Si chiamano fidei donum (in latino “dono di fede”), sacerdoti che le diocesi italiane inviano ogni anno in terra di missione. Dall’Italia ne sono partiti circa 400. Tra questi c’è don Pietro Parzani, 36 anni e originario di Brescia, che nel 2018 viene prestato alla Diocesi di Inhambane, nel sud Mozambico. Oggi è parroco a Mapihnane e guida i giovani seminaristi durante il loro anno propedeutico. «È sempre stato un mio desiderio vivere un’esperienza missionaria – racconta il sacerdote – così appena il vescovo di Brescia mi ha convocato, ho subito accettato. Ho accolto questa missione con entusiasmo e desiderio. Arrivato sul posto, però, mi sono accorto che non è sempre facile passare dalle priorità di una parrocchia italiana alle difficoltà di un contesto segnato da profonde povertà. Resta il fatto che arrivi in una Chiesa che ha già la sua storia e tu sei chiamato solo a servirla».
Quello del Mozambico è un popolo che ha molto sofferto, colonizzato fino al 1975 e reduce da una guerra durata trent’anni, in una terra ricchissima di materie prime. Don Pietro e la sua comunità devono scontrarsi ogni giorno con diverse emergenze, tra cui la più importante è quella idrica. «Qui a Mapihnane non ci sono molti fiumi e l’Oceano è distante circa 50 chilometri. Per noi italiani sembra impensabile non avere l’acqua corrente in casa, qui invece è normale che la gente percorra grandi distanze ogni giorno per rifornirsi di questo bene essenziale. Fare pozzi con pompe automatiche non conviene perché i cittadini non potrebbero pagare il carburante per alimentare i generatori e anche l’utilizzo dei pannelli solari è sconsigliato perché potrebbero essere rubati. L’unica soluzione è quella di investire sulle pompe manuali».