SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

FOTO REPORTAGE >> Cibo recuperato dalla Puglia al Piemonte

Ogni giorno alimenti vicini alla scadenza e pane fresco invenduto raggiungono le mense Caritas o la tavola di tante famiglie in difficoltà. La rete antispreco cresce nelle diocesi italiane. Anche grazie all’8xmille. Perché la crisi si affronta insieme.BISCEGLIE(PROVINCIA DI BARLETTA-ANDRIA-TRANI)Mauro, Nardino, Peppino e Giovanni ogni mattina alle 8 partono col furgone per il giro dei […]
2 Agosto 2017

Ogni giorno alimenti vicini alla scadenza e pane fresco invenduto raggiungono le mense Caritas o la tavola di tante famiglie in difficoltà. La rete antispreco cresce nelle diocesi italiane. Anche grazie all’8xmille. Perché la crisi si affronta insieme.

BISCEGLIE
(PROVINCIA DI BARLETTA-ANDRIA-TRANI)
Mauro, Nardino, Peppino e Giovanni ogni mattina alle 8 partono col furgone per il giro dei fornitori: decine di esercenti che vendono alimenti freschi di giornata. Poi con 30 volontari ridanno vita al cibo, prossimo alla scadenza o che l’indomani finirebbe inutilizzato nella spazzatura.
 
Prima di distribuirlo ogni sera, controllano che le confezioni di pane siano integre, selezionano frutta e verdura. Con dedizione, consegnano in media 75 pacchi al giorno, e fino a 70 chili di pane quotidiano. Tra i destinatari l’età media è 45-50 anni, per metà italiani, il 20% bambini. Ha 3 anni il progetto ‘RecuperiAMOci’ della Caritas di Trani-Barletta-Bisceglie, sostenuto dall’8xmille con 38mila euro, cofinanziato dall’arcidiocesi pugliese e dal Comune di Bisceglie. E’ stato la prima sperimentazione al Sud della ‘legge del buon samaritano’, la 155/2003, per la distribuzione dei prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale.
 
I cittadini hanno risposto generosi: con l’associazione ‘PortAperta’ che gestisce l’opera collaborano in tanti, da Confcommercio Bisceglie alle suore vincenziane. “Il progetto è diventato una palestra di volontariato, con studenti e pensionati –spiega Rufina Di Modugno, coordinatrice di RecuperiAMOci e responsabile Caritas Bisceglie- In più, in accordo con il Dipartimento salute mentale Asl e la cooperativa Temenos, inseriamo alcuni pazienti come volontari. Perché la povertà materiale è anche povertà relazionale e psichica”.
 
Nella lunghe code serali in via Caputi ci sono mille storie. Laura, 32 anni viene a prendere cibo per suo figlio, perché non riesce a variarne l’alimentazione con quello che guadagna il marito come autista. Antonio, 60 anni, esperienza pluridecennale nell’edilizia all’estero: “con il mio lavoro di guardia notturna, 12 ore per 400 euro mensili, pagandone 350 di affitto, non ce la farei mai a vivere -dice- I figli mi aiutano, ma il progetto mi permette di mangiare”. Marianna e Rosa, 47 e 48 anni, una separata con 2 figli, l’altra con la madre di 87 anni in casa, lavorano in una cooperativa sociale: “ma l’orario è sempre più ridotto –dicono- Per noi quest’aiuto è prezioso”. “Mi piace fare il volontario qui –dice Michele, utente del Dsm- So cosa significhi non poter mangiare tutti i giorni e quindi dono il mio tempo a chi ha bisogno”.
 
“Siamo partiti per evitare gli sprechi –spiega il direttore della Caritas diocesana, don Raffaele Sarno– e ci ritroviamo vicini a tante famiglie per la sopravvivenza quotidiana, tra la perdita del lavoro e le bollette diventate inarrivabili. La rete di solidarietà è occasione per rivedere i nostri comportamenti, termometro per misurare la nostra febbre di carità”. Il prossimo obiettivo? “Che chi oggi ha bisogno, da soggetto di intervento, torni protagonista della sua esistenza”.
 
Fino a quel momento i sacerdoti e i volontari -ogni giorno, anche grazie alle firme dei fedeli italiani- faranno la loro parte. S.L.
 
ALESSANDRIA
Ogni sera alle 19 Francisco Chango inforca la ‘Cargo Bike’ (bici con cassetta-frigo) della Caritas e in tre minuti raggiunge il centro storico di Alessandria. Panetterie, latterie: è qui che il 31enne ecuadoregno carica con le bottiglie di latte circa 20 chili di pane, focacce e dolci rimasti invenduti –e talvolta appositamente sfornati- destinati alla quota crescente di cittadini, che tra emergenza lavoro e carovita non riescono più ad assicurarsi almeno un pasto al giorno. Tornato alla Caritas, ci pensa la signora Donatella a riscaldarlo per la mensa delle 2 case accoglienza (maschile e femminile): oggi 50 senzatetto (148 nell’intero 2012). Ed è alla Caritas che la mattina dopo Pierluigi, operaio in cassa integrazione, 4 figli, viene a prendere il pane con cui la famiglia andrà avanti per qualche giorno.
 
Francisco è tra i protagonisti del progetto Recuperiamoci-ridiamo vita al cibo promosso da agosto 2012 dalla Caritas di Alessandria, sostenuta con l’8xmille, insieme a tante sigle di volontariato. Padre di 3 figli, esponente di quel 15% di cittadini immigrati di Alessandria, “grazie a questa borsa lavoro di 60 ore al mese –dice- guadagno 350 euro: quanto basta per pagare l’affitto”.
 
Ma nella città dove un secolo fa, nel 1913, l’azienda Borsalino da sola aveva 2.500 addetti, oggi i destinatari della solidarietà sociale sono sempre più italiani. “Abbiamo una decina di famiglie, tutte italiane, che ci chiedono almeno il pane recuperato” spiega Ada Plenazio, volontaria vincenziana. “Ma sono un centinaio quelle a cui portiamo un pacco viveri 2 volte al mese. E stanno aumentando”. “È sconfortante –aggiunge- vedere sempre più concittadini perdere il lavoro e ritrovarsi a non poter più pagare il mutuo: ci sono decine di pignoramenti in corso ad Alessandria. Nella casa femminile abbiamo donne finite in strada per maltrattamenti o perché licenziate. Nella casa maschile, aumentano quanti hanno perso la famiglia perché si sono indebitati col gioco.
 
Cerchiamo di aiutare tutti a rimettersi in piedi”. “Con il progetto Recuperiamoci - spiega il direttore della Caritas di Alessandria, Giampaolo Mortara– coinvolgiamo il territorio per rispondere all’emergenza alimentare. È il momento di contrastare lo spreco, di educare tutti noi alla cultura del dono davanti alla crisi. E poi –sorride- anche se è un piccolo segno, abbiamo scelto per il trasporto una bicicletta ecologica, che non inquina e non consuma”. Tra chi ha detto sì all’iniziativa anche Raffaella Barra, con il suo panificio: “ogni giorno faccio apposta del pane in più” conferma, oltre a provvedere con 25 chili di pane alla mensa Caritas a Pasqua, Natale e Capodanno. Si augura che altri cittadini rispondano all’appello e che esempi come quello della Chiesa alessandrina si moltiplichino nell’intero Paese. Perché gli sprechi diminuiscano
ovunque: fino al 2011 in Italia sono finite nei cassonetti 4 mila tonnellate di cibo, per un valore di 4 miliardi di euro. M. B.
 

 
L’AZIONE DELLA CHIESA

 
2013, anno zero contro lo spreco alimentare
 
Un obiettivo condiviso per dare la svolta agli stili di vita. Il 2013 è stato proclamato dall’Europarlamento Anno Ue contro lo spreco alimentare. Di fronte all’aggravarsi dello scenario agricolo e sociale, sull’agenda dei 27 la sfida è ridurre entro il 2025 del 50% il cibo comprato e mai consumato, con strategie di attenzione ed equità.
 
A livello pro capite, in Usa e Ue finiscono nella spazzatura 95-115 chili di alimenti l’anno, mentre in Sud-Est Asiatico i consumatori sprecano annualmente solo tra i 6 e gli 11 kg a testa. Diverse le cause, spesso però dovute a logiche di mercato. Lo spreco comincia dalla produzione agricola, dilaga nel trasferimento e nello stoccaggio delle merci. Fino alle abitudini dei consumatori, indotte dai messaggi pubblicitari, che spingono a riempire il carrello della spesa di acquisti inutili, che poi restano a scadere in frigorifero.
 
La Chiesa in Italia è già da anni presente su questo fronte, anche col sostegno dell’8xmille. Con progetti quanto mai diversificati, per far crescere responsabilità e generosità sul territorio. Le reti anti-spreco diocesane prendono accordi con ospedali, fast food, commercianti e supermercati per sensibilizzarli alla raccolta dell’invenduto o di cibi a scadenza imminente. Tutte derrate alimentari che così arrivano a mense e case-famiglia. O vengono distribuite a domicilio a famiglie e pensionati. Per incoraggiarli, dopo lo choc dell’impoverimento, attraverso la tutela della dignità, senza che debbano chiedere pubblicamente aiuto, anche solo per un pasto al giorno. (P.I.)