SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Il “piccolo gregge” di un paese sconfinato

L’annuncio del Vangelo e il dialogo con l’Asia sono tra le sfide del cristianesimo del terzo millennio. Crocevia del continente più popoloso del mondo, la Mongolia da pochi mesi ha il primo vescovo, l’italiano mons. Giorgio Marengo, arrivato lì quasi 20 anni fa come giovane missionario
9 Aprile 2021
di FILIPPO PASSANTINO
foto per gentile concessione della Prefettura apostolica di Ulan Bator / CREATIVE COMMONS
Aveva 29 anni quando arrivò in Mongolia, nel 2003, come missionario. Oggi, mons. Giorgio Marengo, 46 anni, è prefetto apostolico di Ulan Bator, “pastore” di un “piccolo gregge”. Sono 1.300 i cattolici in un Paese di circa tre milioni di abitanti, a maggioranza buddista. A lungo padre Giorgio è stato parroco di Maria Madre della Misericordia ad Arvajhe˙e˙r, una zona rurale in cui la Chiesa cattolica non era mai stata presente prima di allora. Oggi si radunano lì 40 battezzati. “È un’esperienza che rivela la gioia delle persone per l’incontro con la Misericordia di Dio così forte da decidere di seguirla in un contesto di forte minoranza”, racconta. In un Paese grande più di 5 volte l’Italia, sono solo otto le chiese costruite, divenute luogo di incontro e preghiera. La presenza religiosa, dal 1992, è prevalentemente missionaria. Vi è un solo sacerdote mongolo e un diacono in attesa dell’ordinazione. “Ma – spiega mons. Marengo – la nostra piccola Chiesa è vivace, vuole andare in profondità, appropriarsi della fede in maniera decisa. E realizza tante opere. In Mongolia da 18 anni ho sperimentato la gioia e la bellezza della missione ad gentes. Evangelizzare qui è incontrare quotidianamente persone che con il Vangelo non hanno mai avuto un contatto. Un’esperienza simile a quella degli Apostoli quando incontrarono il mondo non evangelizzato”.

Missionario della Consolata, padre Giorgio nutriva, 18 anni fa, un desiderio preciso: “andare in missione in Asia”. La meta fu poi un Paese lontano circa 9mila chilometri dall’Italia e con un fuso orario avanti di sette ore. L’arrivo avvenne in concomitanza con l’avvio della prima missione dell’istituto religioso in Mongolia. “È stata un’avventura guidata dall’obbedienza – racconta -. Ora che Papa Francesco mi ha affidato la cura pastorale di questa Chiesa, sento che dovrò fare del mio meglio per aiutare la prefettura apostolica a maturare la consapevolezza di non essere solo espressione di un intervento che arriva da altrove, ma di essere una Chiesa particolare capace di assumere una propria identità nella Chiesa universale”. Una missione che, da vescovo, consacrato nell’agosto 2020 dal cardinale Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, mons. Marengo intende condurre in pima linea. “Il ministero episcopale per me è stata una chiamata nella chiamata. Sto sperimentando l’importanza per i fedeli della Mongolia di avere un vescovo: attraverso la sua figura, si sentono più vicini alla Chiesa universale”.