SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Perché sostenere i preti? / Risponde don Roberto Laurita

«Perché pensare a tutti i preti?». La risposta nell’articolo di don Roberto Laurita pubblicato su Catechisti Parrocchiali di marzo, rivista inviata a tutti gli incaricati diocesani del “sovvenire” affinché la possano proporre ai rispettivi direttori degli Uffici catechistici diocesani. Nello scritto si evidenzia l’opera preziosa dei presbiteri, a servizio del popolo di Dio, e le […]
25 Marzo 2021

«Perché pensare a tutti i preti?». La risposta nell’articolo di don Roberto Laurita pubblicato su Catechisti Parrocchiali di marzo, rivista inviata a tutti gli incaricati diocesani del “sovvenire” affinché la possano proporre ai rispettivi direttori degli Uffici catechistici diocesani.

Nello scritto si evidenzia l’opera preziosa dei presbiteri, a servizio del popolo di Dio, e le ragioni che motivano l’impegno per il loro sostentamento.

Di seguito il testo integrale.

*******************************************************

Da più di trent’anni esiste a Roma un Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero, che raccoglie le Offerte destinate ai preti diocesani e le distribuisce equamente in modo che tutti abbiamo il necessario per vivere con decoro e per fare un mare di bene. Con queste Offerte si sostengono anche circa tremila preti ormai anziani o malati, dopo una vita intera a servizio del Vangelo e del prossimo. E si raggiungono 400 missionari nel Terzo Mondo. L’opera che viene svolta è preziosa. Ma non mancano le obiezioni, gli interrogativi, come quello riportato nel titolo, cui si collega l’altro: perché ogni parrocchia non sostiene il suo prete? Cosa rispondere? Forse bisogna vedere da vicino chi è il prete, qual è la sua missione, come la svolge e a chi è destinato…

NESSUNO DECIDE DA SOLO
C’è qualcosa che dobbiamo dirci, per sgombrare il campo da equivoci. Nessuno decide da solo di fare il prete. All’origine di tutto c’è una chiamata, personale, che Gesù rivolge a un uomo. Lo fa quando piace a lui. Si tratta di una proposta che impegna tutta la vita. E, a volte, l’interessato ci mette del tempo per rispondere. Ecco perché qualcuno diventa prete a poco più di 20 anni, oppure a 30 o a 40. O, addirittura, a più di 50 anni, dopo che ha svolto per molto tempo un lavoro, una professione. Basta aver ricevuto la vocazione, cioè la chiamata di Gesù, per diventare preti? No. E lo si capisce molto bene il giorno dell’Ordinazione. All’inizio del rito colui che sta per diventare prete riceve, in modo chiaro e solenne, «la chiamata» che gli rivolge la Chiesa. Lo fa attraverso il vescovo e i responsabili che lo hanno seguito nella sua lunga formazione. Se non c’è questa chiamata non avviene nulla: quel giovane, quell’uomo, non farà mai il prete! È Gesù che chiama, certo! Ma è la Chiesa che conferma l’esistenza di una vocazione particolare e di una missione a servizio del popolo di Dio.

NESSUNO SI PREPARA DA SOLO
Dal Concilio di Trento in poi i preti si formano in un luogo specifico, che si chiama Seminario. Già il nome esprime qualcosa perché evoca il seme che Gesù ha deposto in un’esistenza e la necessità di farlo crescere, fino a diventare una pianta robusta. Anche quest’aspetto è importante. Chi si prepara a fare il prete non può farlo «in solitario», ma assieme ad altri. Perché? Semplice: perché deve imparare, fin dagli inizi, a svolgere il suo ministero in collaborazione con altri, a vivere insieme, a pregare insieme, a condividere le giornate in tutti i loro aspetti, dalla mensa comune ai lavori che assicurano il buon funzionamento degli ambienti, dalla meditazione sulla parola di Dio ai tempi dello studio e della celebrazione. Una volta ordinati – è vero – i preti si disperdono nelle diverse parrocchie di una diocesi, ma il collegamento fra loro non deve mai allentarsi. Proprio in Seminario comincia la stima reciproca, l’interazione, l’apprezzamento delle doti altrui, la correzione fraterna.

ORDINAZIONE, ORDINE SACRO, PRESBITERIO
Un po’ di vocabolario a questo punto non guasta. Ordinazione presbiterale: ecco il termine preciso con cui si designa il Rito tramite il quale un uomo riceve il dono dello Spirito per svolgere un servizio particolare nella Chiesa. «Ordinati» perché nessuno di essi può fare a modo suo o decidere secondo i suoi criteri e le sue propensioni qual è il suo ruolo. A determinarlo è la Chiesa. E, per mettere in pratica quello che essa chiede, si riceve (come i diaconi e i vescovi) un sacramento che si chiama Ordine sacro. Attraverso di esso si entra in un gruppo, un ordo, che condivide la stessa missione e che si chiama, con una parola greca, «presbiterio». Questa realtà è stata riscoperta dal Concilio Vaticano II e ci permette di cogliere tre aspetti.

  • Il primo: il sacramento dell’Ordine lega un cristiano a tutti coloro che hanno ricevuto lo stesso sacramento. Non si tratta solamente di un rapporto di amicizia o di lavoro: nasce dal vincolo particolare che unisce ciascuno a Cristo.
  • Il secondo riguarda il legame che unisce ogni prete al vescovo di una Chiesa locale (diocesi). È il vescovo che la presiede, che ne è il responsabile, e tutti i preti operano in collaborazione e in dipendenza da lui.
  • Il terzo mette in luce come preti e vescovo continuino la missione degli apostoli. Grazie al dono dello Spirito essi ne sono «i necessari » collaboratori e consiglieri. Hanno competenze, qualità, capacità diverse, ma anche lo stesso fine: «istruire, santificare e pascere il popolo di Dio» (Documento conciliare sui preti [PO], 7).

PERCHÉ PENSARE A TUTTI?
Perché unico è il servizio che svolgono a favore dei loro fratelli cristiani. Come in una famiglia si cerca di offrire a tutti, grandi e piccoli, il necessario per vivere dignitosamente, così nella Chiesa italiana si è pensato di provvedere a tutti preti che lavorano a favore di una diocesi. Si trovano in situazioni diverse: alcuni in piccole parrocchie di montagna, altri in grandi parrocchie di città o in luoghi turistici…; alcuni possono contare sui cristiani che vivono agiatamente, altri sono in quartieri poveri dove manca tutto… Ti sembra giusto che qualcuno sia nell’abbondanza, mentre altri non hanno il necessario?