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della Conferenza Episcopale Italiana

“L’antilope dimorerà con il leone”

La profezia della pace messianica di Isaia (11,9) con l’avvento dell’Emmanuele, è stata una delle prime immagini usate dal vescovo mons. Virgilio Pante per annunciare il Vangelo in Kenya, nel Mararal devastato dalla guerra. Con un esito sorprendente
11 Ottobre 2018

di ELISA PONTANI foto ANNALISA VANDELLI

Una gazzella accanto ad un leone. Era il 2001, e colpì l’immaginazione dei pastori nomadi del nord del Kenya lo stemma del nuovo vescovo di Mararal, l’italiano monsignor Virgilio Pante, missionario della Consolata. Ma era solo l’inizio. Bellunese di Lamon, 72 anni e prete da 48, alla costituzione della diocesi che aveva contribuito ad evangelizzare (220 mila abitanti, di cui oggi 40 mila cattolici) «scelsi il segno dell’avvento dell’era messianica ispirato al profeta Isaia – ricorda – Ma l’episodio si verificò davvero in diocesi tre mesi dopo». Dai media di Nairobi alla Bbc rilanciarono il filmato: una leonessa nella riserva di Samburu aveva “adottato” una piccola antilope oryx. Dormì con lei due settimane, difendendola dagli altri predatori, leopardi inclusi. La legge della savana alla fine prevalse, e un leone divorò il baby oryx mentre la leonessa dormiva. Ma all’episodio il governo del Kenya dedicò un francobollo. E in Mararal non ebbero dubbi: lo stemma del vescovo aveva anticipato il miracolo. «Al cuore della mia missione c’è la riconciliazione in Cristo, anche quando non c’è più speranza» dice il vescovo. Il grande mare semiarido del North District che gli è affidato, è stremato da violenze tra le tribù Samburu, Pokot, Turkana, Kikuyu per la proprietà di bestiame, pascoli e acqua. Tra siccità crescente (ogni 7 anni non piove per 2) e cambiamento climatico, il furto delle mandrie da un decennio è una guerra. Perché l’unica ricchezza è il ‘fruscio del bestiame’ rubato, il cattle rustling, kalashnikov alla mano.

 

L’abigeato, da pratica secolare legata ai riti di passaggio all’età adulta, con il contrabbando di armi in quest’area tra Somalia, Etiopia e Uganda nel 2012-14 ha fatto 580 morti secondo il governo (ma l’agenzia France Presse ne ha contati un centinaio in 4 giorni, a maggio 2015). Migliaia gli sfollati. Con Ak47 e M16, armi più letali di quelle della polizia, «in una notte possono distruggere un villaggio e rubare 500 mucche» spiega Pante. Secondo il governo di Nairobi oltre metà delle armi illegali nel Paese è in mano ai pastori, spesso minorenni, che sparano a vista. «Le nuove generazioni, quasi senza scuole –dice Pante – rischiano di non avere altra cultura che quella delle armi». La Chiesa ha risposto con piani di nutrizione per 120mila persone. Sementi, fertilizzanti e pannelli solari in un’area dove l’indice di povertà è al 74%, il doppio di Nairobi, e un bambino su 5 è malnutrito. Il vescovo ha aperto scuole dove i figli di tribù rivali studiano insieme e creato ’mercati comuni’ per il commercio tra nemici. E ancora l’unità mobile di primo soccorso (con 23mila euro dall’8xmille). Pilastro di pace anche i pozzi: “lì i nostri catechisti incontrano i pastori armati”. Il vescovo che ha donato a Papa Francesco la mitria di lana di capra tessuta da una vedova Samburu (la indossa nelle foto della Messa al Central Park di Nairobi nel 2015) dice: «Contro ogni speranza il bene trionferà sul male. Tra i miracoli di oggi c’è il dialogo tra presidente Kenyatta Jr e il leader dell’opposizione Odinga, per la prima volta dopo anni di scontri. Tutti segni che ci dicono il Signore sta lavorando nel mondo». Primizia di quando l’antilope dimorerà con il leone.