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della Conferenza Episcopale Italiana

Testimone del Vangelo, profezia in terra d’Africa

«Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» è il tema scelto da Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale 2021. La storia di don Giovanni Piumatti, missionario in Africa per quasi 50 anni, lo incarna alla perfezione
2 Settembre 2021

di Miela Fagiolo D’Attilia - Le pagine Sacerdoti nel mondo sono realizzate in collaborazione con la Fondazione Missio

«In 50 anni di missione sono stato testimone di pagine di storia e di vita quotidiana in mezzo alla gente. Mi sento debitore per il dono ricevuto: mi porto dentro un grande bagaglio personale che voglio condividere per comprendere l’attuale situazione del continente». Don Giovanni Piumatti, classe 1938, è un fidei donum rientrato nella sua diocesi di Pinerolo da circa un anno.
“Testimoni e profeti”, lo slogan della Giornata Missionaria Mondiale 2021 (in calendario domenica 24 ottobre), sembra cucito su di lui: testimone di drammi e ricchezze d’Africa, profeta della Parola annunciata alle genti con la sua stessa vita. «Dobbiamo restituire tanto all’Africa, per tutto quello che le è stato tolto in termini di sfruttamento delle risorse della sua terra generosa – dice –. Tocca a noi raccontare, dare voce a chi non ce l’ha e tirare le somme». Don Piumatti racconta con passione il suo impegno missionario, a partire dall’arrivo negli anni Settanta ad Uvira nel Sud Kivu dell’ex Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo (Rdc) all’epoca sotto il regime militare di Mobutu.
Il modello di evangelizzazione è Charles de Foucauld, spiega: «Con gli amici missionari andavamo in missione per condividere la vita della gente e per migliorarne le condizioni». L’occasione gli viene dall’incontro con monsignor Emmanuel Kataliko, allora vescovo di Butembo che lo invia nel Nord Kivu, nel villaggio di Lukanga in una parrocchia rimasta senza sacerdoti.

«Qui la popolazione aspettava l’arrivo di un pastore. Nel 1974 la situazione non era come oggi, sotto la dittatura di Mobutu nei villaggi c’era una specie di pax romana, una certa tranquillità. Malgrado le restrizioni eravamo riusciti a realizzare un piccolo ospedale col dispensario, una officina meccanica, una turbina idroelettrica. Strutture per migliorare il livello di vita della gente». Ma intanto la situazione cambia rapidamente in seguito al genocidio in Rwanda, l’afflusso di rifugiati e le azioni di guerriglia al confine. Alcune famiglie si trasferiscono nella foresta per fondare un nuovo villaggio, come ricorda don Piumatti: «Abbiamo deciso di fare come Abramo, abbiamo messo in pratica la Bibbia e siamo partiti. È nato il villaggio di Muhanga, nella zona in cui vivevano i cercatori d’oro. Il Nord Kivu è l’emblema della ricchezza dell’Africa: coltan, cobalto e oro sono dovunque, oggetto di speculazioni internazionali».
Dopo il 2000 la zona comincia ad essere infestata dalla violenza di gruppi di ribelli in lotta uno contro l’altro». Una situazione che continua nell’indifferenza dell’Occidente che si ricorda del dramma della Rdc in rare occasioni come per l’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio lo scorso febbraio; una persona speciale che don Piumatti ricorda come «un giovane entusiasta che amava l’Africa, si mescolava con la gente, si sporcava le mani. Per qualche settimana dopo la sua morte si è parlato del dramma della Rdc, poi silenzio anche se di agguati in quella zona ce ne sono almeno due a settimana con morti e feriti».
Ora che vive nel Seminario in cui aveva studiato da giovane, l’Africa è sempre più grande dentro di lui: «L’Africa è essa stessa profezia in questo mondo, il Nord Kivu non è solo uno scrigno di materie prime, è una miniera di umanità».

 

 

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