiotte e ti annichila, ci mostrano che incontrare Gesù è un avvenimento per nulla anonimo, o di massa. Ma personale e personalizzante.
Bisogna ritrovare se stessi, il senso della propria dignità irripetibile, il gusto di pensare con la propria testa e di rischiare la libertà in decisione fedeli e responsabili. Per incontrare la Parola che ci restituisce il nome proprio, e lo riempie di risonanze finora mai udite, occorre poter guardare al di là della folla.
LE CONDIZIONI PER LA PREGHIERA
Dio, tu sei il mio Dio, dallaurora ti cerco, di te ha sete lanima mia (Salmo 63,2). Il primo passo verso la preghiera è il desiderio.
Ancora confuso, che ignora chi possa soddisfarlo, e tuttavia ne conosce lassenza: è il senso di vuoto interiore o di vanità che sorprende unesistenza superficiale e la circonda dassedio; o anche, più spesso, il sentimento di inutilità di una vita agitata, ingolfata, senza tregua; o finalmente il presentimento che questa vita non è priva dun destino o di un fine. Intuiamo oscuramente che tra i beni a portata di mano nulla potrà mai placare il desiderio che noi siamo: ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te (santAgostino, Confessioni 1,1). Non importa la forma che il desiderio prende nel tuo cuore: può essere esile come un filo di una ragnatela e debole come cenere che fuma ancora, o potente come un grido e forte come londa che violenta sabbatte sulla sabbia della tua vita. In ognuno di questi casi, se questo desiderio è in te, tu già preghi. O, piuttosto, lo Spirito Santo prega in te.
Da noi stessi o con le nostre forze infatti non sappiamo pregare. Se tu sapessi il dono di Dio dice Gesù alla samaritana (Gv 4,10). Noi non sappiamo, anzi non possiamo sapere, ma lo Spirito sa. Ed è Lui che intercede per noi dalla più intima profondità del nostro essere, sollevando verso Dio gemiti inesprimibili (Romani 8,26), mai totalmente chiari, quasi a proteggere con il loro chiaroscuro la libertà personale del consenso umano.
Se tu desideri Dio, è in effetti lo Spirito Santo che desidera in te. Sin dal tuo battesimo lo Spirito dimora in te. Come Soffio e Vento, che se appena lassecondi ti fa prendere il volo, e come Fuoco, che lambisce ormai e presto infuocherà il legno secco della tua vita.
Lo hai già sentito soffiare? O invece Egli geme ancora, dimenticato, nel fondo del tuo cuore ingombrato di idoli, e attende solo che tu finalmente recida i legacci che Lo trattengono e che Gli impediscono di fecondare la tua libertà?
IN ASCOLTO DELLO SPIRITO
A ben vedere, pregare altro non vuol dire se non farsi attenti ai gemiti dello Spirito e assecondarne lazione con semplicità. Fino a che le nostre facoltà più coscienti, ossia memoria, intelligenza e volontà, e poi anche la nostra sensibilità e il nostro stesso corpo non passino dalla tristezza alla gioia, dalla sfiducia alla speranza, dal ripiegamento su di sé allamore, e diventino tutti interi ri-ordinati al servizio e alla lode di Dio Creatore e Signore.
Come fare? Basta andare incontro al desiderio che saccende per segnalare la sola cosa che ti manca (Mc 10,21) e che ti impedisce di stare nella gioia, senza inquietudini e senza paure. Seguire il corso di questo fiume nascosto, risalendo pazientemente fino alla sorgente, senza fermarsi alle sue piene o alle sue conche: Dio non ci scaverebbe se non ci volesse riempire. Per andare verso Dio non occorre essere forti, equilibrati, senza peccato. Occorre invece essere poveri, deboli, bisognosi. Più precisamente occorre riconoscere di esserlo e gridare quindi verso di Lui la nostra debolezza e la nostra povertà. Sta qui, forse, lunica difficoltà della preghiera, nella mancanza di umiltà di cuore.
Al contrario dei bambini che entrano nel Regno quasi con naturalezza, chi si presume adulto e maturo fatica a riconoscere che il centro e la sorgente della sua vita semplicemente non gli appartengono, che anzi sono nelle mani di un Altro.
IL SILENZIO, LUOGO PER PREGARE
La scoperta di un luogo fisico appropriato è secondaria. Ma per lincontro, Il duplice reciproco cognoscimento (Caterina da Siena), troviamo un ambiente in cui io sono me stesso, lontano da ruoli sociali, anche se fatico ad accettarmi nei miei limiti e miserie. Che tuttavia il Signore conosce, accetta e ama. Dio è più grande del nostro cuore (1 Giovanni 3,20). Il vero luogo della preghiera è stare con Cristo e rimanere in Lui. Per vivere con il TuttAltro -con Colui i cui pensieri non sono i nostri pensieri (Isaia 55,8) - può essere utile un luogo di silenzio dove vivere la rottura necessaria con le nostre pretese.
(fine prima parte)