Si sentono storie di perdono inverosimili oggi in Colombia. Anche a Cali, crocevia del 70% della cocaina destinata a Usa ed Europa. Se tutti sanno di William Jiménez, promessa del ciclocross, ucciso a 14 anni per rubargli le scarpe da ginnastica, è perché suo padre José decise di pagare gli allenamenti nello stesso sport al figlio dell'assassino, nel velodromo che oggi di William porta il nome, «perché il ragazzo sapesse di non avere colpe e non prendesse la strada della violenza. So chi fu a spararmi per rubarmi l'orologio - ha testimoniato Alvaro Herrera, 48 anni, paralizzato da quel giorno - ma non lho denunciato, perché nessuno sa davvero che cosa spinge chi è senza opportunità a gesti come questo. Piuttosto mi dedico al recupero dei ragazzi di strada. E spesso lo incontro lì. Edison, 59 anni, dopo un percorso sulla riconciliazione con i sacerdoti dell'arcidiocesi di Cali, ha confessato ad Olga, una 28enne del quartiere Mojica, che era stato lui a sequestrarla quando era volontaria per il censimento, nella zona controllata dai guerriglieri dell'ELN. «Ho chiesto perdono a lei, a Dio, alle nostre famiglie e a tutti quelli a cui ho fatto del male». Olga in un incontro pubblico lo ha abbracciato.
Il 2015 per la Colombia sarà l'anno della pace? I cittadini disumanizzati da 50 anni di delitti da parte di guerriglieri (Farc e di altre sigle), narcos e paramilitari, assistono con distacco alla prima tregua unilaterale e ai negoziati, in maggioranza contrari alla soluzione politica per i miliziani e inermi di fronte all'impunità per lesercito. Quell'eredità si vede oggi dal tasso di omicidi urbani e dalla violenza in famiglia: con il 75% di armi leggere in mano ai civili, è saldamente della Colombia il record mondiale di vittime delle small arms. La foresta pluviale nasconde ancora oltre 5mila sequestrati. Con il narcotraffico il Paese è tra i primi venti importatori darmi al mondo (specie da Usa ed Europa, Italia compresa). E in una terra di ferro il commercio langue, cresce l'emergenza alimentare. Magari si moltiplicano le speculazioni (minerarie e ambientali) ma arrivano pochi investimenti. La Chiesa lavora nelle favelas, con le famiglie e nelle scuole per riedificare dopo il conflitto perpetuo. L'arcidiocesi di Cali ha aperto un Vicariato per la riconciliazione (sostenuto dall'8xmille). E la sua campagna Per la pace di che cosa sei capace? ha già interpellato migliaia di cittadini. Preti come don José Gonzàlez (Colombiano dell'anno per il quotidiano El Espectador, che fu il giornale di Gabriel Garcia Màrquez) annunciano il Vangelo insegnando da capo il valore sacro di ogni vita. Don José richiama adolescenti delle gang, famiglie a libro paga dei narcotrafficanti o sfigurate dalla violenza domestica. Scuote gli onesti indifferenti. «La pace si ottiene lavorando con il nemico per convertirlo in un fratello» dice citando Nelson Mandela e il suo modello di riconciliazione nazionale.
«Chiedo a ciascuno di essere il cambiamento che vorrebbe vedere in Colombia». La Chiesa istruisce nelle strade e con le radio cattoliche. Come goccia sulla roccia, insegna a cambiare abitudini per cambiare il destino. A non moltiplicare il dolore mettendo se stessi al centro, ma a progettare per tutti un'economia non più fondata sulle estreme disuguaglianze. («La povertà non è una condizione naturale degli esseri umani, ma un'imposizione sociale» ricorda un opuscolo dell'Arcidiocesi). Prepara quello che la Colombia - che ebbe il primo parlamento dell'America latina- non ha mai visto: una vera democrazia. Intanto chi vive nei Balcani delle Ande chiede concretezza e diritti: solo il 5% dei colombiani, secondo un recente sondaggio, considera importanti gli accordi di pace in corso con le Farc, rispetto a disoccupazione, sicurezza, qualità della sanità, contrasto alla miseria e istruzione.
Per molti soltanto la fede può riaprire il futuro. O per dirla con le parole dell'arcivescovo di Cali Dario de Jesùs Monsalve «la riconciliazione è iniziativa di Dio. Lui in suo Figlio Gesù Cristo, morto e risorto, ci ha riconciliato e ci chiama ogni giorno a vita nuova».
CON LE NOSTRE FIRME
Contro la violenza progetti sociali
Dal 1990 ad oggi in Colombia la Chiesa italiana con l'8xmille ha sostenuto 438 progetti, per complessivi 58 milioni di euro. Dall'invio di missionari ai centri di formazione agricola (che hanno riconvertito piantagioni di droga o ripristinato terre abbandonate a causa della guerra), dall'alfabetizzazione ai corsi d'informatica, borse di studio in medicina e istruzione per gli indigeni in Amazzonia. Nelle favelas centri educativi per la gioventù in difficoltà, scuole della pace. E ancora biblioteche popolari e formazione dei maestri, avvio di imprese familiari, aiuti agli sfollati del conflitto. Dopo il terremoto del 1999 ha contribuito alla ricostruzione. (E.P.)