Alla Messa crismale del Giovedì Santo in San Pietro, Francesco parla della vocazione sacerdotale e delle prove che essa può subire: è necessario abbandonarsi allo Spirito e lasciare che la propria vita profumi della sua presenza, senza lasciarsi andare alla mediocrità e ai compromessi.
Qui il servizio completo di Adriana Masotti per Radio Vaticana News.
In particolare, Francesco propone alcune domande che provocano un profondo esame di coscienza come quando invita i sacerdoti a chiedersi se la propria realizzazione "dipende dalla mia bravura, dal ruolo che ottengo, dai complimenti che ricevo, dalla carriera che faccio", oppure se la propria vita "profuma" dell'unzione dello Spirito. Per intraprendere questo passo di maturazione è necessario, dice il Papa, partire dal riconoscimento della propria debolezza:
Fratelli, la maturità sacerdotale passa dallo Spirito Santo, si compie quando Lui diventa il protagonista della nostra vita. Allora tutto cambia prospettiva, anche le delusioni e le amarezze, anche i peccati, perché non si tratta più di cercare di stare meglio aggiustando qualcosa, ma di consegnarci, senza trattenere nulla, a Chi ci ha impregnati della sua unzione e vuole scendere in noi fino in fondo.
Il Papa sintetizza in una frase il senso di questo rinnovamento della vita sacerdotale quando non si vuole cucire su di sé delle toppe, ma ci si lascia guidare dallo Spirito. Afferma: "il nostro sacerdozio non cresce per rammendo, ma per traboccamento". E mette in guardia dalla tentazione del compromesso tra falsità e luce cedendo alla mediocrità:
È vero, ogni doppiezza che si insinua è pericolosa: non va tollerata, ma portata alla luce dello Spirito. Perché se "niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce", lo Spirito Santo, Lui solo, ci guarisce dalle infedeltà. È per noi una lotta irrinunciabile: è infatti indispensabile, come scrisse San Gregorio Magno, che "chi annuncia la parola di Dio, prima si dedichi al proprio modo di vivere, perché poi, attingendo dalla propria vita, impari cosa e come dirlo. [...] Nessuno presuma di dire fuori ciò che prima non ha ascoltato dentro" .
C'è un secondo aspetto che Papa Francesco vuol sottolineare dopo quello dell'unzione ed è la parola armonia che, dice, ne è la conseguenza. "Lo Spirito Santo, infatti, è armonia", in Cielo, ma anche in terra. Nella Chiesa, afferma, "suscita la diversità dei carismi e la ricompone in unità, crea una concordia che non si fonda sull’omologazione, ma sulla creatività della carità". "È il noi del Padre e del Figlio, perché è il loro nesso, è in sé stesso concordia, comunione, armonia". Creare armonia è il compito di chi lo Spirito ha consacrato, anzi, sottolinea il Papa, creare armonia "è un’esigenza interna alla vita dello Spirito". Francesco avverte:
Si pecca contro lo Spirito che è comunione quando si diventa, anche per leggerezza, strumenti di divisione (...) e si fa il gioco del nemico, che non viene allo scoperto e ama le dicerie e le insinuazioni, fomenta partiti e cordate, alimenta la nostalgia del passato, la sfiducia, il pessimismo, la paura. Stiamo attenti, per favore, a non sporcare l’unzione dello Spirito e la veste della Madre Chiesa con la disunione, con le polarizzazioni, con ogni mancanza di carità e di comunione. (...)Penso anche alla gentilezza del sacerdote: se la gente trova persino in noi persone insoddisfatte e scontente che criticano e puntano il dito, dove vedrà l’armonia? Quanti non si avvicinano o si allontanano perché nella Chiesa non si sentono accolti e amati, ma guardati con sospetto e giudicati!
Papa Francesco conclude con parole di gratitudine e di riconoscimento nei riguardi dei sacerdoti. Li ringrazia per la loro testimonianza, per il bene compiuto in modo spesso nascosto, "per il perdono e la consolazione che regalate in nome di Dio". E invoca su di loro lo Spirito perché li sostenga e li faccia "profeti della sua unzione e apostoli di armonia".