SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

“Chi ci parla del Dio fatto uomo”

È in famiglia e all’oratorio che ho appreso la fede. Nel corso dell’infanzia ascoltiamo la Parola con la mente pura dei piccoli, come dovrebbe essere sempre, senza il conformismo e le difese dell’età adulta. In quegli anni di libertà profonda i bambini sono poeti assoluti, perché vivono la felicità della scoperta. Io crescevo accanto a […]
2 Agosto 2017
È in famiglia e all’oratorio che ho appreso la fede. Nel corso dell’infanzia ascoltiamo la Parola con la mente pura dei piccoli, come dovrebbe essere sempre, senza il conformismo e le difese dell’età adulta. In quegli anni di libertà profonda i bambini sono poeti assoluti, perché vivono la felicità della scoperta. Io crescevo accanto a figure come mia nonna Elisabetta, che in periodi come questi di Natale sapevano parlarci del Dio fatto uomo, anche con canti e filastrocche. Perché l’anziano spesso riesce a recuperare quella stessa libertà che solo i bambini hanno per condizione naturale.

Poi c’era l’oratorio, luogo di socialità che nessuna organizzazione del nostro presente può eguagliare. Per me un modello formativo, dove non si chiedeva al bambino altro che di essere – non dico consapevole – ma ben disposto verso la gioia. Lì ripetevamo a voce alta le risposte del catechismo: dal Credo all’Atto di dolore. Ho scoperto negli anni che in Sardegna c’è un antico catechismo, probabilmente in forma orale, dove non è il bambino che risponde alle domande, ma è lui che pone gli interrogativi. È il più piccolo che chiede: perché hanno messo Cristo in croce? Ed è l’adulto che deve rispondergli.

I sacerdoti di allora non li ricordo per nome, ma a Milano, nella nostra parrocchia di Santa Maria del Buon Consiglio, alla Bovisa, all’oratorio San Luigi c’era un giovane prete che faceva catechismo e curava la compagnia teatrale. Fu lui – avevo 7 anni – a farmi scoprire l’emozione della scena. I miei genitori mi portarono al teatro parrocchiale per lo spettacolo dove mio fratello recitava: il grande sipario rosso, poi le luci e cominciava la magia del teatro. Nel tempo ho incontrato diversi sacerdoti che per me sono stati maestri: sulla carta, don Mazzolari con il suo giornale “Adesso”, e poi personalmente padre Turoldo, il cardinal Martini con la sua innovazione della “cattedra dei non credenti”, fino al cardinale Ravasi. Per me il prete ‘parla’ anzitutto con l’esempio. La sua testimonianza del Vangelo fa crescere la pace, il vero dialogo con tutti, e anche il nostro cuore. Il sacerdote ci ricorda così che in qualche modo ognuno di noi è regista di se stesso: alla sera rivede il film della propria giornata trascorsa, delle scelte compiute, della vita che ha vissuto e di quella che potrà forse vivere.

 

UN MAESTRO EUROPEO
Nei suoi film il sentimento della realtà
 
Il suo primo sguardo è sulla famiglia contadina, cattolica, in cui nasce, a Bergamo nel 1931: perde presto il padre nella II Guerra mondiale, la madre diventa operaia alla Edisonvolta. Documentarista, debutta nel lungometraggio con Il tempo si è fermato (1959), innovando -al pari di Rosi, Petri e Vancini- il cinema d’autore italiano. L’obiettivo intimista sugli umili, la mistica del silenzio e del quotidiano, il respiro della natura, la magia dei gesti, l’abbandono delle campagne e il boom della società dei consumi, si impongono come uno stile nei suoi film: I fidanzati (1963), E venne un uomo (1965) sulla vita di Giovanni XXIII, fino a L’albero degli zoccoli (1978), Palma d’oro a Cannes e premio César. Quindi, fra gli altri, Camminacammina (1982) ispirato ai Re Magi, La leggenda del santo bevitore (Leone d’oro a Venezia 1987), Il segreto del bosco vecchio (1993), Il mestiere delle armi (2001, 9 David di Donatello). Leone d’oro alla carriera 2008, è sposato e ha tre figli. L’oratorio San Luigi della sua infanzia milanese, oggi affidato al parroco don Marco Gelli e a don Giacomo Roncari, tuttora è frequentato da circa 350 bambini e ragazzi.