SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

“Vicino ai sofferenti con il Vangelo della vita”

È stato il primo sacerdote in Italia a dedicarsi 24 ore su 24 ai reparti covid. Oggi che l’incarico è limitato ad una parte della giornata, il suo sostegno resta importantissimo. Ecco come don Marco Galante, al pari degli altri 1.200 cappellani in Italia, conforta e dà speranza a malati, medici, infermieri e famiglie. Anche solo con gli occhi
9 Aprile 2021
Testi e foto di GIOVANNI PANOZZO / AGENZIA ROMANO SICILIANI (ritratto don Angelelli)
Don Marco Galante è un sacerdote che disarma per la sua schiettezza. La sua nomina a cappellano dell’ospedale ‘Madre Teresa di Calcutta’ di Schiavonia (Padova), voluta 6 anni fa dal suo vescovo di allora Antonio Mattiazzo, lo ha salvato “come uomo e come prete” confessa con semplicità. Poi a novembre scorso col vescovo Claudio Cipolla la decisione di passare un periodo a tempo pieno in quell’ospedale. Per alcune settimane è rimasto in corsia 24 ore al giorno, oggi ridotte ad alcune quotidiane. Tutti, poco più di un anno fa, avevamo sentito parlare di questo presidio sanitario: è stato il primo ospedale Covid in Italia, prima linea della zona rossa a Vo’ Euganeo. Un centro talmente moderno da sembrare un aeroporto, nel quale il rischio di sentirsi soli, forse proprio per questo, è ancora maggiore.
Ma camminare con don Marco per i corridoi del nosocomio fuga presto ogni timore: è un continuo fermarsi per un sorriso, un tocco di gomito, uno scambio di parole che denotano la sua complicità con le persone. A volte si finisce con una risata, altre volte con un silenzio o con uno sguardo che cerca e dà speranza.
Poi c’è la vestizione, nella sala oltre la quale comincia la zona interdetta a tutti i sani e a coloro che non sono operatori sanitari abilitati all’ingresso nelle terapie intensive. L’operazione può durare anche un quarto d’ora, perché richiede un doppio strato che deve ricoprire tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Una premurosa assistente lo saluta, gli apre la porta del reparto Covid e gli dà l’arrivederci. Lui fa il segno della croce, sulla soglia del lungo corridoio da dove gli operatori già gli sorridono e inizia a incontrare i malati nelle loro camere.

Quando uscirà di lì, qualche ora dopo, sarà sudato e stanco, ma sorridente.
“Questa esperienza mi sta insegnando moltissimo –confida al termine del suo turno- La cosa più importante me l’ha ricordata un malato, qualche giorno fa. Col poco fiato che aveva nei polmoni mi chiede di dargli aria. Aria, proprio così. E come facevo io a dargli aria? L’unica cosa che sono stato capace di fare è stato chiamare un’infermiera, che per fortuna ha capito in un istante che cosa occorreva e ha attivato la ventilazione di cui quella persona aveva bisogno. In quel momento mi sono sentito impotente, ma ho percepito anche con chiarezza che da solo non posso arrivare dappertutto. Nessuno di noi può, perché siamo creature, non siamo il Creatore”.
“Se la pandemia servirà a ricordarci quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri, e che spendendoci nel servizio reciproco ritroviamo veramente la vita, forse ne usciremo più ricchi e saggi di come siamo entrati. A me –conclude don Marco– ha insegnato che il dolore è una parola di Dio”.

 

 

IN PRIMA LINEA

Preti per sempre, un libro li ricorda

“Storie stra-ordinarie di chi ha dato la vita e di chi non si è arreso”. Così recita il sottotitolo del volume di Riccardo Benotti  (edizioni San Paolo, 2021) che raccoglie le testimonianze dirette e le storie di alcuni dei 206 sacerdoti diocesani che dal 1° marzo al 30 novembre 2020 sono morti a causa del Covid-19, servendo il popolo di Dio loro affidato. Un viaggio dal Nord al Sud per rendere noti a tutti nomi, volti e soprattutto azioni di questi uomini di Dio. Alcune storie sono raccontate in modo più ampio, come quella del cappellano del carcere di Bergamo, don Fausto Resmini, che ha contratto il virus per restare accanto ai  più fragili, o di don Silvio Buttitta, compagno in seminario di don Pino Puglisi, che in 60 anni di sacerdozio ha cresciuto intere generazioni delle borgate di Palermo. Di ciascuno però almeno una scheda sintetica perché non se ne perda la memoria. La prefazione è del cardinale vicario di Roma, Angelo De Donatis, la presentazione del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei. S. P.