MATERA-IRSINIA IL FONDO ‘DON LORENZO MILANI’
“A oltre 100 famiglie computer e wifi, beni essenziali in tempi di pandemia”
Routine quotidiana ormai da mesi per milioni di alunni, la Didattica a distanza (Dad) è entrata a gamba tesa nelle nostre case. E se da una parte si è rivelata uno strumento prezioso nell’unire studenti e professori durante lockdown e quarantene, permettendo alla scuola di non fermarsi, d’altro canto rischia di rendere la stessa scuola inaccessibile a chi non può permettersi computer e connessioni Internet. E ampliare il divario educativo, con uno slittamento più veloce in direzione di un altro anno di studi perso o dell’abbandono scolastico. “Non è così scontato che nel nostro Paese tutte le famiglie possano permettersi le tecnologie utili a far studiare i figli –spiega Anna Maria Cammisa, direttrice della Caritas diocesana di Matera-Irsina – La povertà economica genera povertà educativa, che la Caritas ha subito intercettato: un pc o un tablet, considerati bene superfluo in un periodo non emergenziale, ora sono indispensabili per non restare indietro con le lezioni, per non far perdere la voglia ai ragazzi di conoscere e incontrarsi, sia pure da remoto”.
La Caritas di Matera-Irsina ha creato il Fondo ‘Don Lorenzo Milani’ per il contrasto alla povertà educativa destinando circa 37 mila euro alle famiglie in difficoltà e raggiungendo 103 famiglie. “Abbiamo risposto a tutte le richieste impiegando oltre 35 mila euro per l’acquisto di 85 computer e 14 tablet, i restanti 1.550 euro per materiale didattico e 300 euro per connessioni Internet – evidenzia Cammisa, una delle poche donne a dirigere in Italia le Caritas locali, 7 su 212 responsabili – Il Fondo, alimentato dalle firme 8xmille, oltre che da alcuni nostri progetti e da donazioni, è stato messo a punto fin da aprile 2020 e poi diffuso grazie ai media regionali. Abbiamo esaminato le domande entro agosto, e tra settembre e ottobre le famiglie hanno potuto ritirare nei negozi da noi indicati pc e tablet”.
“Un aiuto arrivato al momento giusto – racconta Khoudia, senegalese con 4 figli (tra 9 e 16 anni) e un marito ambulante che non ha potuto lavorare durante i periodi di chiusura obbligata – Senza il portatile che ci è stato donato dalla Caritas, avrei dovuto far studiare uno dei miei figli sul mio cellulare, ma sarebbe stato davvero complicato uscire di casa per lavoro o per altro senza telefono”. Un dono, oltretutto, inaspettato. “Sapevo che la Caritas distribuiva pacchi alimentari ma questo tipo di aiuto, indispensabile di questi tempi, è stato una bella sorpresa”.
Oltre ad essere un aiuto concreto, il progetto “è stato un ponte tra noi e persone che conoscevano la Caritas solo di nome” chiarisce don Antonio Polidoro, 45 anni, prodirettore Caritas e parroco di Maria SS Annunziata a Scanzano Jonico. Vent’anni di sacerdozio l’anno prossimo, è approdato giovanissimo alla vita consacrata spinto dall’esempio di generosità e dedizione ai poveri del suo parroco. “Abbiamo ricevuto richieste non solo da chi abitualmente si rivolge a noi, ma da nuove famiglie, sorprese da un progetto utilissimo per i figli e che veniva davvero regalato, che non presupponeva niente in cambio. È stata un’iniziativa provvidenziale”. “Non so come avrei fatto senza il pc che ci è stato donato – dice Maria, separata, senza lavoro, con 3 figli alle superiori – Avrei dovuto senz’altro stringere i denti, fare la cresta sulla spesa per comprarlo, o i ragazzi sarebbero rimasti senza scuola. Non me lo aspettavo, non ho mai ricevuto nulla gratis”.
Non è casuale che il Fondo sia stato intitolato a don Milani. “Il fondatore della Scuola di Barbiana – sottolinea Cammisa, insegnante per 40 anni – ci ha insegnato che dobbiamo pensare dal basso, che compito della scuola non è selezionare ma dare a tutti un’istruzione. Dopo aver letto Lettera a una professoressa ho capito che dovevo essere a scuola non per il primo della classe ma per l’ultimo”.
D.D.V.
PIACENZA IL PROGETTO ‘E ORA STUDIO’
“I nostri oratori al servizio del territorio”
Un oratorio rimasto quasi sempre aperto nell’ultimo anno? È possibile, lavorando sugli spazi, cambiando di volta in volta attività, con l’attenzione – creativa e partecipe – a ciò che via via era possibile e più necessario ai giovani. L’impresa è riuscita nel Piacentino. “Progettiamo dalla parte degli studenti, che hanno sofferto più di altri quest’anno di pandemia. Senza lezioni in classe, né sviluppo attraverso le relazioni sociali, senza sport né momenti di svago. Come educatori dovevamo entrare in sintonia con la loro fatica e dare un segnale di presenza” dice don Paolo Capra, vicario parrocchiale a Castel San Giovanni, 14 mila abitanti tra le colline della Val Tidone e il Po. Qui l’oratorio ‘San Filippo Neri’ si è messo al servizio della città e in particolare alle scuole circostanti. “Quando dopo il primo lockdown c’è stata possibilità di ripartire – spiega don Paolo – lo abbiamo fatto cominciando dall’oratorio, che è da sempre punto di riferimento per tutti, specie per quei ragazzi con fragilità diverse a cui è mancato un sostegno educativo. Fortunatamente a Piacenza la zona rossa è arrivata solo a metà marzo 2021, il che ci ha permesso di continuare in presenza il doposcuola, i percorsi di fede e nel 2020 di vivere anche le attività estive”.
Forte della rete con le istituzioni e con il polo scolastico adiacente, oggi il sacerdote fa un passo in più, aprendo l’oratorio anche la mattina con spazi sicuri ed educatori per gli alunni con disabilità che per legge debbono proseguire le lezioni in presenza, spesso però senza averne possibilità. “L’istituto superiore ‘Alessandro Volta’ conta molti studenti provenienti dalla Lombardia, collegati da casa per mesi con la Dad (didattica a distanza). Ci siamo messi a loro disposizione anche al mattino, rispondendo all’appello dei vescovi dell’Emilia Romagna”. Lo scorso 15 gennaio, infatti, la diocesi di Piacenza-Bobbio, in stretto accordo con tutti gli enti locali, ha approvato il piano #Eorastudio, un invito ad aprire parrocchie e oratori per dare spazio allo studio e al recupero della socialità per i giovani. “La pandemia ha pesato sul disagio di chi sta crescendo, con un aumento di disturbi del sonno, ansia, panico e fatica nelle relazioni, fino ad atteggiamenti autolesivi e perfino criminosi” spiega don Alessandro Mazzoni, incaricato dell’Ufficio diocesano di pastorale giovanile e vocazionale. “Gli oratori piacentini da sempre sono presidi sociali essenziali per il territorio, in cui accogliamo tutti, senza distinzioni, proponendo un cammino formativo. Abbiamo adeguato accuratamente tutti gli ambienti alle norme sanitarie, così da far spegnere le webcam ai nostri ragazzi riportandoli al mondo reale. Uno mi ha detto: “ho fatto 6 mesi in pigiama ma si studia meglio tornando in classe”». Questa grande macchina di accoglienza ha un carburante chiamato volontariato, con decine di giovani animatori, educatori e professionisti da mesi a fianco dei più piccoli. «Sono stati i primi a darci forza – evidenzia don Paolo – mettendosi a disposizione perché l’oratorio restasse aperto anche nei mesi più difficili. Sono universitari, psicologi, insegnanti che ogni giorno accompagnano gli studenti nel doposcuola”.
STORIE DI RIPARTENZA
La favola vera dell’oratorio di Biumo
Rimettere le ali ai giovani con un nuovo ‘ambiente di apprendimento’. Dal recupero scolastico e delle relazioni, fino allo stop a webdipendenze e aggressività. In tutte le diocesi sono aperti i ‘cantieri’: dai gruppi genitori ad esperimenti-pilota come quello dei giovani tra 16 e 18 anni di Biumo Inferiore (Varese), dove con il parroco don Gabriele Colombo (che ha seguito l’iter delle autorizzazioni sanitarie), hanno fatto vita comune in oratorio 3 settimane, autogestendosi dalla cucina allo sport: un tampone per tutti e poi (‘come nella bolla del basket Nba” spiegano i ragazzi, riferendosi all’idea di ‘sigillare’ vita e partite degli atleti per portare a termine il campionato senza alcun contagio da covid) il via ad un tempo di felice normalità per vivere ‘da grandi’. Una fuga da fiaba come quella dei giovani fiorentini nella peste del 1348 con cui iniziano il Decameron di Boccaccio e una società nuova. Sono oasi di un percorso lungo, ancora scandito dai dati dei contagi, ma già avviato.
“A definire i ragazzi è la loro identità di studenti. Senza soffrono, sono privati di valore e ruolo” è l’analisi del grande psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet ( ‘Il motore del mondo’ ed. Solferino, 2020). Uno su 4 non ha connessione o pc per la scuola a distanza, il 60% di chi è collegato non ha seguito mai le lezioni, si è ‘perduto’. “Li vediamo spaesati, spaventati. Si rifugiano nel web che è sostituzione blanda di vita”. Prof, educatori e famiglie per Pietropolli li aiuteranno “insegnando, in alternativa al clima chiuso e rinunciatario che si respira fuori, a prendere sul serio le regole e a diventare giovani coraggiosi che cooperano alla salvezza dell’umanità”. In attesa che, fuori dalla narcosi rituale del computer, ripartano gli incontri e la scuola. E.P.