SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

«Così aiutiamo i negozi a ripartire»

Il crollo dei consumi e la concorrenza sleale dei giganti del web hanno scosso il commercio al dettaglio. Ma molte Chiese locali hanno dato vita a fondi diocesani per le botteghe familiari, che puntano a rafforzare la rete territoriale di vicinanza. Con risultati inattesi
16 Febbraio 2021

di SABINA LEONETTI foto AGENZIA ROMANO SICILIANI / DANIELE SABA / CREATIVE COMMONS

Se sei lontano dalla Chiesa non ti aspetti tanta generosità. Quando poi la tocchi con mano, non puoi fare altro che stupirti e ringraziare. Di più, cerchi di restituire il bene ricevuto.” Andrea, 40 anni, sposato, con due figli, vive in un paese della provincia di Oristano. Dalla Caritas diocesana di Ales-Terralba durante la pandemia ha ricevuto aiuti per la sua bottega artigiana. “Alcuni investimenti fatti prima del lockdown mi avevano messo in ginocchio – spiega – Oggi invece posso raccontare la mia esperienza, e cerco a mia volta di ‘sdebitarmi’ con chi tra i miei clienti non mi può pagare “. La mano tesa che lo ha risollevato è il fondo della Caritas sarda intitolato a San Giuseppe Lavoratore, nato per sostenere l’economia locale stremata dal Covid: in totale 250 mila euro, provenienti dall’8xmille, da fondi diocesani e da benefattori.
“Dietro quelle serrande rimaste abbassate per mesi – precisa don Marco Statzu, 41 anni, responsabile della Caritas di Ales-Terralba – ci sono i sacrifici di una vita, storie di attività familiari che durano da generazioni, di stipendi mancati, di debiti e di una sofferenza nuova con cui fare i conti. Abbiamo risposto finora a 50 richieste – prosegue – tra bollette, acquisto merce, affitti, spese scolastiche o sanitarie”.
Don Marco, ultimo di 4 fratelli, papà muratore e mamma commerciante, ne sa qualcosa di economia familiare che non può contare su un reddito fisso a fine mese. Ci tiene a evidenziare che il Fondo è lavoro di squadra dei 400 volontari e di tutti i sacerdoti del territorio, oltre ai contributi degli enti locali. “Questo progetto ci ha fatto incontrare volti e realtà dignitose nel loro silenzio: ora puntiamo a rendere stabile quest’ azione circolare per il bene comune”.

Novara, Bergamo, Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, Gorizia, Parma, Matera-Irsina. Sono tante le diocesi che danno aiuto alle piccole imprese familiari. A Pisa ad esempio funziona “Vivere”, il piano d’emergenza attivato lo scorso dicembre dalla Chiesa locale, in un territorio di 300 mila abitanti esteso tra le province di Pisa, Livorno e Lucca. In tutto 450 mila euro, grazie ad accordi con enti locali ed istituti bancari, ma – spiega don Emanuele Morelli, 59 anni, alla guida della Caritas diocesana – contiamo di aumentare la disponibilità con altre donazioni, oltre ai 500 mila euro di Fondazione Pisa per le microimprese”.
Il progetto è gestito in rete, tra l’altro con i centri antiusura delle Misericordie, per alzare un argine contro le mire della criminalità sul tessuto economico. Finora ha dato man forte a 20 piccole imprese utilizzando tre strumenti: la leva finanziaria, l’accompagnamento familiare e un piano per la ripartenza lavorativa.
“Tutto il settore della ristorazione, della cura domiciliare, delle attività culturali e turistiche, dell’intrattenimento, degli ambulanti e di tanti precari e stagionali –racconta don Emanuele – è in crisi per l’emergenza sanitaria. Abbiamo intercettato fragilità insospettabili: cuochi cui abbiamo pagato le rate dell’auto o parrucchieri che non riuscivano più a risollevarsi dopo una ristrutturazione. Questa ‘Quaresima di Carità’ la dedichiamo alla raccolta per il fondo ‘Vivere’. Più la rete è coesa e a maglie strette – conclude don Morelli – più saremo in grado di sostenere i più fragili”.