SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

“Ho iniziato all’oratorio, scuola di vita”

18 Aprile 2018

di FRANCESCO TOTTI testi a cura di MARTINA LUISE foto AGF-DPA/EPA

Mia madre lo dice sempre. Che giocavo a pallone prima di camminare e che in casa non s’erano resi subito conto di quanto fossi determinato. Grazie a loro respiravo una serenità di fondo, che penso nel caso di mia madre dipendesse anche dalla fede. Come tanti della mia età ho iniziato a giocare per strada e poi all’oratorio. Altri tempi. A portarmi su un campo vero fu mamma, anche per non farmi veder peggiorare la salute dei nonni, che vivevano con noi. Ma il primo pallone me lo regalò mio padre, ed è stato un incontro fantastico! Poi compiti e catechismo. Non volevano che trascurassi la scuola, per me però non è mai stato semplice staccarmi dal pallone. Sono tuttora molto legato al quartiere Appio Latino dove sono cresciuto: mi piaceva passare del tempo al bar Lustri, sotto casa. La parrocchia era quella della Natività, a via Gallia. E a quel luogo sono legati pomeriggi infiniti, amicizie e pallone, tanto per cambiare… Ho sempre vissuto la religiosità in modo semplice e spontaneo. Sono legato ai valori cristiani che mi hanno trasmesso i miei, ma come un fatto naturale. Poi negli anni ho incontrato sacerdoti importanti: su tutti direi don Fernando, con lui ho un rapporto speciale. Di recente è stata un’emozione unica incontrare Papa Francesco: la sua spontaneità e la sua carica umana mi hanno impressionato.

Oggi tento di trasmettere il più possibile ai miei figli l’onestà e l’umiltà, oltre a insegnargli a riconoscere le amicizie vere e a coltivarle. Con loro di fede a dire il vero non ho mai parlato in modo diretto, spiegando prima: in questo contano molto gli esempi che ricevono in casa, anche dai nonni. E’ stato questo il mio motore. Quando poi sono cresciute le pressioni e la popolarità, la famiglia mi ha aiutato a rimanere me stesso, senza dimenticare mai di essere un privilegiato. Anche per le iniziative di solidarietà (di recente per l’Obolo di san Pietro, ndr), potrei dire che il mio è un tentativo di restituire tutto l’affetto che ho ricevuto, ma in realtà è qualcosa di spontaneo. Ho dato il mio contributo, a livello internazionale ma anche per i bambini della mia città (ad esempio, con la ‘Francesco Totti Soccer School’, che fa calcio integrato per giocatori con disabilità, ndr). Roma è stata un po’ tutto per me. Una culla, una mamma, ma anche il mio orgoglio. E’ stato un onore rappresentarla e per certi versi difenderla.

Ora mi piacerebbe dare il mio contributo alla società sportiva in cui sono cresciuto. Sono in una fase di studio a 360 gradi di quello che comporta il ruolo di dirigente in più aree. Spesso sono a contatto con lo spogliatoio e mi trovo a mio agio. In generale sento il bisogno di esserci per chiunque avesse bisogno di una mano. Per definire i ruoli e le competenze specifiche ci sarà tempo. Per il resto ho sempre detto che mi sarebbe piaciuto fare due passi in centro a Roma un sabato pomeriggio, ma diciamo che è un miraggio! Battute a parte, la popolarità per me è una grande responsabilità. La vivo così, con l’orgoglio e la consapevolezza di rappresentare un esempio per tanti ragazzi. 

IL CAPITANO

Una leggenda del calcio scritta in 25 stagioni

Le biografie di Francesco Totti sono diventate nel tempo un genere letterario. E non solo per il talento calcistico e l’istintiva simpatia. Il ragazzino di Porta Metronia, ad esempio, non ha mai abbandonato la maglia giallorossa. Un caso più unico che raro. Almeno nel calcio professionistico. È nato il 27 settembre del 1976. E ai suoi 40 anni era ancora sul campo di Trigoria per i regolari allenamenti in vista di una partita di Europa League, in programma 2 giorni dopo. Partita vinta per 4-0, una doppia festa in campo per “il Capitano” con i due assist per Strootman e Salah. Totti è uno di quegli attaccanti cui non si addice la canzone di Francesco De Gregori. Il rigore, se decisivo, lui non lo sbaglia. Come il “cucchiaio” ai danni dell’olandese Van der Saar nella semifinale degli Europei del 2000. O il rigore contro gli australiani nei Mondiali che lo incoroneranno campione del Mondo a Berlino 2006. È l’ultimo italiano ad aver vinto la Scarpa d’oro (nel 2007). Ed è la nostra unica stella ad aver declinato l’invito a giocare coi “galattici” del Real Madrid.  Laura Novelli