a cura di DON EZIO BOLIS
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Quest’anno, lo scorso 21 maggio, i fedeli hanno assistito alla prima celebrazione. Ma da ora in poi, ogni anno, il Lunedì di Pentecoste, la Chiesa Cattolica di rito latino celebrerà la memoria liturgica di Maria Madre della Chiesa. L’ha stabilito un decreto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, firmato lo scorso 11 febbraio, auspicato e approvato da Papa Francesco.
La memoria è stata inserita in tutti i calendari e i libri liturgici per la celebrazione della Messa e della Liturgia delle Ore. Già nel 1980, per volere di Papa San Giovanni Paolo II, nelle Litanie lauretane Maria è venerata come Madre della Chiesa. Fu Paolo VI, il 21 novembre 1964, a conclusione della 3ª Sessione del Concilio Vaticano II, a dichiarare la Vergine «Madre della Chiesa» e a stabilire che «l’intero popolo cristiano rendesse sempre più onore alla Madre di Dio con questo soavissimo nome».
Questo titolo ha radici evangeliche. L’evangelista Giovanni (19, 26-27) ritrae Maria ai piedi della Croce: Cristo le affida il discepolo prediletto, dicendo: «Donna, ecco tuo figlio!». E a lui dice: «Ecco tua madre!». Con queste parole il Signore ha voluto che Maria si prendesse cura di ogni suo discepolo come madre; e ha chiesto che tutti i discepoli nutrissero un legame filiale con Maria. Ella inizia la sua missione materna già nel Cenacolo, quando prega con gli Apostoli in attesa dello Spirito Santo (At 1,14). La Chiesa della Pentecoste, animata dallo Spirito del Risorto, cammina nel tempo sotto la premurosa guida materna di Maria.
Fin dai primi secoli i cristiani hanno percepito lo stretto rapporto che unisce Maria alla Chiesa. L’hanno espresso diversi Padri della Chiesa antica, per esempio sant’Agostino e san Leone Magno. Il primo afferma che Maria è madre delle membra di Cristo, perché con la sua carità ha cooperato alla rinascita spirituale dei fedeli; l’altro dichiara che Maria è al contempo madre di Cristo e madre delle membra del suo corpo mistico, cioè della Chiesa, perché la nascita del Capo è anche la nascita del Corpo.
I Padri del Concilio Vaticano II, dopo lunghe discussioni, decisero di non produrre un testo riservato esclusivamente alla Vergine Maria, ma di inserirlo nella costituzione sulla Chiesa, Lumen gentium. Benché approvata con una stretta maggioranza, è stata provvidenziale perché ha permesso di integrare meglio il mistero di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Nel passato, la devozione popolare spesso si concentrava sulla persona singola di Maria. Questo approccio ostacolava però il dialogo ecumenico e suscitava seri problemi dal punto di vista biblico e liturgico.
Il Concilio afferma invece che Maria, in tutta la sua missione, ha agito come rappresentante del popolo di Dio che diventerà la Chiesa. La maternità spirituale di Maria è la piena realizzazione della maternità della Figlia di Sion; ella diventa così l’immagine concreta, l’archetipo, della Chiesa-Madre.
L’uso di questo titolo non solo ha consentito di elaborare una mariologia meno isolata, ma ha propiziato anche la riscoperta del «volto mariano della Chiesa», per usare le parole del teologo Hans Urs von Balthasar.
Per il Vaticano II Maria è «figura della Chiesa» (LG 63), modello, specchio. Questo si può comprendere in un duplice senso: anzitutto perché riflette la luce che ella stessa riceve, come fa uno specchio con la luce del sole; poi perché in essa la Chiesa può e deve “specchiarsi”, cioè guardarsi e confrontarsi per comprendere come possa piacere al Signore.
Nell’esortazione apostolica Marialis cultus, del 1974, Paolo VI indicava alcune conseguenze che scaturiscono dal legame di maternità che unisce Maria alla Chiesa. Dalla Vergine la Chiesa impara come celebrare e vivere i divini misteri: con venerazione profonda, ardente amore, fiduciosa invocazione, operosa imitazione, commosso stupore, studio attento (MC 22). La comunità cristiana proclama Maria Madre della Chiesa non per esaltare se stessa, ma per ascoltare Dio che in Maria parla alla Chiesa e a ciascun credente.