di BEPPE M. ROGGIA
n Credo che in tanti abbiate letto La croce e il pugnale di David Wilkerson, con la testimonianza della sua storia di vita: pastore protestante pentecostale di Philipsburg, un piccolo paese di montagna in Pennsylvania. Tipo brillante, una bella famiglia, molto apprezzato dalla sua comunità, in gran parte agricoltori e minatori. Tuttavia un uomo insoddisfatto nonostante il benessere materiale e spirituale in cui vive. Un quotidiano routinoso il suo, con l’immancabile bisogno ogni sera di due ore di televisione per un po’ di rilassamento nel ritmo intenso dell’attività giornaliera. “David, stai invecchiando! Quanto tempo perdi davanti al televisore! … Che succederebbe, Signore, se vendessi il televisore e passassi quel tempo a pregare?”. Decide di sostituire il televisore con la preghiera e vedere quello che sarebbe successo.
Tutto ha avuto inizio il 9 febbraio 1958 e la sua vita non è più stata la stessa da quel giorno. Si proietta ormai in una prospettiva nuova. Dal settimanale Life viene a sapere di un processo a sette ragazzi, che si sta svolgendo a New York. Sette ragazzi di una banda malfamata come tante, che avevano brutalmente assalito e ucciso un ragazzo poliomielitico in un parco pubblico della città. Wilkerson sente una specie di chiamata interiore ad andare ad aiutare quei ragazzi.
La sua irruzione al processo in corso non gli permette di raggiungere l’obiettivo ma va a finire su tutti i giornali, e questo gli permette di iniziare ad incontrare le numerose bande di ragazzi e giovani sbandati e drogati, pieni di rabbia e di solitudine, che si contendono il territorio dei bassifondi di New York, prima con tanti rifiuti e difficoltà di ogni genere, poi fino a riuscire a organizzare un intero raduno di giovani di queste bande con l’aiuto e il coinvolgimento di altri pastori. Un’esperienza che genera un miracoloso cambio di personalità e di cuore in molti di questi ragazzi. Ma il rischio è che sia solo un’esperienza emozionale di pochi giorni e che poi essi ritornino sulla pista della malavita, come purtroppo accade. Il pastore sente allora che occorre allargare gli orizzonti fino ad arrivare a fondare il centro di riabilitazione Teen Challenge per salvarli dalla delinquenza, dalla violenza e dalla droga. Riesce per questo a coinvolgere altri collaboratori, un certo numero tra gli stessi ex-drogati, portandoli a “consumarsi per Dio”, vivendo di Provvidenza, che non manca mai agli appuntamenti delle varie necessità. Soprattutto scopre l’effetto straordinario del battesimo nello Spirito Santo, esperienza religiosa che conferisce una grande potenza nella trasformazione di questi giovani sulla falsariga di quanto raccontano i Vangeli e gli Atti degli Apostoli. Tutto questo è successo per avere scoperto che dietro tutta la propria storia c’è come vero protagonista lo Spirito Santo, considerato anche il direttore dei diversi centri di riabilitazione dei giovani, che vengono fondati negli Stati Uniti.
Dunque, tutto grazie all’opera dello Spirito Santo.
Bisogna dire che questa esperienza ci provoca profondamente e ci fa chiedere personalmente: ma per noi, per me, per te, per tutti chi è lo Spirito Santo? Facessimo una rapida intervista fra i credenti in genere su chi è per loro lo Spirito Santo, credo che con tutta sincerità dovrebbero rispondere come i primi cristiani di Efeso a S. Paolo: “Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo” (At 19,2). Certo, magari tutti costoro alla domenica ripeteranno imperterriti e con disinvoltura nel Credo della Messa: “Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita”, ecc. ecc. Ma praticamente non c’è alcuna relazione cosciente con Lui.
Attenzione! Stiamo parlando del guaio più grande di tutto il cristianesimo in tutte le confessioni e comunità, dalle cattoliche alle protestanti, alle ortodosse e anglicane, …
Sarà forse anche colpa della debolezza della predicazione e della catechesi su questo argomento, sta di fatto che per la maggior parte di coloro che si dicono cristiani lo Spirito Santo è un illustre sconosciuto.
Mentre è solo Lui con la sua grazia che rende possibile vivere una vita cristiana seria. Ce lo ha assicurato Gesù nei colloqui dell’Ultima Cena: “Quando verrà lo Spirito della verità, vi guiderà verso tutta la verità…. Riprenderà quello che vi ho insegnato e ve lo farà capire meglio” (Gv 16, 13 – 15). Se dovessimo riassumere in due parole tutto ciò che Gesù ci ha indicato con la parola e con l’esempio, dovremmo dire che è venuto sulla terra ad insegnare a pregare e ad amare, le due cose fondamentali per riuscire pienamente nella vita.
È solo lo Spirito Santo, che Gesù ci ha lasciato come l’animatore principale di questa riuscita e realizzazione dell’esistenza (in linguaggio biblico si traduce = salvezza), che può fare questo; tutti gli altri (genitori, educatori, preti, suore, animatori…) sono solo intermediari della sua guida. Lo Spirito in fin dei conti ci vuole accompagnare ed educare su queste due cose, perché tutto il resto dipende da qui, perché queste cose stanno alla base di ogni vita umana e cristiana degna di questo nome. Perché facciamo tanta fatica sia a pregare che ad amare?
Perché pretendiamo di fare con le sole nostre forze e capacità umane, lasciando da parte “inoperoso” lo Spirito Santo, il quale, per il grandissimo rispetto che ha per la nostra libertà, non agisce se non lo lasciamo agire o vogliamo fare per conto nostro. Chi, invece, ha capito che il segreto di tutto è lasciarsi animare e guidare dallo Spirito Santo fa davvero l’esperienza affascinante che tutta la propria esistenza cambia, come è successo nella storia di vita di David Wilkerson: ci viene un grande bisogno di pregare non solo qualche volta ma di continuo, soprattutto la voglia di ringraziare per i tanti doni che Dio ci fa continuamente e di cui nemmeno ci si accorge.
Con lo Spirito Santo si scopre cosa vuol dire sinceramente amare, rispetto all’amore banalizzato in tante forme nella nostra società; si sente la necessità di amare sul serio come il Signore ci ha comandato dandocene Lui l’esempio fino al sacrificio della sua stessa vita. Un amore che non aspetta o elemosina la ricompensa e i dovuti riconoscimenti ma si preoccupa unicamente di donare per il gusto di donare e fare felici gli altri.
Che fare allora? Credo che la prima cosa sia convincersi che le cose stanno proprio così, stimolati dalla storia del pastore Wilkerson e dalla vita di tutti i santi. Se sono diventati santi è perché hanno capito questo e quindi si sono lasciati guidare e trasformare dallo Spirito Santo. E poi metterci di buona lena ogni giorno, senza saltarne neanche uno, a invocare lo Spirito Santo.
Ogni invocazione dello Spirito infatti è un fidarci un po’ più di Lui, è affidargli poco alla volta le chiavi del nostro cuore, fino a lasciargli carta bianca sulla nostra vita. Il resto verrà di conseguenza: non ci attirerà più, anzi ci farà sempre più ribrezzo ogni forma di male; non avremo più pace se non preghiamo e soprattutto non potremo più fare a meno di amare senza misura. E allora, buon cammino a tutti con lo Spirito Santo.
foto AGENZIA ROMANO SICILIANI