SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

“La fede, luce per i miei passi”

di Carla Fracci, étoile della danza e Beppe Menegatti, regista testi a cura di MARTINA LUISE foto di AGF CARLA FRACCI: La mia storia è cominciata in campagna, con i piedi ben piantati per terra. Nata a Milano, con la Guerra sono presto sfollata a Volongo, nel Cremonese, da mia nonna Argelide e sono cresciuta […]
11 Novembre 2019

di Carla Fracci, étoile della danza e Beppe Menegatti, regista
testi a cura di MARTINA LUISE foto di AGF

CARLA FRACCI: La mia storia è cominciata in campagna, con i piedi ben piantati per terra. Nata a Milano, con la Guerra sono presto sfollata a Volongo, nel Cremonese, da mia nonna Argelide e sono cresciuta a contatto con i contadini e il lavoro, che mi hanno insegnato rispetto e lealtà. Mesi gioiosi e giochi semplici: i maschi si arrampicavano sugli alberi e lanciavano i frutti giù a noi bambine che curvavamo i lembi delle gonne come ceste. E poi il gioco della campana: saltavo per ore, anche da sola, sulle caselle disegnate col gesso. La giornata finiva quando mia nonna davanti alla minestra di cereali recitava una preghiera di ringraziamento e mi raccomandava di soffiare sul cucchiaio per non scottarmi. Era una famiglia umile, ma non mi creava complessi avere pochi mezzi. Ero spensierata, correvo sempre. Ferma sono stata giusto per la foto della Prima Comunione, in gruppo con le mani giunte accanto al parroco don Gaetano Prati. A guerra finita, a Milano la vita cambiò: papà assunto come tramviere, mamma alla Innocenti come operaia. Io ero incontrollabile, marinavo la scuola per andare all’aria aperta. La danza per me erano i miei genitori che in un bar vicino casa ballavano il tango figurato: io ondeggiavo al ritmo della musica. Lì una sera la figlia di un orchestrale disse loro che magari potevano mandarmi alla Scuola della Scala, che allora era gratuita. Cominciò così. Nel mio percorso l’amore e la fede infuse dai sacerdoti mi hanno aiutato. Mi addormento ancora con una preghiera pensando alla mia famiglia, agli amici e ai miei cari che non ci sono più. E di fronte alla confusione di oggi, vorrei dire ai genitori che se saranno guide di fede, parlando subito di ciò che conta, i figli non perderanno mai l’essenziale. Prima di affrontare il palcoscenico ho sempre fatto il segno della Croce, perché mi affido completamente a Dio. Ed è così anche nella tensione verso l’aldilà che ci aspetta. La danza ha qualcosa della preghiera perché ci si dona completamente. E amo la tradizione, riferita anche nei Vangeli apocrifi, secondo cui Maria Bambina, entrando per la prima volta nel Tempio, danzò. Nella vita ho incontrato sia Papa Wojtyla che Papa Francesco, che in famiglia abbiamo sostenuto, anche con messaggi e telegrammi. Ricordo quando, per uno spettacolo all’Arena, ospiti di un amico in un paesino nel Veronese, le campane all’improvviso suonarono a stormo, ci dissero che era stato eletto Papa Luciani. Anche allora gli scrivemmo il nostro incoraggiamento, senza però indicare il mittente. E due giorni dopo la risposta di Giovanni Paolo I arrivò lo stesso a casa del nostro amico. Ma tra tanti un incontro fortuito, accaduto a mio marito Beppe, e a cui non ero presente, è rimasto fonte di luce per la nostra famiglia.

BEPPE MENEGATTI: “Durante uno sciopero che mi bloccò per ore in aeroporto a Palermo, sedette accanto a me madre Teresa di Calcutta. Parlammo a lungo: un tema dopo l’altro, fu la lezione di una grande maestra a chi non sa. Tra le mani teneva un mazzolino di fiori. Le chiesi se sapeva che quel tipo di bouquet di solito è donato alle ballerine dopo uno spettacolo. E lei sorridendo: “Me lo ha dato ieri una bimba morente”. Fui spiazzato dal contrasto del viso luminoso per un evento così triste: “ora è sicuramente già davanti al Signore” aggiunse. Per uno come me, vissuto di teatro, fu un momento decisivo per capire tante cose da quella serenità, sicura di Dio. Poi mi chiese lei di quel particolare sul bouquet, e le spiegai che mia moglie era una grande ballerina, Carla Fracci. Madre Teresa la conosceva, anche grazie ad un fratello appassionato di teatro che viveva a Palermo. A quel punto si alzò e dal banco della biglietteria prese una cartolina, su cui  cominciò a scrivere. Nel frattempo le dicevo che avrei potuto aiutarla con il bagaglio a sciopero finito: mi ringraziò, “se vuole, è quello il mio bagaglio” indicando un fagottino con le cocche piegate, con un sari di ricambio. Poi mi consegnò la cartolina: “Cara Signora Fracchi….”, cominciava, sbagliando la grafia all’inizio di un messaggio intenso, che ancora conserviamo: “metti Dio nella tua danza, perché la gente che viene a vederti attraverso la tua danza sia più vicina a Dio”.

 

TRA LE PIÙ GRANDI DEL ‘900

Levità e forza dell’eterna fanciulla

Carla Fracci (1936), grazia innata, fin da piccola quando accompagnava il padre tramviere al dopolavoro ferroviario. La commissione della Scuola della Scala intuì che il suo sorriso gioioso e i grandi occhi scuri celavano molto di più. Una volta diplomata, diventò a 22 anni la più giovane prima ballerina del teatro milanese. Hanno danzato con lei Nureyev, Vasiliev e Baryshnikov. Ha incantato il mondo con le sue interpretazioni di Giulietta e Francesca da Rimini. E il suo nome resterà indissolubilmente legato a quello di Giselle (ne è rimasta traccia in un film del 1969). Incarnazione della ballerina romantica, la Fracci in scena ha saputo coniugare levità e forza, leggerezza e punte “d’acciaio”, imponendosi con quello stile lirico da “attrice tragica” che le ha permesso, in diverse occasioni, di approdare in tv  (fu Giuseppina Strepponi nel miniserie Rai ‘Giuseppe Verdi’) e al cinema. Sul palcoscenico ha conosciuto anche l’amore. Beppe Menegatti (Firenze, 1929) non solo diventerà il compagno di una vita (sono sposati da 55 anni), padre di Francesco, ma il suo mentore e il suo regista più attento.

Laura Novelli