SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Le opere all’estero che vedremo
nella campagna tv 2018

A Betlemme le nostre firme hanno significato calore e dignità per gli anziani. A Kaolack, 190 chilometri a sud-est della capitale Dakar, l’istruzione è ancora una sfida
19 Aprile 2018

TERRA SANTA

Vicino al cristiani d’Oriente,
“così assistiamo i più vulnerabili”

Sono la memoria della Terra Santa, ma per gli anziani nell’Autorità palestinese non esiste welfare, né sistema pensionistico, né assistenza medica pubblica. L’unica opera che li sostiene è quella dei frati francescani di Betlemme. “Sono i più vulnerabili, bisognosi di cure e medicine, ma del tutto a carico delle famiglie, molte delle quali in ginocchio per la disoccupazione. Di fronte ai numerosi casi di abbandono siamo intervenuti – spiega Vincenzo Bellomo della Società Antoniana – Accogliamo i più poveri con mensa, acquisto di farmaci e apparecchiature mediche, quando serve un intervento chirurgico, assicurando loro calore e dignità. I beneficiari sono principalmente cristiani, ma anche musulmani”. Succede l’inverso però per altre opere di misericordia destinate alle fasce deboli della città, donne e bambini: “ad esempio, alla scuola materna gli alunni sono in maggioranza islamici. Nella quotidianità tra le due confessioni i rapporti sono abituali: i nostri operatori sono per lo più musulmani e seguono i malati con dedizione e professionalità”. Con loro  le suore della Società Antoniana, che dal 1913 a Betlemme dedicano la vita a persone di cui nessuno più si cura.
“Anche il farsi carico dei dimenticati è una particolarità della presenza cristiana nei luoghi storici di Gesù” spiegava padre Pierbattista Pizzaballa, storico Custode di Terra Santa e presidente ATS, nominato poi arcivescovo amministratore apostolico di Gerusalemme e a cui è succeduto il trentino padre Francesco Patton.
Quanto ai bambini di Betlemme, per loro è stato ricostruito il parco giochi del centro parrocchiale, collegato a borse di studio, corsi di informatica, doposcuola, integrazione dei minori con difficoltà di apprendimento, prevenzione della violenza domestica, così come con gli interventi per il rafforzamento delle donne. Per queste ultime sono nate opportunità di lavoro: ad esempio la produzione e vendita di farina per la pita (focaccia di pane) tipica di Betlemme con il marchio di Beit Sahour, il luogo dei biblici campi di Boaz, citati nel libro di Ruth. O i corsi per un’alimentazione sana.
L’8xmille ha sostenuto il programma triennale “Le donne, i giovani e gli anziani: sosteniamo i più deboli di Betlemme” dell’ATS (Associazione Terra Santa) con 283 mila euro. Sullo sfondo il costante calo demografico delle comunità cristiane attorno a Gerusalemme, con continue dismissioni di proprietà da parte dei cittadini cristiani e spopolamento per la crisi economica. L’azione dell’ATS mira a salvare l’impronta cristiane e i luoghi delle origini, rafforzando i legami tra cattolici d’Oriente e d’Occidente. E.P.

 

SENEGAL
“In classe costruiamo la pace”,
cinquecento bambini ora possono studiare

Una scuola parla di futuro. Ha ricevuto fondi 8xmille per 105 mila euro la materna ed elementare delle Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore, a Kaolack: 500 scolari in una delle regioni più popolate del Senegal. Una risorsa in un Paese dove le materne sono rare e la scuola primaria è frequentata solo da 3 bambini su 4 (dati Banca mondiale). Nella giovane repubblica fondata nel 1960 da Léopold Senghor, uno dei maggiori intellettuali africani del XX secolo, dotandola di numerosi progetti culturali, oggi il sistema d’istruzione nazionale, gratuito fino all’università, è in forte difficoltà. Sono cronici mancanza di fondi, rinviii di responsabilità governo-insegnanti. All’avvio di ogni anno scolastico le classi sono per metà vuote: servono appelli dei leader religiosi perché le famiglie accompagnino regolarmente i bambini in classe, e non esiste un sistema di supplenti. Senza insegnante, gli alunni tornano a casa. La frequenza alle medie, a cui si accede con un esame, crolla al 20%. Numeri da brivido nel Senegal di oggi, dove l’età media dei 16 milioni di cittadini è 22 anni (42 anni in Italia), e i giovani sono l’80%. Il tasso di alfabetizzazione, è fermo al 60% tra i maschi under 24, e al 50% per le coetanee (fonte Onu). Lo Stato provvede solo in parte all’edilizia scolastica: mura ed equipaggiamento spesso dipendono da famiglie e comuni. Nel Paese per il 92% musulmano, è diffusa l’istruzione informale delle madrasse, le scuole coraniche dove si imparano a memoria le sure in arabo. I cattolici sono meno del 5%, e meno dell’1% a Kaolack, dov’è la scuola: 19 mila cristiani su 2 milioni di abitanti. Ma grazie ai fondi delle Chiese dall’estero sono nate scuole aperte a tutti, che spiccano anche per i risultati degli allievi. Oltre l’80% degli iscritti supera gli esami, a fronte di una media nazionale del 35%. “Aiutiamo i giovani a prendere in mano la loro vita. È una pedagogia della fiducia, che fa superare gli ostacoli, perché le cose possono cambiare” spiegano le insegnanti di Kaolack. In classe si impara la convivenza tra confessioni e culture del Senegal, dove si parlano 20 lingue, con wolof e francese idiomi veicolari. In Africa occidentale l’ondata di integralismo islamico ha scosso il tradizionale dialogo tra comunità,  ‘una mutazione epocale’ che sfrutta le promesse mancate ai giovani. Gli effetti sono attacchi sporadici alle chiese o intolleranza a bassa intensità, come il rifiuto di stringere la mano agli ‘infedeli’, propagandato sui social media. “L’incontro è nella tradizionale del Senegal ed è l’unica alternativa alla barbarie” ha detto l’arcivescovo di Dakar e Kaolack, mons. Benjamin Ndiaye. I cattolici senegalesi non a caso difendono il dialogo e l’accesso dei più poveri agli studi superiori. Nonostante oggi sia alta anche la disoccupazione intellettuale, l’istruzione è l’unica alternativa alle sirene dell’emigrazione. Che è una febbre. L’economia cresce ma è ancora per lo più agricola, il lavoro è raro. Fattore chiave  dello sviluppo, fino al 10% del pil, sono le rimesse degli emigrati. Per medicine, cibo, vestiti, anche per dare il nome ai figli si chiede a chi è all’estero. Per far partire i giovani le famiglie si indebitano e tremano: perché le prospettive di benessere sono sempre più volatili, e perché il viaggio verso l’Europa significa entrare nella ‘tana del leone’, in balia di schiavitù e violenza. “Il Senegal può progredire – insiste un insegnante – solo i giovani restano” . E.P.