SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Papa Francesco: il bello della Chiesa

Avrebbe potuto chiamarsi molto semplicemente Ignazio, come il fondatore dei Gesuiti, Ignazio di Lojola. Invece ha voluto osare chiamandosi Francesco, come il poverello di Assisi, esempio di povertà, di carità e grande comunicatore. La sera in cui è stato eletto Papa, ha chiesto a chi era in piazza San Pietro, e a milioni di persone […]
19 Marzo 2015

Avrebbe potuto chiamarsi molto semplicemente Ignazio, come il fondatore dei Gesuiti, Ignazio di Lojola. Invece ha voluto osare chiamandosi Francesco, come il poverello di Assisi, esempio di povertà, di carità e grande comunicatore. La sera in cui è stato eletto Papa, ha chiesto a chi era in piazza San Pietro, e a milioni di persone in mondovisione, di piegare il capo e pregare per lui. Due anni dopo Papa Francesco ha contagiato, conquistato non solo i cattolici, ma anche i non credenti, contribuendo a ridare credibilità e fiducia alla nostra Chiesa, che rischiava di essere travolta dagli scandali. Una ricerca effettuata da Gfk di quest’anno fotografa quanto la gente leghi sempre più l’immagine della Chiesa alla figura di Papa Francesco. Se chiediamo quali siano gli aspetti positivi e belli della Chiesa, infatti, il 68% degli intervistati dice “il Papa e la Chiesa universale”, il 21% “la propria parrocchia” (vedi grafico). Come si spiega il successo di Papa Francesco?

Lo sguardo dal basso
Nell’epoca dei droni, in cui siamo tutti tentati di vedere il mondo dall’alto, il Papa ci costringe, per la sua esperienza, a vedere la realtà che ci circonda molto più dal basso. E’ un salto di prospettiva, un cambio di passo. Dal basso è innanzitutto il mondo visto dalle periferie: “Quando la Chiesa è chiusa si ammala – ha detto papa Francesco – La Chiesa deve uscire verso le periferie esistenziali.” Dal basso è anche lo stile e linguaggio di Papa Francesco che non usa più i termini altisonanti del mondo accademico, ma parole semplici e dirette, che vanno dritte al cuore. Siamo talmente abituati ai linguaggi autoreferenziali, ambigui e oscuri delle istituzioni pubbliche, da rimanere stupiti e al tempo stesso meravigliati di fronte alle parole del Papa, che sono tanto normali da apparire strane, anomale e speciali.

Stop all’ “ecclesialese”
La forza comunicativa di Bergoglio è proprio quella di aver svincolato il linguaggio della Chiesa dall’ ”ecclesialese”, una variante del “politichese”, del “burocratese”, del “sindacalese”, ossia quel linguaggio difficile da decodificare, vuoto e incomprensibile al grande pubblico. Papa Francesco, infatti, ha liberato il linguaggio da parole vuote, superflue, ridondanti, riconducendolo a ciò che è veramente essenziale. In maniera coerente con lo spirito e il linguaggio del Vangelo, infatti, Bergoglio parla con parabole, semplici ma significative, usa parole chiare, dai contenuti forti: “Non inibitevi, non censuratevi, parlate con ‘parresia’ e ascoltate con umiltà” ha detto ai padri sinodali. Anche a noi oggi chiede di andare all’origine del linguaggio cristiano parlando con schiettezza e franchezza, ma ascoltando con umiltà.
 
La “rivoluzione bergogliana”
Papa Francesco ha ridotto le distanze fisiche, sciolto rigidi protocolli, oltrepassato barriere architettoniche ma anche mentali. E’ una rivoluzione comunicativa che non consiste nell’andare contro, ma nell’andare incontro alle persone. E la gente come reagisce? Abbracciandolo, toccandolo, baciandolo. L’entusiasmo incontenibile delle trenta suore di clausura a Napoli lo scorso marzo di fronte a un Papa attonito e sorpreso resterà per sempre nella storia delle visite pastorali. Il suo stile comunicativo si contraddistingue certamente per la prossimità di spazi, ma anche per la vicinanza dei tempi. Basti pensare alla forza comunicativa delle omelie di Santa Marta. Da quando sono trasmesse in televisione e sul web, irrompono nella nostra vita quotidiana e diventano veri e propri eventi comunicativi.
 
Una Chiesa al femminile
Papa Francesco comunica con gesti, immediati e spontanei, con la sua fisicità maschile, diretta e inclusiva. Ma ciò che più conquista nella comunicazione è la sua sensibilità al femminile, ossia la sua capacità di trasmettere empatia: vedere il mondo con gli occhi dell’altro, patire insieme all’altro. Chiunque abbia avuto la fortuna di incontrarlo di persona è rimasto conquistato dal suo modo di porsi, profondamente coinvolto e mai estraneo, dalla sua capacità di parlare una lingua non esterna, ma interna e interiore. In un videomessaggio del 28 aprile 2014 ai giovani di Buenos Aires, in occasione della Giornata regionale della Gioventù, Papa Francesco ha ricordato: “La Chiesa è femminile, è come Maria”. Una grande iniezione di vitalità comunicativa per la nostra Chiesa, una straordinaria lezione di vita per tutti noi.