SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Notte e giorno alla Sua presenza, per ritrovare il senso di tutto

A Borgosatollo, venti minuti d’auto da Brescia, la parrocchia di Santa Maria Annunciata offre da più di 12 anni l’Adorazione eucaristica perpetua. Centinaia di fedeli si alternano, giorno e notte, nel dialogo con Gesù
7 Febbraio 2022
di MANUELA BORRACCINO
Arrivando dai paesi limitrofi come Montirone e Flero, la strada provinciale si apre tra due file di case nel sagrato acciottolato della parrocchia di Santa Maria Annunciata. Nel cuore di Borgosatollo, paesino di 9mila anime a 15 minuti da Brescia, una targa sul portoncino accanto al portale di ingresso della chiesa segnala Adorazione eucaristica perpetua. Varcata la soglia, un pannello immerge i visitatori nella penombra con i versi dell’Apocalisse: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). «Tutto è nato nel 2008 dalla proposta di fra Marco Ferrario, reduce dalle missioni zonali cittadine e dall’amicizia fra noi preti con un gruppo di frati.
Quando abbiamo lanciato l’idea – sorride con gli occhi limpidissimi il parroco don Gino Regonaschi, 70 anni splendidamente portati – c’è stata subito adesione da parte di alcuni parrocchiani. All’inizio sembrava impossibile arrivare a pensare che potesse esserci sempre qualcuno anche di notte: eppure gradualmente, passo dopo passo, dopo poco più di un anno siamo arrivati a riempire le 24 ore di turno di ogni giorno della settimana e istituirla in modo perpetuo dall’ottobre 2009. Non abbiamo mai chiuso, neppure durante il lockdown, pur rispettando gli orari del coprifuoco: oggi moltissimi vengono da Brescia e dai paesi vicini».
Quella di Borgosatollo è una delle cinque parrocchie in tutta la Lombardia che offre questo spazio di preghiera aperto giorno e notte: sono appena 85 in Italia. «Perché così poche? Forse - riflette don Gino - c’è bisogno di riscoprire la centralità dell’Eucarestia nella nostra vita quotidiana e in quella delle nostre comunità parrocchiali. Oggi si parla molto di amare Dio attraverso l’amore per il prossimo, e questo certamente è importante: ma talvolta dimentichiamo che per amare il prossimo secondo Dio abbiamo bisogno di un rapporto personale con il Signore nella preghiera».

Circa 160 sono oggi gli adoratori fissi, quelli presenti per almeno un’ora a settimana, alcuni dei quali subentrati ai fedeli vittime del Covid 19. Ma da tredici anni circa 700 persone (alcuni anche solo per pochi minuti) si alternano davanti all’altare dominato da due grandi icone: quella che ritrae la vedova di Sarepta (1Re 17, 8-16) a sinistra e quella dei discepoli di Emmaus a destra. Al centro la mano del Padre indica Gesù, il Santissimo esposto all’adorazione.
«Con queste icone – spiega don Gino – abbiamo voluto indicare come l’Eucarestia sia la linfa che ci dà la forza di vivere da cristiani: nell’Antico testamento leggiamo “la farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì” (1Re 17, 16) e nel Nuovo “Quando fu a tavola con loro prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro. Allora i loro occhi si aprirono e lo riconobbero” (Luca 24, 30-31). Credo ci sia bisogno di riscoprire la presenza di Dio nelle nostre vite e vivere la gioia dell’amore di Dio per ciascuno di noi: questo è il senso della mano su Gesù Eucarestia che dà se stesso per noi».
Nella piccola cappella, in un giorno feriale di gennaio, un uomo e una donna di mezza età alternano la lettura spirituale al raccoglimento davanti al Santissimo. «Alla luce dei tantissimi benefici spirituali e grazie che ho visto in questi anni – chiosa don Gino – sono ancora più convinto di quanto si tratti di recuperare la dimensione spirituale della vita, che in fondo è ciò che realmente cercano in noi credenti le persone, anche le più lontane dalla Chiesa. La gente non cerca in noi l’assistente sociale, l’insegnante di sostegno, tanto meno lo psicologo… La gente cerca da noi la speranza, fondamento della fede, e la testimonianza della nostra fiducia in Dio. Durante il primo lockdown, quando non si poteva uscire, è capitato che qualcuno venisse fermato al posto di blocco dei Carabinieri. Quando veniva loro spiegato che cosa si stava andando a fare e che cos’era l’Adorazione, la risposta è stata invariabilmente: va’ e di’ una preghiera anche per noi. Gesù qui non è mai rimasto solo».
foto GIOVANNI PANOZZO