SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

STORIE DI SACERDOTI >> INTERVISTA ALLA SCRITTRICE LAURA PARIANI

di MANUELA BORRACCINO – foto di CREATIVE COMMONS / NICOLA FANTINI Esploratore e alpinista, fu missionario in una terra estrema, dov’è ancora ricordato. Una storia vera.  Che meritava un romanzo.  Sacerdote, esploratore, scalatore, antropologo, documentarista. È la parabola esistenziale di padre Alberto Maria de Agostini (1883-1960), noto come “don Patagonia” e fratello del fondatore della casa editrice […]
2 Agosto 2017
di MANUELA BORRACCINO – foto di CREATIVE COMMONS / NICOLA FANTINI
 
Esploratore e alpinista, fu missionario in una terra estrema, dov’è ancora ricordato. Una storia vera.  Che meritava un romanzo.  
Sacerdote, esploratore, scalatore, antropologo, documentarista. È la parabola esistenziale di padre Alberto Maria de Agostini (1883-1960), noto come “don Patagonia” e fratello del fondatore della casa editrice Giovanni De Agostini. «Per lui l’alpinismo era strumento di conoscenza e di missione» dice la scrittrice Laura Pariani, che gli ha dedicato il suo ultimo libro Le montagne di Don Patagonia (Interlinea Edizioni, pagg. 70, 12 euro), tratto dai diari del sacerdote e ampliato da un testo teatrale.
 
Come si è imbattuta nella storia di padre Alberto?
Chi frequenta la Patagonia prima o poi lo incontra. Ed io l’ho visitata per la prima volta nel 1966, ben prima di Bruce Chatwin: avevo 15 anni. Dopo vari viaggi, nel 2000 visitai l’importante Museo dei Salesiani Maggiorino Borgatello, nella città di Punta Arenas.
 
Cercavo i filmati sugli ultimi indios Tehuelches, e conobbi il loro autore: padre Alberto. Erano immagini eccezionali, che testimoniano l’impegno dei sacerdoti italiani per mettere in salvo queste popolazioni nell’isola di Dawson dallo sterminio degli estancieros, i grandi proprietari terrieri cileni e argentini.
 
Quelle scoperte sono confluite in due libri che ho scritto sull’esperienza dei missionari in Patagonia. Nel 2010 aggiunsi una pièce teatrale sulla storia di padre Alberto, messa in scena in Italia, in Argentina e Cile, e poi ampliata per questo volume.
 
Che cosa l’ha colpita di più della sua figura?
Don Alberto venne appoggiato dai suoi superiori salesiani nella sua doppia vocazione di esploratore ed educatore. Arrivò a Punta Arenas, sullo stretto di Magellano, nel 1910, ed è stato un gran camminatore attraverso quella terra sterminata, selvaggia e misteriosa: i suoi diari sono ancora oggi le migliori guide per chi visiti quella regione, che attraversa ben cinque Stati.
 
Solo un uomo così determinato e così sognatore poteva conciliare la sete di conoscenza scientifica come eminente geografo, etnografo e scalatore, con l’annuncio del Vangelo: lui stesso racconta di come, dopo la sorpresa iniziale nel veder arrivare un prete in giacca a vento anziché con l’abito talare, tutti lo accogliessero avendo ben presente di essere davanti a un autentico uomo di Dio.
 
Il suo libro è dominato dal ricordo della maestosità delle cime e del sussurro di Dio nel vento. Che legame c’è fra quei paesaggi e la fede?
Nella Bibbia la montagna è per antonomasia luogo del sacro: forse perché si fa così tanta fatica ad arrivare in vetta, forse perché è più vicina al cielo, forse perché è un paesaggio potente e sovrumano. È il luogo in cui la divinità si manifesta.
 Padre Alberto era biellese, e non a caso Biella è la città del monte di Oropa con il suo santuario. La voce del Signore per lui si era fatta udire attraverso la sua passione per la montagna.
 
Cosa vorrebbe lasciare ai lettori?
Condensando in poche pagine i diari voluminosi di una persona che aveva vissuto la passione per le terre inaccessibili come parte della sua vocazione, ho rivisto padre Alberto di fronte alla creazione: gli manca la parola di fronte alla maestosità del paesaggio andino. Tutta la sue vita e le opere sono attraversate da quest’inno alla bellezza. Creata per farci vivere in pace gli uni con gli altri e perché cercassimo Dio.
 

 
L’AUTRICE
Una narratrice nata, tra libri e sceneggiature per il cinema Laura Pariani (Busto Arsizio, 1951) è una delle più note e originali scrittrici italiane. Giovanissima, partì per il primo viaggio in Argentina, esperienza che la segnò profondamente. Il suo titolo d’esordio, al rientro in Italia, Di corno o d’oro (premio Grinzane Cavour) è del 1993. Tra le altre sue opere: La spada e la luna (1995, premio Elsa Morante), L’uovo di Gertrudina (2003), Milano è una selva oscura (2010, finalista al Campiello).
 
È co-sceneggiatrice del film Così ridevano di Gianni Amelio, Leone d’Oro a Venezia 1998. E’ tornata ai temi latino-americani nel 2005 con Patagonia Blues. E’ anche autrice di favole musicali, rappresentate in teatro, dedicate alla figura di Dante Alighieri, poeta viaggiatore. E' tradotta in diversi Paesi.
 

 
I FIDEI DONUM OGGI
Così Offerte e 8xmille raggiungono i missionari ai quattro angoli del mondo.
 
Ci sono anche 600 missionari fidei donum tra i preti diocesani sostenuti con 8xmille e Offerte. Sono “dono della fede”, inviati nel Terzo mondo, all’indomani dell’enciclica omonima di Pio XII del 1957. Perciò in questi anni molte diocesi italiane celebrano il 50° della partenza dei primi fidei donum.
 
Da allora migliaia di presbiteri si sono avvicendati, affiancati ad ogni latitudine dai fedeli italiani. Nell’annuncio della Parola e quando costruiscono ospedali, scuole, acquedotti e strade. O quando sono pastori di minoranze cristiane in difficoltà, come don Andrea Santoro in Turchia.
 
Tuttora, dall’Asia all’Africa, spesso tutelano a rischio della vita i diritti umani violati, di fronte a guerre o sfruttamento delle risorse. A ottobre 2011 per questo è stato ucciso a Mindanao, nelle Filippine, padre Fausto Tentorio originario di Lecco e missionario da 32 anni. Nonostante le minacce, aveva aperto scuole e ambulatori per gli indios Manobos, in un terra al centro di forti interessi minerari.
 
Oltre al dono di sé, a questi sacerdoti è richiesta inventiva, per supplire ai pochi mezzi a disposizione. Così nelle missioni, anche con l’8xmille, hanno creato pozzi e ripiantato foreste nel Mato Grosso (Brasile). O piccole stazioni radio, come quella di padre Sergio Martinelli, a lungo fidei donum nel deserto del Chaco, area estrema dell’Argentina.
 
«Così teniamo unita una comunità» spiegava il sacerdote. «Per i villaggi e le famiglie, in questo territorio vasto e povero, la radio è vita. Trasmettiamo la Messa, annunciamo il maltempo, rassicuriamo nei lunghi spostamenti, chiamiamo il medico, insegniamo a leggere e scrivere ai bambini lontani da scuola».
 
Dopo anni come questi, «il Signore ci chiede il segno più grande dell’amore per la comunità: quello del distacco, della separazione, nella fiducia che questo sacrificio serva alla Sua vigna perché porti ancora più frutto» ha scritto don Daniele Bai, ex-parroco di Djamboutou, in Camerun, al suo rientro in diocesi di Milano nel 2011. E con il ritorno del fidei donum, anche la Chiesa di origine si rinnova. Elisa Pontani
 

ALLEGATI