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della Conferenza Episcopale Italiana

Dossier >> Dove sono gli apostoli

Creta, Efeso, Cipro, Patrasso. Treviri, Praga, Santiago de Compostela, Madras. Padova, Venezia, Amalfi, Benevento. E ovviamente Roma. Punti di una mappa tracciata, all’indomani della Pentecoste, dagli inviati di Gesù e oggi talora sede delle loro reliquie. Tappe di un viaggio tra Europa e Asia alle radici della fede, trasmessa ad altissimo prezzo dai primi annunciatori […]
2 Agosto 2017
Creta, Efeso, Cipro, Patrasso. Treviri, Praga, Santiago de Compostela, Madras. Padova, Venezia, Amalfi, Benevento. E ovviamente Roma. Punti di una mappa tracciata, all’indomani della Pentecoste, dagli inviati di Gesù e oggi talora sede delle loro reliquie. Tappe di un viaggio tra Europa e Asia alle radici della fede, trasmessa ad altissimo prezzo dai primi annunciatori e primi sacerdoti neotestamentari
 
«Ne scelse dodici. Dove sono sepolti gli apostoli di Gesù e alcuni loro amici» (ed. Trenta Giorni, 96 pagine) è un’insolita guida scritta dall’archeologo Lorenzo Bianchi, primo ricercatore del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche). Il volume è stato ispirato nel 2006 dalla catechesi sugli apostoli di Benedetto XVI, citata in apertura di quasi ogni capitolo, e dalle competenze dell’autore: Bianchi infatti ha seguito gli studi sul compagno di san Paolo, Timoteo, nella cattedrale di Termoli e in passato ha partecipato alle ricognizioni delle reliquie di san Luca a Padova, oltre ad aver approfondito gli eventi del martirio e della sepoltura di Pietro.
 
Ad accompagnare il gruppo dei dodici, Paolo (al centro del Dossier “Sulle orme di san Paolo”- Sovvenire giugno 2008) e i suoi più stretti collaboratori, Tito, Timoteo, Barnaba, «garante della conversione di Paolo presso i cristiani di Gerusalemme», e i due evangelisti Luca e Marco. Per ognuno di loro Bianchi riferisce i luoghi accertati, o presunti, della testimonianza e del martirio.
Le diverse tradizioni sono di volta in volta avvalorate o confutate da molteplici fonti storiche. Molti anche i riferimenti ai quattro Vangeli, agli Atti apocrifi e altri documenti quali il Martirologio Romano o il Breviarium Apostolorum.
 
È proprio nella traduzione latina di quest’ultimo testo bizantino (VII secolo), che si legge della predicazione di San Giacomo il Maggiore in Spagna. Una tradizione che non trova alcun riscontro nell’originale greco, forse aggiunta dal traduttore. Più attendibile è la presenza del corpo dell’apostolo in Spagna, a dispetto di discordanti tradizioni che spesso lo confondono con Giacomo il Minore e ne assegnano le reliquie in diversi luoghi d’Europa.
 
Un braccio attribuito a Giacomo è custodito a Roma nella Chiesa di San Crisogono. I resti del fratello di Giovanni sarebbero giunti in un non precisato momento a Compostela, in Galizia, e lì scoperti al tempo di Carlo Magno. La piccola città divenne luogo di pellegrinaggio, ma l’autenticità delle reliquie sarà dichiarata solo nel 1884 da Leone XIII. Più misterioso il viaggio delle spoglie di San Bartolomeo, della cui vita e martirio poco si conosce. Secondo fonti orientali sarebbero state traslate dall’imperatore bizantino Anastasio I in Mesopotamia nel 507, mentre la tradizione occidentale le vuole deposte prima a Lipari e poi a Benevento.
 
Nel 999 Ottone III avrebbe fatto giungere il corpo del Santo a Roma per custodirlo nella chiesa di San Bartolomeo all’Isola Tiberina. Ma a Benevento si venerano le sante reliquie nella basilica dedicata all’apostolo. Tra le tradizioni più affascinanti, quella di Pietro. La storia archeologica del suo rinvenimento è stata dibattuta a lungo negli ultimi cinquant’anni.
 
«Contrariamente a quanto tramandato nella vulgata soprattutto apocrifa della vicenda» riferisce Bianchi «i dati archeologici dimostrano che Pietro è morto come uno dei tanti condannati a seguito dell’incendio di Roma. Subì il martirio nel Circo di Nerone assieme ad altri cristiani per poi essere sepolto nella nuda terra, probabilmente di nascosto e in fretta, a soli dieci metri dal luogo dalla crocifissione».
 
Le reliquie dell’apostolo sono state rinvenute nel 1953 in una cassetta custodita nelle Grotte Vaticane, durante gli scavi sotto l’altare maggiore della Basilica. Nell’ossario non vi era alcun frammento attribuibile ai piedi, un particolare che avvalora la testimonianza del martirio di Pietro per crocifissione “inverso capite”, a testa in giù: tortura di uso comune nel I-II secolo, che spesso causava il distacco dei piedi per sfinimento dei tendini.
 
Nel IV secolo, Costantino racchiuse la sepoltura di Pietro in un monumento in muratura, per poi costruirvi intorno una basilica nel 320. È sorprendente notare che l’imperatore non sfruttò l’ottima base dello spazio piano tra il Gianicolo e il Vaticano, ma preferì realizzare una vasta piattaforma artificiale, demolendo migliaia di metri cubi del colle e ostruendo la necropoli sul lato nord del Circo. «Ciò dimostra che Costantino era assolutamente certo che quella fosse la tomba dell’apostolo» indica Bianchi.
 
Da quel momento, tutta la topografia della zona si orienta esattamente sul sepolcro di Pietro. Dalle sepolture dei primi cristiani, che già dal 70 d. C. iniziano a farsi seppellire accanto a Cefa, fino al moderno quartiere di Borgo. E perfino la nuova Basilica voluta da papa Giulio II nel 1506 che ha comportato la demolizione di quella costantiniana. Al luogo della sepoltura fa riferimento per la prima volta il presbitero Gaio: «…nel Vaticano o sulla via di Ostia, troverai i trofei di coloro che fondarono questa Chiesa». Intendendo con il termine greco tropaion,
il corpo del martire.
 
Dalla presenza delle tombe di Pietro e Paolo nell’Urbe scaturisce la traslazione, per volere dell’imperatore Costanzo II, dei resti di Timoteo, Andrea e Luca nell’Apostoleion di ostantinopoli.
«La nuova Roma» spiega Bianchi «doveva essere anch’essa fondata fisicamente sugli apostoli: in particolare Timoteo e Luca, discepoli di Paolo, e Andrea, fratello di Pietro».
 
 
di MARTA PETROSILLO – foto AGENZIA ROMANO SICILIANI / CREATIVE COMMONS
 

 

 L'ITALIA, CULLA DELLA MEMORIA APOSTOLICA
Testimoni dal Mediterraneo all’Asia
 
“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi perché andiate, portiate frutto e il vostro frutto rimanga” aveva detto ai suoi Gesù. Pochi i dati certi sulle biografie dei primi ‘pescatori di uomini’. Matteo (il suo nome era Levi), esattore delle imposte, avrebbe raggiunto Etiopia e Persia. Nell’anno 40 avrebbe scritto in ebraico il Vangelo.
 
Marco, compagno di Pietro, lo seguì a Roma, e in base alle sue parole nel 44 redasse il Vangelo, che Pietro approvò. Luca, secondo la tradizione medico di Antiochia, convertito da Paolo, che poi approvò nel 53 il suo Vangelo, raccolse testimonianze inedite sulla vita di Gesù, forse anche da Maria. Annunciò la Parola in Dalmazia, Italia, Gallia e Acaia, dove fu martirizzato. È considerato autore anche degli ‘Atti degli Apostoli’.
 
Giovanni, fratello di Giacomo il Maggiore, pescatore di Betsaida, fu con Gesù sotto la croce, poi affidatario della Madre Maria. Vescovo a Efeso, in Asia Minore, scrisse in greco Vangelo e Apocalisse (durante l’esilio nell’isola greca di Patmos).
 
Andrea, il primo chiamato e fratello di Pietro, martirizzato a Patrasso, è patrono della Chiesa d’Oriente. Il suo corpo è venerato ad Amalfi, la testa fu restituita da Papa Paolo VI alla Chiesa greca. Giuda Taddeo avrebbe annunciato Cristo in Mesopotamia, Libia e Persia, dove fu martirizzato con Simone, zelota e cananeo.
 
Mattia entrò tra i Dodici dopo la morte di Giuda per i suoi requisiti di testimone fin dal Battesimo di Giovanni, poi della resurrezione e della Pentecoste. Filippo evangelizzò Frigia e Samaria, fu crocifisso a Gerapoli (Gerash, in Giordania) sotto Traiano. I suoi resti sono nella basilica dei SS. Apostoli a Roma, con quelli di Giacomo minore. Bartolomeo (o Natanaele) testimoniò il Signore in Frigia, forse anche in India e in Armenia. Martire, i suoi resti sono venerati sia sull’isola Tiberina, a Roma, che a Benevento.
 
Tommaso, che mise le sue mani ‘nel posto dei chiodi’ dopo la Resurrezione, avrebbe trovato il martirio a Madras, in India, dove sorge una cattedrale a lui dedicata. Giacomo maggiore, tra i primi perseguitati a Gerusalemme, fu messo a morte da Erode Agrippa. Il suo corpo è a   Compostela, in Spagna. Giacomo minore, cugino di Gesù, esaltò nei suoi scritti la fede unita alle opere. Lapidato nel 62 a Gerusalemme. La testa è venerata nel duomo di Ancona. P.I.
 

  

INTERVISTA ALL’ARCHEOLOGO D’ANDRIA
“Così ho ritrovato la tomba di san Filippo”
 
La notizia ad agosto 2011 ha fatto subito il giro del mondo: in Turchia, a Pamukkale, l’antica Hierapolis, un gruppo di archeologi italiani, guidati da Francesco D’Andria dell'Università del Salento ha trovato la tomba dell'apostolo Filippo. «Varie fonti dell’antichità » racconta D’Andria «confluite in Basilio di Cesarea affermavano che la tomba di Filippo era a Hierapolis ». Nel 1957 una missione archeologica italiana trovò su una collina una chiesa a pianta ottagonale, il Martyrion, un capolavoro dell’architettura bizantina, dalla complessa simbologia numerica e teologica.
 
Come siete arrivati al sepolcro dell’apostolo?
Lo studio dell’area ci ha permesso di portare alla luce un grande sito di pellegrinaggi, con una lunga strada processionale fino al Martyrion, con fontane per la purificazione, e celle tutt’intorno al cortile del santuario dove i pellegrini praticavano l'incubazione, cioè dormivano aspettando di ricevere dal santo venerato un sogno o una profezia. Anche questo particolare richiamava san Filippo.
 
Dove avete cercato?
C'era una zona con un enorme cumulo di pietre che aveva scoraggiato scavi sistematici. Proprio lì è stata trovata un seconda chiesa, a tre navate. Nella struttura anche i resti di una grande scala di marmo, consumata dal passo di migliaia di pellegrini. Abbiamo capito che era questo il luogo di sepoltura di Filippo.
 
Perchè?
Dal confronto con uno stampo per i pani dei pellegrini trovato a Hierapolis e conservato a Richmond. Mostra un’immagine di san Filippo, hagios Philippos in greco, su una gradinata tra due chiese: quella di destra è il Martyrion, mentre l'altra si pensava fosse il ciborio, con tetto spiovente e lampada accesa, simbolo del sepolcro dei santi. Era proprio la seconda chiesa scoperta in agosto.
 
di Chiara Santomiero

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