SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

«Padre, non abbiamo più niente in casa»

4 Novembre 2020
La pandemia sta rendendo un ottimo favore ai ricchi e un pessimo servizio ai poveri. Tante persone, soprattutto nel nostro Sud, vivono alla giornata. Lavorano in nero, sfruttate e maltrattate. Lo sapevano tutti, società civile, mondo dell’imprenditoria e della politica, ma tutti fingevano di non saperlo. Si “arrangiavano” da sole, si accontentavano di poco. Ristrette negli orribili quartieri popolari dove da sempre la camorra trova il terreno fertile per le proprie roccaforti, non davano fastidio. Sembrava che vivessero di aria. Unico appiglio su cui poter contare: la Chiesa. Abituati ad inchinarsi, a parlare con voce sommessa, a chiedere per favore ciò che spettava loro di diritto. Le loro giornate lavorative non avevano orari, erano programmate secondo le commesse. Quando si lavorava fino a tarda sera, non succedeva niente, quando il lavoro scarseggiava, si guadagnava di meno, fino ad essere licenziati senza preavviso in caso di necessità. Sempre precarie, sempre sul filo del rasoio, abituati a vivere alla giornata. Ma si viveva. La tavola, magari senza carne e senza frutta, ogni sera veniva comunque apparecchiata. Negli anni passati, quando migliaia di volontari misero in evidenza che la lotta alla Terra dei Fuochi non sarebbe stata vinta senza prendere di petto il dramma del lavoro nero, si sentirono dilaniate tra il diritto alla salute e la paura di perdere il lavoro. I loro datori ce l’avevano a morte con chi si era permesso di accendere i riflettori su uno scempio che pur essendo sotto gli occhi di tutti, riusciva a passare quasi inosservato. I roghi tossici, che abbiamo respirato per anni, erano solo l’ultimo atto della filiera del lavoro nero. Poveri sì ma dignitosi, erano riusciti a tener fronte agli inviti dei rivenditori di morte, che si sono arricchiti col traffico di droga e l’usura. Da questi venivano derisi, quando all’imbrunire quasi di nascosto uscivano dalla chiesa con i pacchi alimentari. Adesso come tutti sono rinchiusi in casa ad aspettare che passi la bufera. La fame però non è meno pericolosa del virus. Assunta è una donna meravigliosa, come tanti sembra vivere di niente, tutta dedita alla famiglia. Ha fatto salti mortali. Ma sempre è riuscita ad assicurare il pane ai propri cari, tra cui i nipoti che sua figlia gli ha portato in casa dopo la separazione dal marito. Mi telefona piangendo: “Padre, non abbiamo più niente in casa...”.  Conosco bene Assunta, so che non esagera, e dice che non hanno niente, vuol dire che non hanno niente. Ai poveri è rimasta la Chiesa, la Chiesa di Gesù, la Chiesa di Francesco, la loro Chiesa. Benedetta Chiesa con le porte sempre aperte e il cuore sanguinante. Ad Assunta e alla sua famiglia almeno per adesso ci penserà la Chiesa, fino a quando non lo so. Nessuna burocrazia, nessun modulo da compilare, nessuna prova da portare. Il pastore conosce le sue pecore. Ci sono giorni in cui le chiacchiere inutili diventano peccato, quando bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Le famiglie che stentano a tirare avanti sono veramente tante. Occorre pensare a loro ora che sono più fragili. Diana e Ivan, giunsero dall’Est qualche anno fa. Rispettosi ed educati, anche se lavoravano alla giornata. L’altra sera li ho visti rovistare nella spazzatura. Pioveva, erano bagnati, stremati. Ho provato una profondissima vergogna. Il flagello che c’è sta sferzando senza pietà. Bisogna far presto e correre a dar loro una mano prima che la fame li costringa a fare guai.​ Contro l’invisibile nemico una delle poche armi certe è la prevenzione. Beati coloro che in questo triste tempo hanno un lavoro sicuro, una casa ampia. Beati coloro che possono permettersi specialisti privati, medicine e tamponi a pagamento. E i poveri? Come faranno? Gli abitanti dei minuscoli appartamenti nelle immense periferie urbane, dove potranno isolarsi per eventuali quarantene? Siamo tutti nella stessa barca è vero, ma non tutti occupiamo i posti più sicuri. La maggior parte dei naufraghi è stata accalcata in angoli angusti dove alla prima ondata anomala saranno scaraventati in mare. Questa sciagura ci è cascata addosso e non ci renderà automaticamente migliori. Da quella del 1918 i nostri antenati impararono ben poco se solo pochi anni dopo tornarono ad accapigliarsi e uccidersi. Nessuno venga lasciato indietro. Chi dalla vita ha ricevuto di più non rinunci alla gioia e alla soddisfazione di dare di più. In tutti i sensi, in tutti i campi. 
Don Maurizio Patriciello Caivano (Napoli)