I binari del treno sembrano quasi perdersi tra i campi che non hanno ancora vissuto la mietitura. Poi la strada compie una larga curva e improvvisamente ecco davanti a noi la ferrovia. Un treno viene in senso inverso al nostro e così, qualche chilometro più avanti, siamo costretti a fermarci ad un passaggio a livello. Aspettiamo: un locomotore verde, una stella rossa sotto i finestrini del macchinista; poi un secondo locomotore attaccato al primo e dietro una quindicina di vagoni. Karaganda non è poi così lontana: si vedono le piramidi di carbone delle miniere e le torri di lavorazione.
Da Astana, la nuova capitale del Kazakistan, ci siamo mossi (io, il teleoperatore Rai e un interprete russo) con un obiettivo ben preciso: andare a cercare nella regione i resti di quei 22 campi del sistema rieducativo,comevenivano chiamati dalle autorità sovietiche e da Stalin i gulag, raccontati magistralmente dal premio Nobel Aleksandr Solzenicyn.Ma il viaggio ci riserva unaltra sorpresa: lincontro con un sacerdote italiano fidei donum della diocesi di Milano. DonGiuseppe ci racconta il suo lavoro con i giovani della città. È stato il vescovo cattolico di qui a chiedere un collaboratore capace di lavorare con i ragazzi, dopo la Giornata mondiale della gioventù, svoltasi nel 1991 a Czestochowa in Polonia.
Non è lunico sacerdote diocesano italiano fidei donum che incontro durante i miei viaggi al seguito di Giovanni Paolo II, prima, e di Benedetto XVI oggi. Il primo in assoluto è un sacerdote che trovo a Asmara, nei giorni della grande siccità e del conflitto tra Eritrea e Etiopia. Lidea del viaggio era di raccontare come venivano distribuiti gli aiuti italiani per le popolazioni. A Keren tra le capanne, misere costruzioni fatte di rami secchi come pareti e una lamiera come tetto, trovo un sacerdote toscano che lavora con la Caritas e aiuta questi profughi, condivide con loro le giornate, collabora con un medico per dare assistenza e le prime cure ai tanti che si rivolgono allinfermeria. Un altro continente, altre storie da raccontare. Nelle Filippine tra missionari del Pime e Canossiani incontro un sacerdote veneto anche lui fidei donum. È don Lorenzo, vice parroco nella parrocchia di San Paolo a Tondo, un quartiere periferico costruito nei pressi e, in parte, proprio sopra la smokey mountain, la montagna di rifiuti della capitale filippina. Lui non è che il testimone in carne ed ossa degli aiuti che dalVeneto arrivano a padreGiovanni, il parroco, missionario di Schio, in provincia di Vicenza.
La solidarietà della terra natale ha permesso la costruzione di un ambulatorio che funziona tutti i giorni dalla mattina alla sera, e, spesso, anche di notte. Poco distante un piccolo locale dove si preparano gelati: le macchine sono state donate dai maestri gelatai vicentini, la materia prima viene dallItalia. I gelati integrano una dieta povera di proteine e calorie.
Insomma, ovunque nel mondo, compito dei sacerdoti italiani è di aiutare i giovani a costruirsi una vita diversa. Piccoli grandi miracoli della solidarietà, che possiamo sostenere con le nostre offerte.