SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

La ‘meglio gioventù’ fa un passo avanti

Nell’ultimo anno molti under 30 hanno reagito alla pandemia con scelte solidali, pur essendo tra le componenti sociali più colpite dal covid sotto il profilo scolastico e occupazionale. “Nonostante le difficoltà che vivono, si sono messi in gioco per gli altri” segnalano i sacerdoti che, sostenuti dalle nostre Offerte, li hanno aiutati a non chiudersi e a diventare ‘giovani maestri’ di solidarietà e coesione sociale. Ecco in tre esempi, a Frascati (Roma), Verona e Napoli, come hanno alleviato la solitudine, l’emergenza alimentare e sanitaria.
16 Febbraio 2021

Testi di ERMANNO GIUCA, STEFANO NASSISI, MICHELA CURCIO – foto EMANUELA BONGIOVANNI e MAURIZIO COGLIANDRO 

a Frascati (Roma) / AGENZIA ROMANO SICILIANI / CARITAS VERONA / FRANCESCO NATALE (NAPOLI) Con CLAUDIO MENNA

FRASCATI "CHI AMA CHIAMA"

“Così anziani e giovani che non si conoscevano hanno affrontato insieme la pandemia”

“Come stai, Luciana? Hai mangiato? Va un po’ meglio oggi la schiena?». 82 anni, calabrese d’origine, Luciana è una dei tanti anziani dei Castelli Romani che più di altri hanno sofferto i mesi del covid. Costretta in casa da nove anni già prima del coronavirus, il confinamento l’ha privata anche delle poche persone che le facevano visita. Non però della telefonata quotidiana di una studentessa di Frascati. «Stella è una ragazza speciale – racconta Luciana – verso di me ha sempre mille attenzioni. Mi racconta delle sue giornate di studio ed è persino venuta a conoscermi di persona, pur senza entrare per proteggermi da un possibile contagio. Ogni sera non mi fa mancare mai il suo messaggio della buonanotte”.
Stella è uno dei 50 adolescenti e giovani che a Frascati stanno donando tempo e voce agli anziani più soli da un anno a questa parte. Il progetto “Chi ama chiama” è nato per mettere in comunicazione persone di generazioni diverse e che non si conoscevano. L’idea è di Romina Gori e  Davide Febbraro, gli sposi a cui il vescovo Raffaello Martinelli ha affidato l’Ufficio diocesano di pastorale giovanile. “L’idea ci è venuta all’inizio del lockdown – ricorda Davide – quando le attività in presenza erano sospese e volevamo proporre ai ragazzi ben più di un incontro online. Così, insieme ai parroci del territorio, che hanno ben chiara la situazione di chi soffre oltre le mura delle case, abbiamo proposto ai giovani di telefonare ad alcuni anziani almeno un paio di volte a settimana. La risposta è stata incredibile: a un anno di distanza molte di queste conversazioni continuano e sono nate amicizie preziose per entrambe le parti”.
Il progetto non ha coinvolto solo gli oratori ma, tramite gli insegnanti, anche studenti delle superiori e giovani universitari. “Per prima cosa – continua Davide – li abbiamo formati, invitandoli a donare ai ‘nonni’ qualcosa di se stessi, perché sono i piccoli gesti a fare la differenza. Così dai semplici racconti quotidiani è cresciuto lo scambio di confidenze e consigli”.

“Nadia ha 76 anni – spiega Alice, ventenne universitaria – e fin dalla prima telefonata mi ha trattata come una sua nipote”. Il diciottenne Patrizio invece ha conosciuto Anna Vittoria, ospite a 92 anni  di una casa riposo: “Suo padre – ci racconta – la chiamò così per celebrare la vittoria dell’Italia sull’Austria, il 4 novembre del 1918, all’indomani della battaglia del Piave. L’iniziale imbarazzo mi è passato appena ho capito che con lei dovevo essere semplicemente me stesso”.
“Aver coinvolto ragazzi e anziani in un dialogo così riuscito per la qualità della vita di entrambi, dal momento che anche i ragazzi trovano mentori affidabili e radici salde con cui confrontarsi, vuol dire aver messo in primo piano tutte le figure della famiglia, grazie alla preziosa mediazione dei nostri parroci, che conoscevano bene entrambi – chiarisce il vescovo mons. Martinelli – È una risposta di vita alla solitudine e all’incertezza in tempo di pandemia, un moltiplicatore di solidarietà e dialogo”.
Ma il meglio deve ancora venire, non appena le condizioni sanitarie lo permetteranno. “Villa Campitelli, la nostra casa diocesana di spiritualità – anticipa Davide – è già pronta per ospitare insieme al vescovo la tappa finale di “Chi ama chiama”, e cioè l’incontro in presenza di tutti gli anziani con i loro nuovi amici, per guardarli finalmente in viso e dare un volto ad ogni voce”. E.G.

 

VERONA DAGLI EMPORI AI CENTRI ASCOLTO 

“Tutto è rimasto aperto grazie ai giovani”

“È stata una vera e propria moltiplicazione dei pani”. Sceglie un’immagine evangelica mons. Gino Zampieri, direttore della Caritas diocesana di Verona, per descrivere l’anno appena alle spalle, guardando ai mesi che verranno. “Non mi riferisco solo ai beni materiali, ma anche al tempo e al lavoro donato dalle persone, soprattutto giovani –spiega – In molti casi hanno sostituito in prima linea gli anziani, per cui un eventuale contagio sarebbe stato più rischioso”. Con l’aumento di cittadini in emergenza alimentare, è esplosa anche la solidarietà: donazioni raddoppiate e l’arrivo di decine di nuovi volontari. Don Gino, 57 anni, proprio un anno fa durante il lockdown, è diventato responsabile del grande polmone solidale della Chiesa scaligera. Il suo lavoro pastorale è servire i più fragili e annunciare il Vangelo con la testimonianza. In tanti hanno fatto un passo avanti: “soltanto a Verona si sono uniti a noi 75 giovani, anche chiamando gli amici con il passaparola sui social media. Ci sono liceali, universitari e coetanei che, perso il lavoro a causa della pandemia, hanno deciso di aiutare. Così i volontari in diocesi sono diventati oltre 700, più altri 421 negli Empori della solidarietà, i ‘supermercati’ Caritas della spesa gratuita, aperti alle famiglie bisognose segnalate dai parroci.

“Solo grazie a loro abbiamo potuto tenere aperti tutti i nostri 10 market solidali, distribuendo 466 tonnellate di alimenti e  aiutando 6.243 persone – prosegue don Zampieri – I nostri 55 Centri d’ascolto hanno consegnato la spesa a domicilio a chi non poteva uscire di casa: anziani, persone con disabilità o in quarantena. Un enorme lavoro coordinato dai volontari più esperti, nostra risorsa imprescindibile, a fianco delle nuove leve”. Dopo essere stato per 12 anni l’economo della Caritas veronese, a don Gino lo scorso aprile è stato chiesto un passo ulteriore nel dono di sé e nel servizio: “Ho cercato di avvicinarmi al nuovo incarico  in Caritas – ci confida – valorizzando al meglio il lavoro dei volontari e per farlo devo anzitutto imparare dalle loro esperienze. La carità testimoniata – scandisce – è la strada maestra dell’ evangelizzazione: la Parola del Signore diventa visibile quando portiamo i pesi gli uni degli altri nelle opere di misericordia. È la ragione profonda del nostro servire”. Tra i senior, da 15 anni nello staff Caritas, c’è Barbara Simoncelli, referente dell’area progetti e coordinamento: “Mi sento fortunata. Lavorando qui – spiega – ho abbattuto il confine tra la mia vita spirituale e quella lavorativa, vivendo in pienezza quel che celebro nella liturgia. La forza della carità quotidiana fa vivere da vicino il Vangelo, così anche nei momenti più difficili riesco a trovare la gioia aiutando chi soffre”. Tra le nuove leve si è fatto avanti anche Erik Osei, cuoco professionista, che durante il lockdown ha vissuto il trauma della cassa integrazione. Ma non si è perso d’animo e invece di rimanere inattivo oggi dona il suo aiuto: “Genitori e  insegnanti mi hanno cresciuto nei valori cristiani – spiega – E quello che mi è successo a causa della pandemia mi ha fatto capire che quanto avevo ricevuto da loro, non è andato perso. Ne sono davvero felice”. Dà una mano anche Giovanni Parise, ingegnere informatico. Per la Caritas si occupa dei corsi di formazione per i volontari e per chi cerca lavoro: “poter essere utile agli altri in questo momento con la mia esperienza professionale è più di una soddisfazione personale – assicura – In qualche modo senti il Signore più vicino”.

S.N.

 

 

NAPOLI DAL ‘TAMPONE SOSPESO’ AI NUOVI PROGETTI 

Nella chiesa ritrovata batte il cuore della città

«Una provocazione frutto dell’emergenza coronavirus »: così don Antonio Loffredo, parroco del rione Sanità a Napoli, racconta l’iniziativa del “tampone sospeso”, cioè donato a chi non può permetterselo, partita lo scorso novembre. Una macchina della solidarietà che è riuscita, anche grazie a medici e professionisti volontari, nell’obiettivo di allestire un vero laboratorio di screening all’interno della basilica parrocchiale di San Severo. «In quel momento – racconta il sacerdote – era urgente un’attività di profilassi nel rione, tra i più densamente popolati di Napoli. Così abbiamo liberato dai banchi l’interno della chiesa. E abbiamo assicurato il tampone, gratuito per i cittadini segnalati dalla rete Caritas, o al costo calmierato di 18 euro per tutti gli altri. Dall’inizio della mappatura abbiamo effettuato migliaia di tamponi e seguito, con la nostra rete, 220 famiglie». L’iniziativa della Chiesa non poteva riuscire senza i giovani. Lo spiega bene Mario Donatiello, socio della Fondazione San Gennaro (che riunisce cittadini, parrocchie e sacerdoti di Napoli) e volontario in prima linea: «Non sempre le famiglie in cui si temeva che qualcuno avesse contratto il coronavirus potevano permettersi di pagare 4 o 5 tamponi, con rischi per l’intera comunità. Così singoli cittadini si sono sottoposti allo screening e hanno donato il test per chi non poteva permetterselo».

Particolarmente simbolica la scelta di avviare il progetto in un luogo di culto, la spettacolare basilica cinquecentesca di San Severo, carica di storia e recentemente riaperta dopo anni di abbandono, grazie ad un restauro (finanziato anche dall’8xmille con 60 mila euro) che ha riguardato soprattutto la cupola e la facciata. Con la riapertura al pubblico nel 2017, anche la piazzetta antistante la chiesa ha ripreso vita ed è crocevia di progetti culturali e sociali per i cittadini. «Chi conosce il territorio – spiega Donatiello – sa che il rione Sanità non si presta a uno screening di massa come quello nei drive-in, perché il quartiere (32 mila abitanti in meno di 2 chilometri quadrati, ndr) ha forti problemi di viabilità. Immaginare di portare un laboratorio tra le persone e non le persone in un laboratorio è stata una scelta naturale per limitare gli spostamenti in questo periodo così complicato». E aggiunge: «La Chiesa è da sempre la più vicina ai poveri. Abbiamo aperto ancora di più le sue porte». 
 Gli ultimi continuano a essere monitorati e protetti grazie a don Loffredo e ai suoi ragazzi. «Abbiamo mantenuto il tampone come strumento di monitoraggio per i 120 senza dimora accolti dal centro “La Tenda”, fondato nel rione da don Antonio Vitiello, oltre che per i 50 senzatetto che alloggiano all’Istituto “La Palma” e per gli operatori che lavorano a contatto con i bambini», spiega il sacerdote.
La provocazione del “tampone sospeso” è solo la più recente di una rete di attività-segno volute da don Loffredo e dai suoi giovani ‘per portare i pesi gli uni degli altri’ in questi mesi difficili. La stima verso di loro è nella risposta corale del territorio: “Da marzo scorso abbiamo raccolto quasi 260 mila euro per sostenere le famiglie in difficoltà del rione –  dice il parroco – Con le Catacombe di San Gennaro chiuse, i 40 ragazzi che vi lavorano si sono trovati senza lavoro. Hanno allora messo a disposizione l’info-point della biglietteria come sito di stoccaggio di beni di prima necessità». Beni che, come spiega Mario Donatiello, «sono stati portati a chi ne aveva bisogno. Non abbiamo consegnato pacchi alimentari standard, ma spese calibrate su numero e composizione di ogni famiglia». All’interno, tra i beni donati, è stato incluso anche un libro, su iniziativa di Patrizia Martinez, referente della Biblioteca per bambini della Fondazione San Gennaro: «nel periodo di Natale – spiega lei stessa – abbiamo regalato 600 libri, accompagnati da un messaggio personale per ogni piccolo lettore».
Discorso analogo per le card spesa. «Grazie alla sinergia tra Rete Commercianti e Fondazione San Gennaro – continua Donatiello – abbiamo stampato banconote da 5 Euro chiamate “card San Gennaro”, usate da 200 famiglie per comprare beni di prima necessità e farmaci».  
E per il futuro? «Stiamo lavorando al progetto “Luce” per la riqualifica di chiese abbandonate», spiega Donatiello. E conclude: «Vogliamo riattivare una parte di rione Sanità che è rimasta fin troppo ferma, per poi accendere i motori il giorno in cui si tornerà alla normalità». 
M.C.