SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Nell’ “età secolare” la fede fiorirà

2 Settembre 2017
di DON ANDREA TONIOLO* foto AGENZIA ROMANO SICILIANI/CREATIVE COMMONS
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Responsabile del Servizio nazionale Cei per gli studi superiori di teologia e scienze religiose, è docente di teologia presso la Facoltà teologica del Triveneto

 

 

Che cosa accade nella vita delle persone quando una società in cui era pressoché impossibile non credere in Dio diventa una società in cui - come avviene oggi - la fede è solo un’opzione tra le tante? Don Andrea Toniolo riflette sulle sfide del presente, richiamando lo studio del filosofo canadese Charles Taylor (Montreal, 1931): “nel mondo secolarizzato è accaduto che la gente dimenticasse le risposte alle principali domande sulla vita. Gli esseri umani invece - che lo ammettano o no - vivono in uno spazio definito da domande profonde”. Ecco perché più che in passato siamo chiamati ad essere testimoni, annunciatori del Redentore del mondo.

SEGUIRE CRISTO,
DA OPZIONE A SCELTA IRRINUNCIABILE

Credere in Dio nel 1500 e credere nel 2017 non è la stessa cosa. Che significa, allora, avere fede in Dio nella società in cui viviamo? Uno studio del 2007 - L’età secolare del filosofo canadese Charles Taylor - analizza le forme del credere nell’Occidente moderno. È avvenuta - questa la tesi di Taylor - ‘una trasformazione tita-nica’ nella nostra cultura: il passaggio da una condizione in cui quasi tutti vivevano dentro un orizzonte religioso-cristiano, ad una differente, in cui la fede si presenta come un’opzione tra le altre, e non la più facile. La fede cristiana si presenta oggi come una scelta da compiere personalmente, non più naturale o scontata.

La secolarizzazione attuale, pur erodendola, non comporta necessariamente il declino della pratica religiosa, piuttosto la fine di una fede accettata naturalmente da tutti, condivisa semplicemente, sostituita da un percorso di vita che rispecchi l’autenticità di ciascuno, evitando di conformarsi ad un’istituzione o alla tradizione. È chiaro che il contesto culturale presta il fianco ad un’interpretazione ambigua della libertà. Con questa concezione di libertà dobbiamo tuttavia fare i conti. Ma non solo in senso negativo. Ogni credente vede anche il kairós, il tempo favorevole per educare ad una fede più consapevole e motivata, autenticamente vicina al cuore e agli affetti, più sentita, radicata, irrinunciabile.

 

LA FEDE RISCOPERTA A PARTIRE
DA FIGURE DI TESTIMONI

Solo una fede del genere è in grado di resistere nel contesto attuale, plurale e secolarizzato; è la fede testimoniale, che ha generato in passato, e può generare ancora oggi, cristiani saldi.

 Il grande intellettuale cattolico francese Emmanuel Mounier scriveva già nel 1946, ben più di settant’anni or sono: “Il cristianesimo non è minacciato di eresia: non appassiona più abbastanza perché ciò possa avvenire. È minacciato invece da una specie di silenziosa apostasia provocata dall’indifferenza che lo circonda e dalla sua propria distrazione”.
Ci sono gli elementi oggi per affermare in maniera più certa di Mounier la fuoriuscita da una forma storica del credere. Un discernimento attento, però, deve metterci al riparo da una lettura strabica della realtà, che vede solo quello che scompare o viene meno, e non quello che nel frattempo affiora come possibilità nuova per la fede: una rinnovata domanda di spiritualità, il desiderio in molti adulti di riscoprire la propria fede, con un’adesione al Vangelo che è sempre meno un atto di conformismo sociale e sempre più scelta profonda.

Siamo in una società dalle molte opzioni, e la scelta della fede avverrà sempre meno per convenzione, e sempre più per convinzione. In questa sfida la fede cristiana può ancora e di nuovo fiorire.

DALL’ENCICLICA LUMEN FIDEI ALLE CATECHESI
Papa Francesco:“La nostra fede ha vinto il mondo”“La fede è un dono da chiedere. Non è un salto nel vuoto o un’illusione”, ma una luce “capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo”. Alla fede Papa Francesco ha dedicato la sua prima enciclica Lumen Fidei, oltre a numerose catechesi. “Essa ci richiede due atteggiamenti: confessare e affidarci - ha spiegato il pontefice - Confessare Dio, che si è rivelato a noi, dal tempo dei nostri padri fino ad ora, il Dio della storia. Lo diciamo nel Credo, che va recitato dal cuore, non solo ripetuto. Confessiamo la nostra fede! E custodiamola tutta, com’è arrivata a noi per la strada della tradizione. Ma come sapere se confesso bene la fede? C’è un segno: diventiamo capaci di adorare Dio. Noi sappiamo come chiedere a Dio, come ringraziarlo ma adorarlo, lodarlo è di più! Soltanto chi ha fede forte è capace di adorazione. E poi affidarsi: San Paolo, in un momento buio della sua vita, diceva: ‘Io so bene a chi mi sono affidato’. Al Signore Gesù! Questo ci porta alla speranza.Tanti cristiani hanno una speranza annacquata, debole. Ma affidandoci a Lui, saremo cristiani vincitori. E questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede!”. E in un’altra omelia ha aggiunto: “Talvolta il dubbio può investirci. Ma è anche segno che vogliamo conoscere meglio Gesù e il mistero del Suo amore per noi. Questi dubbi fanno crescere, ma vanno anche superati: con l’ascolto della Parola di Dio, la catechesi e la fede vissuta nell’amore per gli altri. Non facciamo della fede una teoria astratta, facciamone la nostra vita, nel servizio ai più bisognosi. Allora tanti dubbi svaniscono perché sentiamo la presenza di Dio. La grande certezza per uscire dal dubbio è l’amore di Dio, che mai fa retromarcia col suo amore, va sempre avanti. Abramo, nella notte del dubbio venne condotto da Dio fuori dalla tenda, in realtà fuori dalle sue visioni ristrette, per vedere con gli occhi della fede. Le stelle per Abramo, promessa della sua discendenza numerosa, diventano il segno della fedeltà di Dio”. P.I.