SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Sovvenire alle necessità della Chiesa. Corresponsabilità e partecipazione dei fedeli. Secondo capitolo

II. INDIRIZZI CANONICI E DISPOSIZIONI CONCORDATARIE PER SOVVENIRE ALLE ATTUALI NECESSITÀ DELLA CHIESA La disciplina attuale della Chiesa La coscienza e gli indirizzi della Chiesa in questa delicata materia, approfonditi nella luce del concilio, sono oggi opportunamente riassunti in alcune norme del nuovo codice di diritto canonico, che è utile richiamare: Tra i doveri fondamentali […]
21 Marzo 2018

II. INDIRIZZI CANONICI E DISPOSIZIONI CONCORDATARIE PER SOVVENIRE ALLE ATTUALI NECESSITÀ DELLA CHIESA

La disciplina attuale della Chiesa

  1. La coscienza e gli indirizzi della Chiesa in questa delicata materia, approfonditi nella luce del concilio, sono oggi opportunamente riassunti in alcune norme del nuovo codice di diritto canonico, che è utile richiamare:
  • Tra i doveri fondamentali dei membri della Chiesa, cioè dei credenti-battezzati in Cristo (christifideles), il can. 222, par. 1 enumera il seguente: «I fedeli hanno il dovere di sovvenire alle necessità della Chiesa, per permetterle di disporre di quanto è necessario per il culto divino, per le opere dell’apostolato e della carità e per l’onesto sostentamento dei ministri sacri».
  • A sua volta «la Chiesa cattolica ha il diritto nativo, indipendentemente dal potere civile, di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali per conseguire i fini che le sono propri» (can. 1254, § 1).
  • Conseguentemente «il vescovo diocesano è tenuto a ricordare con chiarezza ai fedeli l’obbligo di cui al can. 222 § 1, urgendone l’osservanza in modo opportuno» (can. 1261 § 2): ciò può avvenire o attraverso l’imposizione di tributi ecclesiastici (cf. can. 1260) o, più normalmente, attraverso la richiesta di contributi rivolta alla generosità dei fedeli (cf. can. 1262) o educando la libera iniziativa di questi (cf. can. 1261 § 1).

Gli sviluppi conseguenti alla revisione del Concordato

  1. Nel nostro Paese l’ordinamento dei beni ecclesiastici e la disciplina delle risorse necessarie alla vita e all’attività della Chiesa hanno conosciuto una storia secolare dai molteplici e complessi risvolti.     Da qualche anno si parla di novità e di riforme, introdotte dalla revisione del Concordato, e molti fedeli assistono all’avvio di profonde trasformazioni senza comprenderne il significato e le prospettive, perché scarsamente aiutati da un’insufficiente informazione ecclesiale, dalle ansietà di qualche sacerdote e dalle imprecisioni dei mezzi della comunicazione sociale.

Che cosa sta avvenendo?

Fino al 1984, l’ordinamento degli enti e dei beni della Chiesa in Italia era per larga parte caratterizzato dal cosiddetto sistema beneficiale. Al sostentamento della maggior parte dei sacri ministri (vescovi, parroci, canonici) si provvedeva attraverso un complesso meccanismo: era stato costituito e «personificato» un complesso di beni, giuridicamente unito all’ufficio pastorale di questi ministri, i cui redditi erano destinati al loro congruo sostentamento. I diversi «benefici» erano stati riconosciuti anche dallo stato, il quale, a seguito delle travagliate vicende risorgimentali, si era anche impegnato a supplire le eventuali insufficienze dei loro redditi mediante un assegno integrativo, chiamato «congrua». La figura del beneficio era diventata dominante, anche perché non dappertutto esisteva l’ente «Chiesa parrocchiale» o l’ente «Chiesa cattedrale»; e sui benefici si erano andati di fatto caricando anche taluni beni che la generosità dei fedeli aveva intenzionalmente destinato a finalità di culto, ad attività pastorali o alla carità.

  1. In conformità alle indicazioni del concilio Vaticano II (cf. PO 20) e alle disposizioni del nuovo codice di diritto canonico (cf. cann. 1272 e 1274), gli Accordi di revisione del Concordato sottoscritti nel 1984 hanno soppresso il sistema beneficiale, perché ormai contrastante con tanti valori ecclesiali e pastorali, diventato spesso controproducente in ordine a una moderna amministrazione degli stessi beni donati dai fedeli alla Chiesa, appesantito da non poche pastoie burocratiche e poco consonante con una corretta impostazione delle relazioni tra Chiesa e stato. Si è introdotto un nuovo sistema, che dopo la fase transitoria che stiamo vivendo (anni 1987-1989), si configurerà nella sua pienezza a partire dall’anno 1990.

Questi i suoi tratti fondamentali:

- i beni dei benefici soppressi vengono conferiti a un Istituto diocesano per il sostentamento del clero, che provvede ad amministrarli senza vincoli di tutela da parte dello stato e in forma unitaria e razionale, destinandone i redditi al sostentamento del clero;

- i beni dell’ente Chiesa parrocchiale sono trasferiti all’ente parrocchia, riconosciuto anche civilmente, perché ne usi per le finalità pastorali;

- alle parrocchie e alle diocesi vengono ritrasferiti dall’Istituto diocesano quei beni (chiese, episcopi, case canoniche, immobili adibiti ad attività pastorali o caritative, cespiti totalmente gravati da oneri di culto) che impropriamente erano intestati ai benefici;

- viene favorita la razionalizzazione delle circoscrizioni territoriali (diocesi e parrocchie), che non è priva di riflessi anche economici;

- la remunerazione di tutti i sacerdoti che svolgono servizio in favore delle diocesi è assicurata dal concorso diretto delle comunità presso le quali esercitano il proprio ministero, eventualmente integrata con i redditi dei beni ex-beneficiali dall’Istituto diocesano, il quale, in caso di necessità, può ricorrere a ulteriori integrazioni da parte dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero;

- lo Stato continua a intervenire in favore della Chiesa cattolica in Italia, rinnovando profondamente le motivazioni di questo impegno. Superate le forme antiche di finanziamento diretto, apre due nuove possibilità di sostegno alla Chiesa, che agevolano la libera iniziativa dei cittadini, credenti o non credenti, nell’assegnare risorse alla Chiesa stessa per le esigenze di culto della popolazione, per attività caritative in Italia o nel terzo mondo, per il sostentamento del clero ove non si sia completamente provveduto per le altre vie.

Su alcuni aspetti ritorneremo nel corso di questo documento e in appendice. Qui ci limitiamo a ricordare che le innovazioni concordatarie non hanno investito tutta la complessa realtà dei beni e delle risorse nella Chiesa (si pensi alle realtà peculiari e ai flussi di risorse degli istituti religiosi, delle confraternite, delle pie fondazioni, delle diverse opere ecclesiastiche soprattutto di tipo formativo e assistenziale, delle associazioni di apostolato, dei gruppi e dei movimenti ecclesiali, ecc.). Ma nello stesso tempo vogliamo sottolineare la reale importanza delle riforme intraprese, che toccano il tessuto ordinario della vita ecclesiale (parrocchie e diocesi) e domandano di essere conosciute nelle loro linee e soprattutto nel loro spirito, per essere accompagnate a positivo compimento con il concorso responsabile di tutti.

Le esigenze attuali

  1. Un fatto rimane, peraltro, in tutta la sua concretezza: anche oggi la Chiesa, che pur si libera da strutture superflue e ritrova lo stile della semplicità e della sobrietà, ha bisogno di mezzi e di risorse per rispondere ai suoi compiti molteplici.

Anzi, le necessità della Chiesa in Italia sono notevolmente aumentate proprio in questi ultimi anni:

- le attività pastorali si fanno più articolate e si proiettano sempre più in prospettiva evangelizzatrice e missionaria, utilizzando anche strumenti economicamente impegnativi (mezzi della comunicazione sociale, scuole, corsi e convegni, proposte culturali, ecc.);

- le urgenze della carità si moltiplicano, aprendo nuovi fronti soprattutto nella linea di un efficace intervento per la lotta contro le «nuove povertà» (tossicodipendenti, emarginati sociali, anziani abbandonati, immigrati dal terzo mondo, ecc.);

- in non poche diocesi è ancora viva l’esigenza della costruzione di nuove chiese e centri parrocchiali, mentre in tutte si fa di anno in anno più drammatico il problema della conservazione e del restauro delle chiese antiche e in genere dei beni culturali ecclesiastici;

- gli oneri per il sostentamento del clero e per la preparazione dei futuri sacerdoti restano pesanti, anzi, come nel caso dei seminari, sono spesso aggravati proprio dalla dolorosa diminuzione del numero complessivo dei soggetti, a fronte della quale alcuni costi fissi permangono inalterati;

- vi sono opere e iniziative di lunga tradizione e di varia configurazione giuridica, sorte comunque dall’impulso della carità cristiana e animate dal clero secolare, dalle famiglie religiose o da un prezioso volontariato laicale, che non possono essere dimenticate o messe a rischio, ma piuttosto domandano interventi creativi e generosi per favorirne il costante aggiornamento e renderne il servizio più concreto e qualificato;

- crescono infine i doveri di partecipazione allo sforzo generoso che la Chiesa esprime nell’esercizio delle sue responsabilità universali: si pensi all’urgenza di un più organico sforzo missionario in tutti i continenti e al necessario sostegno da parte di tutti i cattolici all’opera instancabile della Santa Sede per la promozione della comunione fra tutte le chiese e per la diffusione dei princìpi cristiani nelle relazioni con le autorità civili e nelle grandi istanze internazionali.

Se si considera, poi, che è diminuito il numero dei fedeli praticanti, mentre le opere della Chiesa per lo più restano con tutto il loro carico economico, e che a partire dall’anno 1990 non vi saranno più garanzie automaticamente assicurate nei settori impegnativi del sostentamento del clero e, almeno in parte, dell’edilizia di culto, i motivi di giusta preoccupazione sembrano aumentare.

È corretto peraltro osservare che non mancano indicazioni di segno diverso: il livello di vita del nostro Paese va crescendo e quindi aumentano le disponibilità anche dei fedeli; e se, attraverso la revisione del Concordato, sono cadute alcune garanzie automatiche si sono però introdotte nuove possibilità di concorso agevolato alle necessità della Chiesa da parte di tutti i cittadini.

Alla Chiesa in Italia si aprono dunque nuove opportunità anche in questo campo: si tratta di coglierle attraverso una grande opera di educazione dei fedeli e una testimonianza sempre più trasparente e credibile dell’azione della Chiesa nella nostra società, che susciti crescente attenzione e partecipazione anche da parte di cittadini non praticanti sensibili alla solidarietà cristiana.

Del resto la secolare vicenda della Chiesa nel nostro Paese conosce una storia di generosa partecipazione popolare alle sue necessità e alle opere di bene da essa animate, le cui dimensioni sono difficilmente misurabili, tanto ne sono largamente diffusi i segni e la memoria. Non si tratta quindi di cominciare da zero; bisogna piuttosto aiutare a conoscere e a comprendere le crescenti necessità e a rinnovare con più viva coscienza ecclesiale quella partecipazione che, in Italia, ha fatto della Chiesa la Chiesa della nostra gente.