Testi di FRANCESCO LALLI
foto EMANUELA BONGIOVANNI/MAURIZIO COGLIANDRO / LISA MANFRÈ
Non è facile diventare la fontana spirituale del nuovo “villaggio”, quando si tratta di quartiere di nuova espansione urbana, una distesa di comprensori e palazzine, con pochi servizi, decine di gru che non lasciano modo alla dimensione umana di emergere e alle persone di radunarsi. È il caso della parrocchia San Giovanni XXIII, a Mezzocammino, dove Roma non è ancora Ostia, ma il soffio del mare già raggiunge la faccia di chi sa coglierlo.
“Quando sono arrivato qui nel 2006 – ricorda il parroco, don Vittorio – c’erano solo 95 famiglie. Celebravamo la Messa sul marciapiede sperando che la pioggia non ci sorprendesse” oggi quelle famiglie sono diventate quasi 5.000 e il quartiere si è trasformato in un dormitorio borghese composto perlopiù da giovani e coppie con bambini.
“Nel 2007 arrivò il prefabbricato in cui siamo tuttora – continua don Vittorio – donato dal Consorzio unitario Torrino-Mezzocammino: 220 metri quadrati freddi d’inverno e bollenti d’estate, che comunque allora furono una benedizione. Oggi però stanno strettissimi ad un territorio parrocchiale di 220 ettari”.
Una storia iniziata dal niente e cresciuta come i palazzi che tutt’attorno spuntano come funghi, diventata sfida pastorale: “L’obiettivo è far crescere contemporaneamente due semi. Una realtà missionaria del tutto nuova e una di carità giovane – prosegue don Vittorio – La mia idea è che i parrocchiani possano contaminarsi con la realtà del disagio, imparando l’umiltà in una parrocchia senza barriere”.
Un disagio sia psicologico che materiale, nonostante le apparenze di zona medio borghese: il servizio Caritas funziona ininterrottamente tutto l’anno distribuendo alimenti e altri generi di conforto. Ed uno sportello psicologico è aperto tutti i lunedì per fronteggiare problemi che vanno dalla depressione alla droga, dall’autismo alla disgrafia. “Siamo una parrocchia giovane – spiega Lisa Manfrè, incaricata parrocchiale del sovvenire e responsabile della pagina Facebook della parrocchia seguita da 800 persone – con centinaia di bambini coinvolti in attività che vanno dalla pallavolo al cineforum, circa 600 fedeli impegnati, e migliaia di partecipanti alle Messe domenicali, spesso costretti ad ascoltarle fuori dall’edificio incapace di contenerle. I social ci aiutano a raggiungere tutti, sia per diffondere le iniziative (dall’oratorio alla radio, dalla corale alla maratona), sia per far conoscere le esigenze materiali della parrocchia”. Esigenze moltiplicate con l’aumento esponenziale dell’urbanizzazione di questo quadrante.
“Le Offerte per il sostentamento del clero sono preziose e sono grato a tutti i fedeli italiani – spiega il parroco – ma un quartiere popoloso come questo meriterebbe un investimento di risorse anche per le attività ordinarie. Tuttora abbiamo solo tre stanze per il catechismo che, vista l’affluenza di ragazzi, viene ospitato anche nella sala da pranzo dei sacerdoti. Così come il cineforum: funziona nello stesso spazio dove viene celebrata la Messa, dopo aver tolto l’altare, che è mobile”.
Sulla collina davanti al prefabbricato spicca una croce di legno conficcata nella terra come un punto di domanda. È lì che dovrebbe sorgere un giorno una chiesa vera e propria lungamente attesa. Ma intanto la comunità dà una testimonianza vitale: “Puntiamo soprattutto sui giovani – riprende don Vittorio – che hanno voce in capitolo nel nostro progetto pastorale e rappresentano il futuro. E poi sui tanti volontari che prestano il proprio servizio per la ‘Casa S. Anna Onlus’ che gestisce 7 abitazioni-rifugio per donne sole, uomini separati e giovani migranti”. Un invito ad uscire dalle comode stanze della sola catechesi per entrare in un mondo in cui chi ama, dona con gioia.