Aveva 29 anni quando arrivò in Mongolia, nel 2003, come missionario. Oggi, mons. Giorgio Marengo, 46 anni, è prefetto apostolico di Ulan Bator, “pastore” di un “piccolo gregge”. Sono 1.300 i cattolici in un Paese di circa tre milioni di abitanti, a maggioranza buddista. A lungo padre Giorgio è stato parroco di Maria Madre della Misericordia ad Arvajhe˙e˙r, una zona rurale in cui la Chiesa cattolica non era mai stata presente prima di allora. Oggi si radunano lì 40 battezzati. “È un’esperienza che rivela la gioia delle persone per l’incontro con la Misericordia di Dio così forte da decidere di seguirla in un contesto di forte minoranza”, racconta. In un Paese grande più di 5 volte l’Italia, sono solo otto le chiese costruite, divenute luogo di incontro e preghiera. La presenza religiosa, dal 1992, è prevalentemente missionaria. Vi è un solo sacerdote mongolo e un diacono in attesa dell’ordinazione. “Ma – spiega mons. Marengo – la nostra piccola Chiesa è vivace, vuole andare in profondità, appropriarsi della fede in maniera decisa. E realizza tante opere. In Mongolia da 18 anni ho sperimentato la gioia e la bellezza della missione ad gentes. Evangelizzare qui è incontrare quotidianamente persone che con il Vangelo non hanno mai avuto un contatto. Un’esperienza simile a quella degli Apostoli quando incontrarono il mondo non evangelizzato”.