di EMILIO SOLFRIZZI attore
Testi a cura di MARTINA LUISE – foto AGF/AGENZIA ROMANO SICILIANI
Ho un modo tutto mio di stare con Dio, che va cercato con passione. L’ho detto anche a mio figlio maggiore quando me l’ha chiesto: nella fede non contano le scelte di facciata, ma i comportamenti credibili. L’ho imparato dai miei genitori, che ora non ci sono più: con loro andavo volentieri in chiesa la domenica e frequentavo la parrocchia. E poi dai miei più grandi amici: la stessa scelta di fare l’attore è dovuta all’amicizia con Antonio Stornaiolo, che incontrai al liceo classico ‘Domenico Cirillo’ di Bari. La nostra scuola ospitava un vero teatro, con tanto di palcoscenico, quinte, sipario e camerini. Lì vidi il primo spettacolo, una pièce su Dante Alighieri: in scena tre giovani, tra cui Corrado Veneziano, che è stato poi mio insegnante di recitazione. Intuì le mie capacità ed ebbe coraggio a farmi esordire in un suo locale. Tutto ci sembrava possibile, c’era ottimismo non la cupezza di oggi.
L’altro mio orizzonte era l’amore per la natura. Mia madre Antonietta era lucana e con mio padre Francesco d’estate portavano mio fratello e me in un paesino arroccato sulle colline della Basilicata, Ruvo del Monte. Le passeggiate con mio nonno Emilio, la semina e la potatura, hanno scolpito in me l’amore per il Creato, che oggi insegno ai miei figli. Il più piccolo già sa che la siccità ci riguarda tutti e ci spiega come non sprecare l’acqua. Lo spreco è un atto irriguardoso nei confronti di Dio e di ciascuno. “Da chi avranno preso tutto questo senso di responsabilità questi ragazzi!” mi bersagliano gli amici.
Anche Papa Francesco nell’enciclica Laudato sì ci ricorda che è affar nostro condividere con gli altri la Casa comune, senza inquinare nè devastare. E lui stesso è amato perché per primo dà il buon esempio. È la forza dei gesti semplici, senza finzioni. In scena non ho mai interpretato il ruolo di un religioso, ma mi piacerebbe don Lorenzo Milani, un prete generoso e un ‘soldato’ della concretezza. Più i sacerdoti oggi daranno testimonianza coerente con il Vangelo, più la gente guarderà alla Chiesa con fiducia. Ai giovani dico che le scorciatoie, il “minimo impegno e massimo beneficio” che sui media spesso sembrano la norma, non portano a nulla. La voce di mio padre “se studi, ce la farai” mi parlava di che tipo di uomo volevo diventare, migliorandomi e faticando. Sta a noi mandare in malora il mondo, o fare bene la nostra parte.
DALLA TV AL CINEMA
Già al Dams di Bologna, dove si è laureato nel 1985, Emilio Solfrizzi elabora sketch con il compagno di studi Antonio Stornaiolo facendo leva sulla passione comune per il cinema e la potenza espressiva del dialetto. Poi la vetrina torna quella di casa: Bari (dove l’attore è nato nel 1962). Il locale La dolce vita fa da incubatrice del suo miglior repertorio.
Il successo arriva col film di Carlo Vanzina Selvaggi (1995) e in tv con la conduzione di Striscia la notizia. Alterna il cinema al cabaret (col suo autore di riferimento Giacomo Nunziante). Con le fiction diventa uno dei volti più amati dal pubblico: da Sei forte maestro (la prima serie è del 2000) a Tutti pazzi per amore. Tra i film più applauditi: Agata e la tempesta di Soldini (2004), Falcone dei fratelli Frazzi (2016) e Mi rifaccio vivo di Sergio Rubini (2013). E’ tornato a teatro in un classico senza tempo del repertorio comico: Il borghese gentiluomo di Molière.
Laura Novelli