SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Quell’angolo che dà luce all’intera giornata

Se la pandemia ha frammentato le comunità il Signore ha aperto tante chiese domestiche, dove ci viene incontro e ci ammaestra
16 Febbraio 2021

di DANIELA DE VECCHIS foto di AGENZIA ROMANO SICILIANI

 

Che cosa è cambiato in un anno nella nostra anima? Dopo i primi di mesi di lockdown totale, quando le celebrazioni si potevano seguire solo in tv o sui canali social parrocchiali, finalmente siamo potuti tornare in chiesa per partecipare alla celebrazione della S. Messa e per i sacramenti. Certo, la vita comunitaria, a causa delle misure indispensabili al contenimento della pandemia da Covid-19, è stata penalizzata, ma di sicuro non azzerata.
“Il Signore non è rimasto a guardare né si è lasciato scoraggiare – indica don Vincenzo Cretella, giovane sacerdote della diocesi di Padova, attualmente al Centro Aletti di Roma, comunità  che studia la relazione tra la fede cristiana e le dinamiche culturali contemporanee, alla luce della tradizione della Chiesa orientale e occidentale, i ‘due polmoni’ come amava definirli Papa Wojtyla – Se è vero che la pandemia ha parzialmente svuotato le chiese, soprattutto dei fedeli più anziani, è altrettanto vero che ha aperto una chiesa in molte case, donando a tanti di noi, singoli e famiglie, la possibilità di fermarsi e di ritrovarsi per ascoltare e meditare la Parola. Momenti di preghiera forse impensabili prima, inghiottiti come eravamo dallo scorrere tumultuoso delle giornate. E non si tratta solo di momenti, ma di veri e propri spazi ‘fisici’ di spiritualità ritrovata, una sorta di ‘angolo bello’ allestito in una o più stanze della casa”.
Proprio a questo angolo bello don Vincenzo ha dedicato il primo di sei incontri mensili, a cui si può partecipare online fino al prossimo mese di maggio (ci si può prenotare scrivendo all’email artedellavitapd@gmail.com). Durante questi appuntamenti vengono offerti spunti di riflessione su tanti aspetti della vita ordinaria illuminata dalla fede, che – spiega don Cretella – è fatta anche “di materialità, ossia di immagini sacre: un quadro, una candela, un presepe nel tempo del Natale. Immagini che innanzitutto ci riportano alla memoria chi siamo, la nostra identità cristiana. L’immagine di Gesù crocifisso, ad esempio, ci ricorda che siamo figli del Padre e che proprio da lì, dal Golgota, quel giorno sono scaturiti per noi i sacramenti. Queste immagini rendono visibile, e dunque testimoniano, chi siamo e Chi seguiamo. Non solo a noi stessi, ma anche a chi entra nella nostra casa, alle persone che ci verranno a trovare. Adesso con molta più prudenza, si capisce: non più di due, con la mascherina e a distanza; ma finirà anche questa pandemia. Quell’angolo dunque, fin da ora e ancor più dopo, non potrà non interpellare chi si ferma a guardarlo poiché l’immagine evangelizza molto più delle parole e di qualunque catechesi. L’immagine non parla, non pretende, lascia libero l’interlocutore; entra in noi con gentilezza e tocca il cuore”.

Don Vincenzo, sacerdote da quasi dieci anni, ne aveva appena 19 quando si sentì chiamare alla vita consacrata. La sua vocazione è nata e cresciuta in parrocchia e proprio in famiglia, in una casa in cui evidentemente anche lo spazio parlava di Dio. “Sono questi angoli – evidenzia – allestiti secondo il proprio sentire e la creatività di ciascuno, a personalizzare la casa, a tradurre il sacramento nella materialità dello spazio in cui si vive e in cui rimane impresso l’amore di chi lo abita”.
Una volta terminata la pandemia – aggiunge il sacerdote – “la mia speranza è che ogni battezzato possa raccogliere anche frutti buoni da questo periodo complicato. Nel mondo attuale è forte il rischio di andare verso una sorta di ‘atomizzazione della persona e della società’, quasi che il distanziamento fisico rendesse inevitabile anche un distanziamento del cuore. Invece siamo chiamati a percorrere la strada opposta, quella dell’apertura agli altri proprio a partire da questa fioritura di spiritualità domestica.
Che poi, se ci pensate, è ciò che ha fatto Dio attraverso l’Incarnazione: è sceso tra noi, ha scelto l’umanità come casa e, a partire da una famiglia, si è fatto prossimo di ogni uomo. Lo possiamo fare anche noi se ci sentiamo parte del Corpo di Cristo: non solo in chiesa, quando celebriamo l’Eucarestia, ma in ogni istante della vita, in ogni luogo, in ogni situazione. “Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode” ci ammaestra il salmo 33. Anche nel mezzo di questa crisi sanitaria che ci ha costretti all’isolamento, aprendoci gli occhi su quanto siamo simili nella fragilità. Da qui potremo rinascere alimentando la passione degli uni verso gli altri, fatta anche di cura dello spazio e dei dettagli. Perché ogni gesto d’amore per il Signore non può che passare attraverso gesti di attenzione per le altre persone”.