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della Conferenza Episcopale Italiana

La Voce dei Berici: “L’uomo che aiutò i lampedusani a rimanere umani”

Vi proponiamo un’intervista di Lauro Paoletto, pubblicata lo scorso 8 febbraio sul settimanale di Vicenza La Voce dei Berici, a Germano Garatto. Da anni opera a Lampedusa con Migrantes nel campo della formazione, in particolare delle giovani generazioni, nell’ambito del progetto 8xmille CEI Liberi di partire, liberi di restare. ***************** "La disumanità sembra diventata un […]
19 Febbraio 2019

Vi proponiamo un’intervista di Lauro Paoletto, pubblicata lo scorso 8 febbraio sul settimanale di Vicenza La Voce dei Berici, a Germano Garatto. Da anni opera a Lampedusa con Migrantes nel campo della formazione, in particolare delle giovani generazioni, nell’ambito del progetto 8xmille CEI Liberi di partire, liberi di restare.

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"La disumanità sembra diventata un tratto normale di questo nostro tempo. Il blocco dei porti è per impedirci di guardare i volti dei migranti che arrivano dal mare. Se li guardassimo negli occhi molti di noi avrebbero compassione di loro". Parla in modo pacato ma netto Germano Garatto, 72 anni, originario di Vigonza (Pd), formatore da più di trent’anni nel campo dell’immigrazione.

Lo incontriamo a Casa San Bastian in occasione di un corso triveneto per operatori legali  e operatori che accompagnano i migranti ad affrontare i traumi subiti, corsi promossi nell’ambito della campagna CEI Liberi di partire, liberi di restare.

Si tratta di formare persone – spiega Garatto – che stanno vicini ai migranti e li aiutano ad alleggerire il peso dei traumi subiti, traumi che spesso rischiano di tarpare loro le ali e di togliere la vitalità a persone che hanno visto cose talmente atroci che non sanno più neanche come continuare a vivere. Formiamo figure per l’accompagnamento psicologico e per la parte legale. Il progetto è finanziato con l’8xmille ed è riprodotto su tutto il territorio nazionale». Garatto passa nove mesi dell’anno (da settembre a giugno) a Lampedusa. Il suo impegno con i migranti inizia a Genova dove alla fine degli anni ’80 collabora ad avviare i primi servizi per l’immigrazione. Si è quindi occupato per parecchi anni di formazione degli operatori e di coordinamento dei servizi Caritas del Nord Italia e formazione degli operatori in Caritas Italiana. Quando pensava di poter raggiungere la figlia in Francia è stato chiamato a Lampedusa da Migrantes nel febbraio 2012.

«Un anno prima nel 2011 – racconta – c’era stata, con la primavera araba, l’uscita di massa dalla Tunisia verso l’Italia di decine di migliaia di giovani. Lampedusa era il posto più vicino e lì si erano ammassati, tra febbraio e marzo, 10mila ragazzi (Lampedusa ha 6mila abitanti ndr). Mi chiesero, l’anno dopo, di aiutare a capire la reazione straordinaria della popolazione, che invece di barricarsi in casa, aprì le porte, svuotò gli armadi, cucinò e distribuì pasti per più di due mesi. Alla domanda: “Cosa ci consigli di fare?”. Risposi: “La cosa migliore da fare è aiutare i lampedusani a rimanere umani”.

E Migrantes le chiese la disponibilità a dare una mano e da lì cominciò la sua avventura…

«Mi sono sentito chiamato in causa. È partito il primo progetto con la scuola. Ci sono mille ragazzi dalla scuola materna al liceo. È un progetto che va avanti da cinque anni. Le nuove generazioni entrano in questa dinamica di conoscenza dei mondi da cui provengono le persone che passano da Lampedusa. Noi, spesso, abbiamo una visione del migrante come di una persona che non ha niente. Il progetto, che ha l’obiettivo di cercare di restituire dignità e quindi rispetto alle persone che passano, fa scoprire innanzitutto che non sono persone senza niente, anche se non hanno niente in mano. Ogni anno scegliamo una nazionalità da cui provengono i migranti (quest’anno tocca al Senegal) e cerchiamo di conoscere il loro mondo anche grazie a testimoni di quel Paese che sono in Italia da più anni. Così si passa da un atteggiamento di compassione a un atteggiamento di ammirazione e di rispetto. Quello che si trasmette è la storia della persona che viene».

Per leggere l'intervista integrale cliccare qui.