È in famiglia e alloratorio che ho appreso la fede.
Nel corso dellinfanzia ascoltiamo la Parola con la mente pura dei piccoli, come dovrebbe essere sempre, senza il conformismo e le difese delletà adulta. In quegli anni di libertà profonda i bambini sono poeti assoluti, perché vivono la felicità della scoperta. Io crescevo accanto a figure come mia nonna Elisabetta, che in periodi come questi di Natale sapevano parlarci del Dio fatto uomo, anche con canti e filastrocche. Perché lanziano spesso riesce a recuperare quella stessa libertà che solo i bambini hanno per condizione naturale.
Poi cera loratorio, luogo di socialità che nessuna organizzazione del nostro presente può eguagliare. Per me un modello formativo, dove non si chiedeva al bambino altro che di essere non dico consapevole ma ben disposto verso la gioia. Lì ripetevamo a voce alta le risposte del catechismo: dal Credo allAtto di dolore. Ho scoperto negli anni che in Sardegna cè un antico catechismo, probabilmente in forma orale, dove non è il bambino che risponde alle domande, ma è lui che pone gli interrogativi. È il più piccolo che chiede: perché hanno messo Cristo in croce? Ed è ladulto che deve rispondergli.
I sacerdoti di allora non li ricordo per nome, ma a Milano, nella nostra parrocchia di Santa Maria del Buon Consiglio, alla Bovisa, alloratorio San Luigi cera un giovane prete che faceva catechismo e curava la compagnia teatrale. Fu lui avevo 7 anni a farmi scoprire lemozione della scena. I miei genitori mi portarono al teatro parrocchiale per lo spettacolo dove mio fratello recitava: il grande sipario rosso, poi le luci e cominciava la magia del teatro. Nel tempo ho incontrato diversi sacerdoti che per me sono stati maestri: sulla carta, don Mazzolari con il suo giornale Adesso, e poi personalmente padre Turoldo, il cardinal Martini con la sua innovazione della cattedra dei non credenti, fino al cardinale Ravasi. Per me il prete parla anzitutto con lesempio. La sua testimonianza del Vangelo fa crescere la pace, il vero dialogo con tutti, e anche il nostro cuore. Il sacerdote ci ricorda così che in qualche modo ognuno di noi è regista di se stesso: alla sera rivede il film della propria giornata trascorsa, delle scelte compiute, della vita che ha vissuto e di quella che potrà forse vivere.
UN MAESTRO EUROPEO
Nei suoi film il sentimento della realtà
Il suo primo sguardo è sulla famiglia contadina, cattolica, in cui nasce, a Bergamo nel 1931: perde presto il padre nella II Guerra mondiale, la madre diventa operaia alla Edisonvolta. Documentarista, debutta nel lungometraggio con Il tempo si è fermato (1959), innovando -al pari di Rosi, Petri e Vancini- il cinema dautore italiano. Lobiettivo intimista sugli umili, la mistica del silenzio e del quotidiano, il respiro della natura, la magia dei gesti, labbandono delle campagne e il boom della società dei consumi, si impongono come uno stile nei suoi film: I fidanzati (1963), E venne un uomo (1965) sulla vita di Giovanni XXIII, fino a Lalbero degli zoccoli (1978), Palma doro a Cannes e premio César. Quindi, fra gli altri, Camminacammina (1982) ispirato ai Re Magi, La leggenda del santo bevitore (Leone doro a Venezia 1987), Il segreto del bosco vecchio (1993), Il mestiere delle armi (2001, 9 David di Donatello). Leone doro alla carriera 2008, è sposato e ha tre figli. Loratorio San Luigi della sua infanzia milanese, oggi affidato al parroco don Marco Gelli e a don Giacomo Roncari, tuttora è frequentato da circa 350 bambini e ragazzi.