Si tratta quasi ovunque di assistenza di base, viveri, medicine, alloggi. In alcune zone è possibile anche la scolarizzazione (finora circa 1.500 ragazzi), ma è una goccia nel mare, con gli operatori locali in condizioni difficilissime. Alcuni hanno sacrificato la vita: come Elias Abiad, giovane volontario di 22 anni per Caritas Siria ad Aleppo, ucciso da una scheggia di mortaio lo scorso 13 febbraio. Molti i sacerdoti uccisi o sequestrati da Isil, esercito di Assad e altri combattenti: da Padre Paolo Dall’Oglio a padre François Mourad. Papa Francesco ha rivolto ripetuti appelli, ricordando anche le persecuzioni delle comunità cristiane in Siria: “Il male distrugge non solo gli edifici e le infrastrutture, ma specialmente la coscienza dell’uomo”. Su questa linea il dossier Caritas dedica un’analisi anche al presente di “uomini, donne e bambini spesso rifiutati, come nella UE, o resi merce di scambio fra chi li accetta e chi li non li vuole”. In Italia, porta d’Europa, le parrocchie già ne hanno accolti oltre 45 mila (soprattutto eritrei, poi nigeriani, somali, sudanesi e siriani, spesso in transito verso altri Paesi). Cioè uno su tre di quanti sono ospitati in Italia hanno trovato rifugio presso ordini religiosi, strutture diocesane e seminari.
Gli appelli della Chiesa sono all’aiuto immediato e responsabile da parte di tutti; alla pace ‘perché non ci si rassegni al dramma di chi fugge dalle guerre - come ha chiesto papa Bergoglio - e si apra il dialogo’. E a corridoi umanitari, che tolgano ossigeno al business dei contrabbandieri di uomini: circa 300 al mese gli scomparsi nel Mediterraneo nel 2016, ha calcolato l’Unhcr (Alto Commissariato Onu per i rifiugiati) dei quali 2 al giorno sono bambini. Stime per difetto, ammette, come quelle dei 340 minori morti in mare tra settembre 2015 e oggi solo nel breve tratto di Egeo tra Turchia e prime isole greche.