SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

«Ero straniero, avevo fame, sete e mi avete accolto»

Il Giubileo straordinario è alle porte. I sacerdoti ogni giorno ci indicano in Parola e opere la strada per rendere il nostro cuore aperto e instancabile, come quello di Dio. Ecco in 3 esempi, a Messina, Roma e Pavia, dove li raggiungono le nostre Offerte
2 Dicembre 2015

Interviste di M. BORRACCINO/ C. COROS/ S. SARTINI
foto di FRANCESCO ZIZOLA (Messina)
EMANUELA BONGIOVANNI-MAURIZIO COGLIANDRO (Roma)
AGENZIA ROMANO SICILIANI (Pavia)

 

DON FRANCESCO PATI MESSINA
“Se non ci sporchiamo le mani
non possiamo purificarci”

“Come convertirsi? Innanzitutto rinunciando ai nostri pregiudizi verso chi ci circonda: perché se non giudichiamo chi fa un pezzo di strada con noi, entriamo in quell’'amore che porta le persone al cambiamento”. È lapidario don Francesco Pati, 60 anni, responsabile delle strutture di accoglienza della diocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, fondatore dell’'associazione ‘Santa Maria della Strada’, sul “grande lavoro che andrebbe fatto in ciascuno di noi” durante il Giubileo della Misericordia. Da 33 anni si dedica ai senza fissa dimora, alle ragazze madri, ai carcerati, agli extracomunitari, ai minori abbandonati, agli anziani lasciati soli.
A tutti quei rappresentanti della “cultura dello scarto” che nel magistero di papa Francesco dovrebbero costituire l’'opzione preferenziale della Chiesa. Attualmente più di 150 persone accolte nella sola diocesi messinese.
“Mi sento confermato dalla testimonianza personale di papa Francesco - aggiunge il sacerdote - Dal suo esempio traggo tanta forza in questo servizio: siamo uomini, abbiamo tutti bisogno di essere sostenuti sia dal capo della Chiesa che dalla preghiera personale e dei nostri fedeli. Come ha detto Gesù: Senza di me non potete fare nulla”. Il fatto è che, dice don Francesco, “se non ci sporchiamo le mani non possiamo purificarci”.
“Quando il Papa ci ha ricordato che dobbiamo essere pastori con l’'odore delle pecore - spiega - ho pensato proprio a quante volte, nei primi anni, avessi una grande difficoltà a lavare quelli fra i nostri ospiti che spesso arrivavano sporchi al punto che nessuno di noi aveva il coraggio di avvicinarli.
Solo quando ho fatto quello che mi riusciva difficile sono riuscito a trascinare anche i miei collaboratori. E ho capito che Dio non si tappa il naso quando sente il nostro odore: solo facendo esperienza del suo amore, possiamo imparare ad amare queste creature, che sono immagine riflessa di quel Qualcuno a cui crediamo e che abbiamo scelto come tutto. E questo anche quando vediamo che non riusciamo a recuperare, nonostante tanto impegno, certe situazioni di degrado: bisogna rispettare la libertà dell’altro. L’'amore è rischio, no?”. M.B.

 

DON FRANCESCO GIULIANI ROMA
Con “Chicco di senape”
l’assistenza è 24 ore su 24

Arrivano a Roma da ogni parte d'’Italia e del mondo per far curare i loro bambini gravemente malati. Non hanno tanti soldi, ma nel quartiere romano Portuense trovano un tetto, la loro ‘Betlemme’. Si chiama “Chicco di senape” il progetto nato nel 2007 su iniziativa di alcuni volontari che hanno restaurato un appartamento accanto alla rettoria di San Francesco di Sales, nella parrocchia Nostra Signora di Coromoto, dov’è parroco don Francesco Giuliani. “Collaboriamo con il servizio sociale dell'’ospedale ‘Bambin Gesù’ di Roma e Palidoro - spiega Cristiana Squaglia, coordinatrice - Tutti quelli che arrivano sono fratelli e sorelle. Li ospitiamo con gioia a prescindere dal Paese di provenienza e dalla religione che professano”.
Nella casa fanno servizio 105 volontari 24 ore su 24. “Grazie ai sacerdoti aiutiamo le famiglie in ogni necessità, contando anche sulla bella risposta dei parrocchiani e sul sostegno dei commercianti” spiega Cristiana. Hanno creato anche momenti di serenità da condividere: con ‘Chicco estate’ accompagnano le famiglie al mare, con l’'Orto Chicco si rendono utili i papà e a Natale c’è la tombola, la vendita di torroni, l'’arrivo della Befana e tante altre iniziative che servono anche da autofinanziamento. “I volontari fanno formazione, ritiri e ora ci prepariamo anche ad ospitare una famiglia di migranti, come ci ha chiesto Papa Francesco” dice don Francesco. Innumerevoli le storie passate dal ‘Chicco’.
Cristiana ricorda la piccola musulmana baciata dal Papa in occasione del ‘Cortile dei bambini’ o il bimbo andato in cielo, ma fatto battezzare da genitori non credenti. C.C.

 


DON VINCENZO MIGLIAVACCA 
PAVIA
Le parrocchie alla prova
delle grandi migrazioni

Le parrocchie italiane scaldano i motori e mentre andiamo in stampa cominciano, seppure tra le difficoltà - dovute spesso ad anni di impegno e risorse già messe in campo in risposta al forte aumento della povertà nel nostro Paese - ad aderire all’'appello lanciato da Papa Francesco di accogliere famiglie in fuga dalle guerre alle porte, dal Mediterraneo al Medio Oriente, dall’'Afghanistan oltre che dai regimi di diversi Paesi africani. Da Nord a Sud, si aprono chiese, seminari, istituti religiosi e conventi.
Non è semplice, spiegano i responsabili delle Caritas, perché occorre che le porte vengano aperte seguendo le indicazioni dei protocolli delle prefetture, che spesso richiedono disponibilità non solo di vitto e alloggio, ma di un mediatore culturale o di servizio medico, specie per donne e minori. Ma dalle metropoli alle piccole realtà, in un'’Italia crocevia europeo sul cammino di chi cerca una vita possibile, in alcuni casi l’'accoglienza era già partita. Come nella parrocchia Beata Vergine Assunta a Bruzzano, nell'’hinterland di Milano, guidata da don Paolo Selmi. Grazie alle centinaia di volontari e fedeli che si sono resi disponibili, l'’opera parrocchiale ha preceduto le istituzioni e ha fatto scuola. Ogni giorno decine e decine di profughi, tra cui molte famiglie con bambini, trovano riparo nei locali dell’'oratorio. Durante i mesi estivi, oltre 350 persone sono state accolte, per poi spesso proseguire il viaggio verso il nord Europa.
Anche nelle comunità più piccole la risposta non manca. Come nella parrocchia della Sacra Famiglia, a Pavia, dove don Vincenzo Migliavacca alloggia cinque migranti. “Da quasi due anni abbiamo offerto un tetto a chi non ce l'’ha - racconta il parroco - come ci insegna a fare il Vangelo verso i bisognosi.
Abbiamo siglato un’intesa con la prefettura e appena c'’è un posto libero lo segnaliamo e ci viene inviata nell’'arco di un paio di giorni un'’altra persona che ha necessità. Attualmente abbiamo un ragazzo proveniente dal Bangladesh, due dal Mali, due dalla Costa d’'Avorio. Hanno a disposizione una camera, una cucina dove potersi preparare da mangiare. Appena arrivati diamo loro la possibilità di farsi una doccia, e un cambio vestiti. Inoltre grazie ai volontari funziona un corso di dieci ore settimanali di italiano. E hanno un posto dove pregare.
In questo momento ad esempio, i migranti che ospitiamo sono tutti musulmani. Ma ho sperimentato che la con-vivenza, in tempi di cambiamenti profondi, come quelli che viviamo, si costruisce così: accoglienza, rispetto per le tradizioni e il credo di ciascuno, e reciprocità”.
Così, camminando lungo una strada nuova, la Chiesa italiana resta profondamente fedele a se stessa e alla sua missione. S.S.