Con le nostre firme i missionari hanno istruito migliaia di studenti. E aperto aule anche in villaggi remoti, dove mancano maestri. Una testimonianza di condivisione in un Paese a forte maggioranza induista, dove sono vietate le conversioni.
Luci accese per Natale in Nepal, anche se nel Paese sul tetto del mondo, tra i più poveri e spettacolari del pianeta, stretto tra gli interessi delle potenze regionali, Cina e India, i cattolici sono in assoluta minoranza. E in molti villaggi remoti, distanti ore dauto e giorni di cammino in alta quota dalla capitale Kathmandu, così come nel Mustang, regione desertica trans-himalayana solo da pochi anni aperta agli stranieri, «molti bambini andranno a celebrarlo a scuola», spiega padre Roy Sebastian Nellipuzha, missionario gesuita in Nepal da 14 anni e insegnante di scienze.
La loro scuola. Quella in cui tornano il pomeriggio, dopo le lezioni, perché vi trovano stanze sufficientemente illuminate, al contrario delle loro case, dove tanti vivono soli o con parenti anziani, distanti i genitori emigrati come stagionali. Spesso lunica scuola del villaggio è stata aperta da suore o religiosi cattolici.
«Queste case dei giovani sono predilette da allievi e famiglie di ogni credo» evidenzia padre Sebastian. Perché alternativa ad un destino di povertà endemica (metà della popolazione vive con meno di 1,25 dollari al giorno), di lavoro minorile come stagionali nei giardini del tè del Darjeeling indiano e nelle cave di pietra. O addirittura di reclutamento da parte dei trafficanti di esseri umani verso India, Cina, Medio Oriente e Arabia Saudita. Nellorizzonte delle ragazze talora anche le nozze combinate, in distretti dovè comune la pratica delle spose bambine.
La scuola dei missionari cattolici è dunque più che unoasi dove studiare, gratuitamente o con tariffe molto accessibili. È il polmone di una nazione giovanissima, dove letà media della popolazione è 22 anni. L8xmille della Chiesa italiana, nellottica della promozione umana, ha contribuito al funzionamento di tante di queste scuole. Dalledificio ai semplicissimi arredi, fino ad assicurare libri e quaderni ad allievi troppo poveri per comprarli, sostenendo missioni di diverse congregazioni in tutta la repubblica, nata a maggio 2008.
Un complesso ritorno alla democrazia, quello del Nepal, che ha messo fine a 240 anni di monarchia e ad un decennio di guerra civile (12 mila morti e 100 mila sfollati, calcola lOnu). «I cattolici si sono assicurati un ruolo nella formazione apprezzato da tutti: sia con istituti nella capitale che formano la futura classe dirigente nepalese, appartenente alla casta dei brahmini indù, sia con scuole per i poveri, aperte alle oltre cento minoranze etniche e castali nei villaggi dimenticati in vista degli Ottomila dellAnnapurna e dellHimalaya, senza strade né luce» indica padre Sebastian.
La convivenza non è semplice: l85% dei nepalesi è induista, il 10% buddhista, il 4% musulmano. I cristiani sono lo 0,45%, e i cattolici ancora meno, 7.300 fedeli. La bozza di Costituzione, in attesa che la Carta definitiva sia varata, riconosce i culti diversi dallinduismo, ma vieta le conversioni. Le fiammate periodiche di fondamentalismo indù hanno generato attentati come quello nella cattedrale cattolica dellAssunzione, a Kathmandu nel 2009, dove una bomba fece 3 morti e 13 feriti.
Nessuna facile prospettiva dunque per i culti non tradizionali in Nepal. I primi missionari lo raggiunsero nel 500. Ma solo dal 2007 esiste un Vicariato apostolico, con padre Anthony Sharma, gesuita, primo vescovo cattolico della storia del Paese. Sul territorio, 8 parrocchie, 10 missioni, 16 sacerdoti, 60 religiosi, 165 suore. Hanno edificato opere aperte a tutti: 32 scuole di ogni grado, 4 centri di riabilitazione, uno per bambini disabili mentali, una casa per i poveri.
Missionari gesuiti sono arrivati anche in villaggi estremi, a 3 mila metri daltezza, «dove la gente mai avrebbe immaginato, saremmo venuti a vivere a causa della durezza di vita» riferisce padre José Jomon. «Gli abitanti, buddhisti, protestanti, cattolici, ci fermano nei villaggi, ci invitano a casa. Così la nostra azione pastorale non si estende solo ai pochi cattolici che hanno preservato la fede, nonostante lassenza di sacerdoti e senza i sacramenti per tanti anni».
Nei villaggi himalayani il missionario fa spesso anche da maestro elementare. E gli anziani gli chiedono di restare, comè accaduto a padre Jomon, «fino a quando pregherai per i nostri malati e insegnerai ai nostri figli».
Con le nostre firme
Dal 1995 al 2011 656.720 EURO INVIATI, 11 PROGETTI
TRA CUI
Equipaggiamento biblioteche per le scuole
Acquisto libri e sussidi scolastici
Ampliamento delle scuole
Programma educativo per i rifugiati Bhutanesi
Progetti a favore dei giovani
Educazione di qualità per bambini marginalizzati
Il Paese
Popolazione: 28,8 milioni
Nei centri urbani: 19%
Età media: 0-14 anni 34.6% 15-64 anni 61.1%, dai 65 in su 4.4%
Analfabeti: 40%
Tempo passato a scuola: 9 anni in media (8 per le femmine e 10 per i maschi)
FONTE: COMITATO CEI INTERVENTI CARITATIVI A FAVORE DEL TERZO MONDO