SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

“Quei preti che sanno
trovare le parole”

Certo, uno si aspetta che, da inviato e viaggiatore di zone impervie, testimoni quel che ho visto fare ai preti in mondi lontani. Naturalmente ho visto molte cose buone, e non le dimentico. Penso ai gesuiti di San Salvador, ai francescani della Natività a Betlemme, ai missionari di Medici con l’Africa nel Sud Sudan, al […]
2 Agosto 2017

Certo, uno si aspetta che, da inviato e viaggiatore di zone impervie, testimoni quel che ho visto fare ai preti in mondi lontani. Naturalmente ho visto molte cose buone, e non le dimentico. Penso ai gesuiti di San Salvador, ai francescani della Natività a Betlemme, ai missionari di Medici con l’Africa nel Sud Sudan, al salesiano che organizza le scuole a Quetta, la capitale dei talebani. Ma una cosa è quel che vedi fare, e che riscatta il tuo personale senso di impotenza, e ti assolve di colpe e ti restituisce un po’ di speranza. Altra cosa è quello che fanno per te, dove non conta quel che vedi, dove non sei spettatore, ma parte in causa. Non penso tanto al cappellano dell’oratorio, in tempi in cui il prete teneva sollevata la tonaca per giocare a pallone con noi ragazzini, né alle lezioni di dottrina, e neppure ai gesti solenni della Messa di Natale, quando combattevo tra il sonno e l’emozione di servire da chierichetto. Penso all’ insegnante di religione del liceo, al suo puzzo di toscano e alla sua pazienza distante, che però comunicava una passione che finiva per incuriosirti. Penso ai due preti che frequentai nei giorni del terremoto friulano. Con uno dei due, mancato troppo presto, camminavo nei campi, un giorno che ci fu una forte scossa. Non c’era nessun pericolo per noi, in mezzo a un campo, ma restai impietrito a sentire la scossa, sulla terra, come quel gioco della corda, un’onda che corre sotto i tuoi piedi. Lui, sorridendo, mi disse che era la prova di quanto fosse naturale, e piuttosto di provar paura, si dovessero costruire case in grado di resistere a una scossa, come si fa un tetto che non faccia passare la pioggia. Erano preti che celebravano Messa all’aperto, o in tenda, e dicevano: si facciano prima le case, poi le chiese, perché la cosa più importante è che ci sia la gente, quando ci saranno le chiese. Penso a quel prete che trovò le parole giuste per lenire il dolore per la scomparsa di un amico.

Penso che nessuno di noi può sentirsi immune dal bisogno, anche se il bisogno non è la fame, non è fuggire una guerra o una carestia. Una parola giusta e buona, un gesto semplice e diretto, quando serve, sono un bene prezioso per tutti.


DALLA TV AL WEB

Scrittore e testimone
del nostro tempo
Il fattore umano è la cifra dei suoi reportages, dal G8 di Genova alla Terra dei fuochi, alle molte guerre dei nostri giorni. Trent’anni da testimone ne hanno fatto uno degli inviati italiani, non solo al fronte, di maggiore esperienza. Nato nel 1948 a Palmanova (Udine), ha lavorato per Panorama, Epoca, Il Foglio (la rubrica ‘Occhiaie di riguardo’), per le reti Mediaset dove ha condotto il settimanale ‘Terra!’. Ha ricevuto numerosi premi di giornalismo (tra gli altri, ‘Saint Vincent’, ‘Ilaria Alpi’ e ‘Flaiano’). Sposato, ha due figli, più uno cresciuto nei primi anni di vita, dopo averlo trovato orfano a Sarajevo. Il libro più recente è Le guerre spiegate ai ragazzi (Mondadori, 2012). Attivo anche con un blog, da poco è tornato a fare il freelance.