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Storie di sacerdoti >> Verdello (Bergamo)

Nel paese dell’Alta bergamasca nessuno ha dimenticato il giovane curato scomparso nel 2004 dopo una caduta in oratorio. Ora un volume ripercorre la sua vocazione e un libro fotografico lo ritrae in mezzo ai suoi ragazzi. Che hanno deciso di ricordarlo in un modo speciale Era davvero giovane don Giovanni Bertocchi quando ha concluso la sua […]
2 Agosto 2017
Nel paese dell’Alta bergamasca nessuno ha dimenticato il giovane curato scomparso nel 2004 dopo una caduta in oratorio. Ora un volume ripercorre la sua vocazione e un libro fotografico lo ritrae in mezzo ai suoi ragazzi. Che hanno deciso di ricordarlo in un modo speciale
 
Era davvero giovane don Giovanni Bertocchi quando ha concluso la sua breve esistenza terrena il 30 aprile 2004, a 28 anni cadendo nella palestra dell'oratorio di Verdello (Bergamo). Il giovane curato, don Giò per i parrocchiani, è riuscito però a lasciare una traccia indelebile, a entrare nei cuori dei “suoi” ragazzi con la semplicità e la forza di chi è acceso da una fede profonda, messa alla prova e rinvigorita ogni giorno del suo sacerdozio.
 
Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un giovane sorridente, generoso con tutti come può esserlo solo chi vuole essere fino in fondo uno strumento di Dio. Io sono un sogno di Dio (Edizioni Gamba) è il titolo del libro, curato da don Arturo Bellini, parroco di Verdello, in cui sono stati raccolti gli appunti spirituali di don Giò dal 1989, anno in cui entra al seminario minore di Bergamo, fino al marzo 2004, pochi giorni prima della morte. I suoi genitori hanno desiderato così far conoscere i suoi scritti, i pensieri più profondi che rivelano la sua fisionomia interiore, il cammino di fede, la piccola storia di un seminarista e di un prete che ha cercato di tenere lo sguardo dritto verso Dio.
 
«Perché voglio diventare sacerdote?» scrive il 23 ottobre 1995. «Quando qualcuno mi fa questa   domanda non so mai cosa rispondere. Eppure non riesco a vedere la mia vita altrove. Non c'è niente che mi appassioni quanto l'idea di essere testimone di Cristo». E il suo desiderio di essere un vero discepolo di Gesù faceva sì che riuscisse ad accogliere con attenzione le persone per conoscerne la storia di vita e condurle, sia pure a piccoli passi, verso la verità del Vangelo,  verso la verità dell'uomo.
 
«Io ho davvero incontrato Dio!» annota ad aprile 2003.  «Davvero mi sono sentito perdonato e amato da Gesù! Per questo ho scelto di giocarmi per Lui. Per nessun altro motivo». Ma se i suoi scritti ci accompagnano nel suo mondo spirituale, c’è altro ancora che viene alla luce nel libro Don Giò, due occhi un sorriso (Ferrari editrice) in cui la comunità di Verdello ha testimoniato l'affetto per lui.
 
I ragazzi dell'oratorio avevano amato il suo "farsi giovane tra i giovani", nell'entusiasmo e nel linguaggio. E, dopo la sua tragica morte, avvenuta sotto i loro occhi, hanno reagito come se non se ne fosse mai andato, continuando a comunicare con lui attraverso gli sms, com’erano soliti fare. Il suo cellulare è, infatti, rimasto acceso per raccogliere i messaggi dei ragazzi pieni di nostalgia ma anche di serenità. «Ciao don, ti ringrazio per tutto quello che mi hai dato. Il tuo sorriso mi scaldava il cuore. Buon viaggio per il Paradiso».
 
«Grazie per essere stato il mio don. Grazie soprattutto di essere stato mio amico o meglio mio fratello. Ti voglio bene, nuovo angelo di Dio». I ragazzi usano spesso il linguaggio fatto di abbreviazioni ortografiche. “Tvb” ti voglio bene, “tvukdb” sta per " ti voglio un casino di bene" ma don Giò queste cose le sa!
 
I suoi giovani parrocchiani non interrompono mai il discorso con lui. Lo ricordano nei momenti importanti della loro vita: «A Natale benedicesti il simbolo dell'inizio della storia di... e mia, ora che stai con tutti noi sempre, sii la nostra guida nella costruzione della nostra vita assieme. Per tutto, grazie mille ». «Ciao don, io sto andando in Inghilterra. Ricordi che ti avevo parlato dei mondiali? Vorrei tanto poter tornare e poter correre da te in Oratorio per dirti come è andata. Ma non ce n'è bisogno perché tu, sono sicuro, stai venendo con me... tvb, mi manchi tanto».
 
Qualcuno gli scrive come se non fosse mai andato via: «Ciao, oggi ho un'interrogazione importante, vedi se ci puoi essere! Mi sento più sereno». Nel libro anche i tanti disegni dei più piccoli. Lo ritraggono sorridente in oratorio, con gli occhiali sul naso a incorniciare lo sguardo dolce. La sua breve vita ha in realtà seminato molto nella comunità di Verdello, è stata d’aiuto a tanti parrocchiani, giovane e meno giovani che grazie alla sua vitalità hanno saputo trovare la strada del Signore.
 
L'ultima foto gli è stata scattata proprio il 30 aprile poco prima della tragedia. Lo ritrae mentre, con lo sguardo divertito, addenta una fetta di pizza, sereno e soddisfatto durante i festeggiamenti per la conclusione dell'esperienza di vita comunitaria oratoriana intitolata “Fratello alla grande”. La conclusione di un progetto. Il giorno della morte don Giovanni annota su un foglietto ritrovato poi sulla scrivania e riportato nel libro Io sono un sogno di Dio: «Quando il mio progetto non va a buon fine mi chiedo: perché? Pensare che Dio può avere un progetto diverso è un messaggio di speranza, anche nell'oggi, per me».
 
 

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