SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

In Un Altro Mondo: commenti ed emozioni dei 4 volontari

Al rientro in Italia, Karen, Arianna, Giorgio ed Eugenia raccontano come sono cambiati dopo un mese di volontariato "In Un Altro Mondo". KarenRaccontare l'esperienza che ho vissuto non è facile. Non è facile perché ci sono troppi sentimenti, troppe emozioni, troppe immagini che un po' si contraddicono e un po' ancora non mi sono chiare. Un mese […]
29 Settembre 2014
Al rientro in Italia, Karen, Arianna, Giorgio ed Eugenia raccontano come sono cambiati dopo un mese di volontariato "In Un Altro Mondo".
 
Karen
Raccontare l'esperienza che ho vissuto non è facile. Non è facile perché ci sono troppi sentimenti, troppe emozioni, troppe immagini che un po' si contraddicono e un po' ancora non mi sono chiare. Un mese è poco, un mese è tanto. E' poco per conoscere tutte le mamme della città di Beira, per incontrare i mille sguardi dei mille bambini che ogni giorno mi sorridevano. E' poco per poter dare il proprio contributo, anche nel mio piccolo, per imparare le abitudini e gli usi Mozambicani. E' poco per vedere quanti sono i poveri, quanti sono i ricchi, per stancarsi dei blackout o della mancanza di acqua. Ma un mese è tanto per vedere quello di cui hanno bisogno là. Un mese con il Cuamm mi è bastato per capire quanto sia difficile e stressante lavorare con una mentalità totalmente diversa dalla nostra, prima di tutto dalla mia. Gli imprevisti sono all'ordine del giorno. Lì tutto cambia a distanza di ore, non si programma il domani, si vive l'Oggi. Tutto questo mi ha messa alla prova, mi ha messo di fronte alla domanda "Chi voglio essere io?". La risposta è lungo il mio cammino, ma di certo mi ha aperto gli occhi su ciò che non voglio essere. Non voglio far finta di niente di fronte all'ingiustizia che esiste nel mondo, non voglio vivere solo per me stessa, non voglio fare l'individualista, non voglio credere che una guerra sia giusta, non voglio sprecare niente di tutto quello che mi è stato donato. Esiste una Chiesa fatta di uomini che ogni giorno si pongono le mie stesse domande e che nonostante sappiano che cambiare il mondo non è facile, agiscono e lottano per chi gli sta vicino, credono in quello che fanno. Perché l'unione è forza pura che smuove i cuori dei Popoli di tutta la Terra, e dopo questa bella esperienza anche io ci credo, l'ho visto con i miei occhi... E il mio oggi inizia sporcandomi le mani.

 
Arianna
Mi ritrovo davanti ad un pezzo di carta a cui son solita regalare larga parte dei miei pensieri. Un mese, trenta giorni e l'impossibilità di condensare così tante emozioni in questo breve lasso di tempo. Mentre penso mi rivedo scalza, corro con i piedi liberi insieme alle mie bambine. Un orfanotrofio, l'immagine di questa parola richiama sempre a dei sentimenti di tristezza e abbandono, eppure io li ho trovato la gioia del cuore. Ho cercato di infondere calore e mi sono sentita amata, ho offerto le mie mani e ho trovato abbracci caldi, ho sorriso con spensieratezza e mi hanno donato fragorose risate. Le strade polverose, le case fatte di latta, i denti rotti e i piedi smarriti che ho incontrato in questo mese mi hanno fatto sussultare, arrabbiare, rattristire e ora che son tornata il mio scopo è convertire quella rabbia in qualcosa di utile per riempire quelle bocche e mettere fondamenta a quelle case. Non so dire se sono stata utile ma potrei parlare per ore di quanto mi porto dentro, di quanto ho ricevuto. In quella terra impervia e povera ho trovato la fonte più pura di felicità fatta di amore sincero, di storie raccontate con gli occhi e dei più bei sorrisi che io abbia mai avuto il piacere di incontrare. Neanche la più dura tra le visioni di quel mondo riesce a scalfire anche solo per un attimo il dolce, bellissimo e trascinante ricordo che avrò sempre di questo mese....GRAZIE!

 
Giorgio
Tramite questa esperienza ho avuto il tempo necessario per indossare di nuovo il mio vecchio grembiule blu delle elementari. Son tornato il 2 settembre,è passato poco meno di un mese. Probabilmente è proprio questo il tempo di percorrenza del giallo scuolabus nel compiere il tragitto. Dietro alla cattedra, una nuova maestra. Riccioli rossi come la terra. Il suo nome inizia e finisce con la lettera "A". Non alza mai la voce, ed ha una bacchetta color marrone perla, di quelle gentili, tramite la quale indica la cartina geografica, tipo direttrice d'orchestra. Ci ha insegnato ad apprezzare ogni piccolo istante, ci ha insegnato ad avere, nel trascorrere dei giorni, lo stesso entusiasmo che si prova quando il dolcificante di turno precipita nel the di turno. E lo sai, che sarà buono. Istanti invidiati dagli dei di ogni epoca passata. La maestra dice di conoscerci come solo gli specchi sanno fare, e non si sbaglia. La maestra ci adora semplicemente perché ci conosce. Il fatto che stia imparando indica la sua bravura. Chissà domani cosa ci insegna durante la lezione? Prima o poi torno in Africa. A proposito, in questo momento, la sua bacchetta sta indicando proprio l'Africa ,e la cartina è uno specchio.

 
Eugenia
Questa esperienza è stata entusiasmante e travolgente soprattutto dal punto di vista umano. Mi ha costretto ad uscire dal mio piccolo mondo fatto di abitudini e certezze per immedesimarmi nei vissuti e nei racconti, spesso sconfortanti, delle persone che ho incontrato: mi sono sentita madre, sorella, figlia, adulta e bambina. Nonostante un mese possa sembrare troppo breve per costruire dei legami profondi, è abbastanza lungo per sentirli nascere: vivere dal mattino fino alla notte con le piccole donne di Barasat significa appassionarsi alle loro lotte e alle sfide che le attendono, credere nei loro sogni e condividere le loro ansie. Significa affezionarsi al suono fragoroso delle loro risate e al silenzio delle loro lacrime. Significa provare a capire quanto sia difficile crescere senza punti di riferimento: a 10 anni come ci si sente a vivere in una casa affollata di bambine, adolescenti, suore e nuovi volontari, ma senza la sicurezza di avere nessuno che stia davvero e sempre dalla propria parte? Ho imparato da molte di loro che la forza non sta nel ribellarsi con prepotenza al deserto di attenzioni e affetto che talvolta le circonda, ma nel saper accettare con resilienza la
propria condizione. D’altra parte essere una delle Sisters significa dover affrontare un lavoro complesso: cioè quello di crescere ed educare 40 bambine, ciascuna delle quali è un mondo a sé di paure ed esigenze. Il limite della loro azione sta nel dover gestire questo intrico di anime senza avere competenze di pedagogia o figure costanti di supporto psicologico. Solo così sarebbe possibile saziare l’enorme bisogno di affetto, sostegno e comprensione delle bambine e ragazze, con tutta la serenità in se stesse e negli studi che ne deriverebbe. Ho incontrato, dunque, la semplicità di un sorriso e la complessità che vi sta dietro; le braccia tese delle bambine che ti donano il cuore senza riserve, e quelle conserte delle ragazze più grandi, che hanno bisogno di fidarsi prima di affezionarsi. Ho incontrato un'umanità dal cuore aperto e spezzato, che mi ha attraversata lasciando le sue tracce indelebili e trattenendo, forse e spero, un po’ di me in quell’altro mondo che non sembra più così lontano.