SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Famiglie e imprese in difficoltà, le diocesi rispondono

29 Luglio 2020

A cura di DANIELA DE VECCHIS (Bologna), STEFANO NASSISI (Pescara), TERESA CHIARI (Cagliari), MANUELA BORRACCINO (Novara)

foto AGENZIA ROMANO SICILIANI / EMANUELE GIOVANNI SANDON (Novara)/ MAURIZIO COGLIANDRO/CREATIVE COMMONS

BOLOGNA
“Ora serve un nuovo modello di carità”

“Se una crisi inedita disegna nuovi profili di povertà, allora anche la carità va ripensata. Il Fondo San Petronio (FSP) nasce per aiutare chi, per l’emergenza Covid, ha perso il lavoro o ha visto ridursi significativamente la sua attività” spiega don Matteo Prosperini, direttore della Caritas di Bologna. Cambiano i poveri e cambia il tipo di aiuto. “Mentre accompagniamo come sempre i più fragili e l’utenza ordinaria in un cammino di sostegno, ai nuovi vulnerabili diamo risorse immediate, sul conto corrente, per rimettersi in moto e scongiurare il pericolo che vadano ad ingrossare le fila della fragilità”. Voluto dal cardinale Matteo Maria Zuppi e finanziato dall’Arcidiocesi di Bologna con un milione di euro, all’FSP “sono arrivate oltre 2.300 domande, di cui più di 500 risultate idonee. Abbiamo già consegnato i primi assegni, tra 400 e 800 euro al mese (in base alla condizione di singolo, coppia e al numero di figli), reiterabili fino a tre volte”. 
“È stata dura restare chiusi due mesi e mezzo –racconta Cinzia, parrucchiera – e alla riapertura si sono aggiunti i costi della sanificazione del locale. Sola con due figli, il Fondo mi ha dato la concreta possibilità di fare la spesa, senza non so come avrei fatto”. Tra le domande accolte anche quella di Maria, originaria dell’Iran, che con il fratello ripara biciclette e potrà far fronte ad affitti e scadenze. “Oltre alle bollette arretrate -afferma Paolo, pizzaiolo- ho pagato il dentista per mia figlia. Ringrazio di cuore la Provvidenza e chi ci ha aiutato”. Ma urge un cambiamento di mentalità. “La carità – osserva don Matteo – è sempre stata interpretata come l’aiuto del ricco al povero, una donazione del superfluo, mentre le operatrici dell’ FSP si sono trovate spesso di fronte persone come loro, con richieste che faremmo pure noi se ci trovassimo improvvisamente in rosso, come un tablet per i figli o la spesa. Si impone dunque una riflessione: oggi aiutare significa fondamentalmente condividere”. L’FSP, aggiunge il sacerdote, 43 anni, approdato alla vita consacrata sull’esempio di tanti preti instancabili nell’aiutare il prossimo, “è uno strumento pastorale perché ha creato una rete tra parroci e Caritas”. Sullo sfondo, il sostegno dell’8xmille, “risorsa che ci dà la possibilità di fare progetti a lungo termine”. D.D.V.

 

PESCARA
“Custodiamo il lavoro e le persone”

Piccoli imprenditori. Artigiani. Famiglie monoreddito. Precari. Lavoratori non in regola. Prima dell’emergenza Covid molti riuscivano, seppur a fatica, a sbarcare il lunario. Ora però rischiano di sprofondare. Sono almeno 500 le nuove famiglie seguite dalla Caritas nel territorio di Pescara-Penne, il 30% in più. Per loro il “Salvadanaio della solidarietà, un fondo d’emergenza costituito da offerte di fedeli. “L’aiuto fraterno non si è fatto attendere: siamo già a oltre 60 donazioni” racconta Corrado De Dominicis, direttore Caritas, che ha ereditato il progetto avviato da don Marco Pagniello, chiamato a Roma al coordinamento delle politiche sociali e welfare della Caritas nazionale. “L’emergenza non è finita, ora bisogna ripartire con gli strumenti giusti. In questa prima fase provvediamo alle esigenze più immediate, come affitti e utenze. Poi proveremo a riavviare alcune attività con un aiuto economico e sosterremo il rientro nel mondo del lavoro con tirocinii formativi. Per dirla con Madre Teresa, questa è la nostra goccia nell’oceano. Una goccia che guarda oltre, che si propone di salvare il connubio indissolubile tra persone e lavoro e di custodire così la famiglia”. Una goccia che presto sarà pioggia. S.N.

 

CAGLIARI
“È tempo di vivere per gli altri”

È già in funzione a Cagliari il Fondo diocesano di solidarietà. Dotazione: 1 milione 61 mila euro. Cioè l’intero contributo straordinario ‘covid’ inviato dalla Cei grazie alle firme 8xmille. “L’inedita crisi sociale innescata dalla pandemia rischia di far cadere tanti nell’indigenza – spiega l’arcivescovo Giuseppe Baturi – La Chiesa è provocata ad esprimere nel modo più ampio la sua missione di annuncio della Parola di Dio e di servizio alla carità. Sentiamo una responsabilità enorme di prossimità al Paese, mettendo in opera, come ha detto Papa Francesco, la ‘creatività dell’amore’”. “Un quarto dei fondi ha già raggiunto famiglie ed enti assistenziali. Li utilizzeremo tutti entro l’anno – spiega don Marco Orrù, sacerdote da 38 anni, economo diocesano e parroco di San Sebastiano, ad Elmas, 9.400 abitanti, in zona aeroporto – In alcune mense le richieste di aiuto alimentare sono il 100% in più. Emergono fragilità nascoste. Prima arrivavano persone sole, ora famiglie intere”. L’arcivescovo ha invitato tutti a donare: sacerdoti, parrocchie, fedeli. Tutti. “È tempo di ‘portare i pesi gli uni degli altri’ – ha chiesto Baturi citando san Paolo nella Lettera ai Galati (Gal 6,2) – La possibile sproporzione tra le nostre possibilità d’aiuto e la smisuratezza del bisogno non può scoraggiarci”. “È ora di vivere per gli altri più di prima. Possiamo rinnovare la mentalità nella gestione dei beni personali, aprendoci alla condivisione –aggiunge don Marco – Dagli aiuti in denaro ai gesti di vicinanza verso i più soli”. Intanto il Fondo si prepara a diventare strumento permanente di solidarietà della Chiesa cagliaritana.
   
NOVARA
“Senza la Caritas non so come avremmo fatto”

Le cose sembravano finalmente mettersi bene per Rigoberta, rifugiata 38enne salvadoregna: dopo 2 anni di lavoro come badante a Turbigo, nel Milanese, aveva realizzato lo scorso ottobre il sogno di far arrivare in Italia i figli di 16 e 10 anni. «Avevamo trovato casa a Novara, andavo dai miei anziani in treno e i ragazzi si stavano inserendo a scuola». Poi è arrivato il Covid e di colpo tutto rischiava di crollare. «Dall’8 marzo non sono più potuta andare a lavorare in Lombardia, la dispensa si è svuotata, i risparmi sono finiti. Nessuno voleva aiutarci. La Caritas ci ha salvato: non è stato solo l’aiuto materiale che abbiamo ricevuto con le borse alimentari, ma il sollievo di sapere che non eravamo più soli». Rigoberta è una delle 450 mila persone che nel 2020 si sono rivolte per la prima volta alla Caritas, secondo l’ultimo monitoraggio nazionale, il 95% delle quali a causa della perdita delle fonti di reddito: solo nella diocesi di Novara 400 famiglie si sono aggiunte alle 900 già assistite. Tra loro quella di Antonio, 44 anni, muratore, italiano come il 61,4% dei “nuovi poveri” creati dal Covid: «Con i cantieri fermi, ero a casa con mia moglie e tre figli: senza la Caritas non so come avremmo fatto». Oltre ai 250mila euro tratti dal fondo straordinario per il Covid stanziato dalla Cei con l’8xmille, la Caritas diocesana di Novara ha messo a disposizione dei piccoli negozi altri 10mila euro con il progetto #Ripartireinsieme: «Dopo aver sostenuto l’emergenza – spiega il direttore della Caritas diocesana di Novara, don Giorgio Borroni – è tempo di sostenere il lavoro e tornare a costruire il Welfare generativo, non assistenziale, promosso dalla Chiesa italiana per aiutare sia chi è in difficoltà sia le piccole attività che stanno ripartendo». M.B.