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della Conferenza Episcopale Italiana

8xmille senza frontiere: come superare la paura del rifiuto

In questo numero di In Cerchio pubblichiamo l'ultimo vincitore del bando nazionale 8xmille senza frontiere 2019. Si tratta dell'articolo di Doriano Vincenzo De Luca Superare la paura ed il rifiuto, pubblicato da Nuova Stagione (Napoli, 27 gennaio 2019) su un'opera 8xmille della Caritas diocesana di Napoli. Nella "Casa Famiglia Sisto Riario Sforza" le Figlie della […]
20 Novembre 2019

In questo numero di In Cerchio pubblichiamo l'ultimo vincitore del bando nazionale 8xmille senza frontiere 2019. Si tratta dell'articolo di Doriano Vincenzo De Luca Superare la paura ed il rifiuto, pubblicato da Nuova Stagione (Napoli, 27 gennaio 2019) su un'opera 8xmille della Caritas diocesana di Napoli. Nella "Casa Famiglia Sisto Riario Sforza" le Figlie della Carità accolgono le persone e le aiutano a riscrivere la propria vita.

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Nella verde cornice dei Camaldoli di Napoli una piccola comunità di suore Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli, ha fondato la “Casa Famiglia Sisto Riario Sforza”, in onore del Cardinale napoletano vissuto nel 1800. La struttura accoglie tutte quelle persone, italiane e straniere, che sono rifiutate dalle proprie famiglie, dalla società, che vivono in uno stato di abbandono e soprattutto le persone con hiv o aids. L’edificio, attualmente adibito interamente a sede della Casa Famiglia, era in passato una scuola elementare, ora ha tutto quello che serve per far sentire a proprio agio queste persone meno fortunate: in questo luogo tutti possono sentirsi più amati e realizzare cose utili per gli altri.

Responsabile della casa famiglia è suor Giovanna Pantaleo che, con l’aiuto delle sue sorelle, dei volontari della Caritas diocesana di Napoli, e del Servizio civile, può dare assistenza ogni giorno a chi bussa alla porta di questa comunità.

«La nostra casa accoglie persone che nessuno vuole accogliere - racconta suor Giovanna - e inizialmente si sentono un po’ smarriti perché s’imbattono in un contesto che non conoscono e quindi solo l’amore, l’accoglienza, l’apertura aiuta loro a supera- re questa paura anche perché vengono da contesti in cui hanno vissuto sula propria pelle il rifiuto».

«Questa casa è un luogo libero da pregiudizi e paure, dove il malato di viene accolto da persone speciali che si dedicano al suo servizio - prosegue suor Giovanna -; è un luogo dove impari a dare senso alla tua vita, a relazionarti da persona matura, a riscopri- re le tue risorse e, se vuoi, a ritrovare anche la fede. Constatiamo ogni giorno come ognuno di loro qui passa da una situazione di morte ad una situazione di vita».

L’équipe della Casa Famiglia è supportata anche da varie figure professionali (assistenti sociali, operatori, infermieri) insieme ad un gruppo del servizio di Ospedalizzazione domiciliare (medici, psicologi...). Infine non mancano i volontari che hanno deciso di donare del tempo agli ospiti della Casa.

La struttura è dotata di dormitori, una sala dove svolgere attività collettive, refettorio, cucina, sala medica, sala riunioni, e un intero piano dove alloggiano le suore della comunità. Inoltre all’esterno dell’edificio è presente un grande spazio verde dove gli ospiti della Casa Famiglia svolgono attività all’aperto e realizzano piccoli orti da coltivare in completa tranquillità.

«Un giorno - dice suor Alessandra - ho chiesto ad uno di loro qual è stato il momento più bello della sua esperienza in Casa Famiglia e mi ha detto: quando mi è stato dato un bacio. Questo per dire quanto dei piccoli gesti possono essere fondamentali per loro». «Sono persone fragili che, talvolta, si mascherano dietro una aggressività che è la loro modalità di difesa - aggiunge suor Gabriella - e, immagino che abbiano dovuto affrontare un sacco di difficoltà, la vita non è stata facile per loro, ma qui sono riusciti, in qualche modo ad approdare in un posto sicuro ed è quello che si cerca di far percepire loro».

«Per quello che è nelle nostre possibilità, grazie ai fondi dell’8xmille, siamo riusciti a dare delle borse lavoro ai nostri ospiti e siamo riusciti ad attivare in loro un processo di cambiamento», conclude, con orgoglio, suor Giovanna.

I nostri ragazzi svolgono tante attività e progetti: formazione, laboratori artistici creativi, bomboniere solidali, progetti di sensibilizzazione nelle scuole, nei gruppi, nei centri di ascolto, presso la casa famiglia, escursioni in montagna, ma soprattutto col- ture biologiche. Il contatto con la terra, con le piante, il seguire il processo di semina, crescita e raccolto è stato, infatti, terapeutico per i nostri ospiti».

Entrando nelle sale della Casa, si raccolgono le testimonianze di Ciro da Torre del Greco, Ramu da un paesino della Nigeria, Ludmilla dall’Ucraina: un incrocio di lingue, culture e religioni diverse. Accomunati dalla battaglia contro la malattia, dalla speranza e dal rispetto delle differenze, aiutati da tanti volontari. Qui comunità vuol dire vicinanza, partecipazione, calore, perché l’amore e l’accoglienza aiuta gli ospiti a superare la paura e il rifiuto della società e della famiglia.